Iva – Cartella di pagamento – Controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 81 del 29 luglio 2011 la CTR della Lombardia ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando la decisione della CTP di Milano che aveva annullato la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Modello Unico 2003, presentata per l’anno 2002 dove la parte contribuente aveva esposto un credito IVA riportato dalla precedente annualità 2001, rispetto alla quale, tuttavia, la dichiarazione annuale era mancante, pur risultando pacificamente il credito d’imposta dalle liquidazioni periodiche regolarmente
presentate.
2. Il giudice d’appello ha motivato affermando il dovere dell’Ufficio di intervenire ex art. 55 del d.P.R. n. 633 del 1972 per accertare l’eventuale situazione debitoria del contribuente anziché procedere ad una liquidazione automatizzata, senza necessità di una specifica richiesta da parte di quest’ultimo attesa la presenza delle liquidazioni periodiche, tanto più che poteva considerare la pretesa creditoria inserita nella dichiarazione dell’anno successivo, in coerenza con quanto disposto dalla risoluzione 74/E del 19 aprile 2007 della stessa Agenzia delle entrate, che riconosce il diritto del contribuente a computare il credito IVA relativo ad una annualità in cui risulti omessa la dichiarazione finale.
3. Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un unico motivo. Resiste con controricorso la E. Srl, che conclude per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c.
Il collegio delibera l’utilizzazione di una motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
4. Va preliminarmente dichiarata inammissibile l’eccezione, sollevata dalla contribuente e di rilievo pregiudiziale, di nullità della cartella e del ruolo esattoriale ex art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 perché emessa nei confronti della società incorporata, la G. P. Srl, successivamente all’avvenuta incorporazione (risalente ad atto del 25 novembre 2003, registrato in data 9 dicembre 2003), da cui deriverebbe la caducazione dell’intera procedura in quanto avviata nei confronti di un soggetto estinto. Trattasi, infatti, di questione nuova, posta per la prima volta in sede di legittimità, fermo restando, peraltro, che la fusione per incorporazione, ai sensi dell’art. 2504 bis c.c. nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, dà luogo ad una vicenda evolutivo- modificativa dello stesso soggetto giuridico e non all’estinzione.
5. Con un unico motivo l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 19, 30, 54 bis e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c. per aver la CTR trascurato che, nell’imposizione sul valore aggiunto, per portare in detrazione eccedenze d’imposta provenienti da una precedente annualità sarebbe necessario un congruo riscontro dichiarativo; la mancanza della dichiarazione annuale determinerebbe la perdita definitiva del diritto di detrarre le eccedenze maturate, non rilevando le dichiarazioni periodiche e potendo la parte contribuente realizzare il proprio credito d’imposta unicamente col diverso procedimento di rimborso.
In caso di omessa dichiarazione annuale il riconoscimento del credito d’imposta potrebbe concretizzarsi unicamente col controllo sostanziale, eventualmente induttivo, la cui attivazione è onere della parte contribuente e il cui diritto deve essere riscontrato dalla sua documentazione contabile e positivamente accertato dall’Amministrazione.
5.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.
La questione, infatti, è stata recentemente affrontata e decisa dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 17757 del 2016, Rv. 640943) che hanno affermato, in fattispecie sovrapponibile a quella qui in esame, che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.”
Il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale (e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto) purché essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione.
Non vi e, invece, la necessità e l’obbligatorietà di dare ingresso all’accertamento induttivo (che comunque impone, per legge, pur sempre lo scomputo dei versamenti se effettuati per operazioni reali e inerenti), valendo il principio che l’amministrazione finanziaria non può pretendere la restituzione di somme per ragioni di pura forma senza addurre rilievi sulla loro effettiva spettanza, principio quest’ultimo affermato non solo dalla giurisprudenza interna ma anche da quella eurounitaria, laddove si prevede che il contribuente documenti la sussistenza dei soli requisiti sostanziali del diritto a detrazione di cui all’art. 17 della sesta direttiva e “si mettono in guardia gli Stati membri da meccanismi di rimborso artificiosi e tali da mettere a rischio l’immediata neutralità dell’imposizione sul valore aggiunto.” (Sez. U, n. 17757 cit., in motivazione).
Va anzi rilevata – contrariamente a quanto affermato dalla CTR – la compatibilità della situazione in esame con il ricorso alla procedura automatizzata: la mancata presentazione di una dichiarazione fiscale, infatti, costituisce circostanza idonea a rappresentare una di quelle notizie che rilevano come dato storico e fattuale e consentono l’avvio della procedura automatizzata, dovendo il fisco provvedere in sede di controllo «sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni fiscali presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria», che registra appunto la presentazione (e, dunque, l’omissione) delle dichiarazioni medesime.
5.2. La questione, pertanto, si sposta su un piano esclusivamente di natura probatoria: l’infrazione è da ritenersi emendabile sul piano del rapporto impositivo laddove si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo (Cass. n. 3586 del 2016), in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa (Cass. n. 25871 del 2015), sempreché non risulti in concreto impedita la prova dell’adempimento dei requisiti sostanziali (Cass. n. 4612 del 2016). Giova evidenziare, del resto, che se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova; mentre, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. n. 7576 del 2015).
Si tratta di circostanze che restano riservate a quell’accertamento in fatto da parte del giudice di merito (Cass. n. 5072 del 2015), che è da compiersi con la latitudine suggerita, in tesi generale, dalla stessa Corte di giustizia (v. in causa C-85/95, Reisdorf), sicché, trattandosi di accertamenti incompatibili con il giudizio di legittimità e rimasti del tutto pretermessi da parte della CTR, s’impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
5.3. Segue, da quanto sopra, che il giudice del rinvio, fermo che non è in contestazione che l’eccedenza IVA risultava dalle liquidazioni periodiche, dovrà verificare la sussistenza del diritto alla detrazione della contribuente (la cui prova è a carico della medesima e non può essere desunta dalle sole avvenute liquidazioni periodiche ma, ad esempio, attraverso l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra documentazione ritenuta utile), ossia che sussistano i requisiti sostanziali previsti dall’art. 17, par. 2, della sesta direttiva (ossia, che «gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili»).
6. In ragione dei principi di diritto sopra esposti, la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata ad altra sezione della commissione tributaria regionale competente,che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia per un nuovo esame a diversa sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.