CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 settembre 2017, n. 21984
Ratei pensione – Risarcimento del danno – Inammissibilità del ricorso – Illustrazione dei motivi e formulazione di quesiti di diritto
Svolgimento del processo
La Corte territoriale di Salerno, con sentenza depositata in data 6/5/2009, pronunziando sul gravame proposto da S.R., nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore, respingeva l’appello, compensando le spese del grado.
La S. chiedeva, in sostanza, che, accertata e dichiarata la violazione dell’art. 54 della legge n. 88/1989 e dell’art. 1175 c.c. le fossero liquidati, a titolo di risarcimento dei danni, i ratei di pensione da maggio 2002 a dicembre 2004, oltre accessori con annullamento della pratica di indebito.
Per la cassazione della sentenza la predetta S. ha proposto ricorso articolato in sei motivi.
L’INPS ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360. primo comma, n. 3. c.p.c. la violazione ed erronea interpretazione dell’art. 54 della legge n. 88/1989, degli artt. 1175 e 1218 c.c. e 115 c.p.c. sostenendo che i giudici di merito abbiano male interpretato la disposizione normativa invocata.
2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360. primo comma, nn. 3 e 5. c.p.c. la S. deduce la nullità della sentenza oggetto del giudizio di legittimità “per carenza e contraddittorietà della motivazione”, nonché la violazione ed erronea interpretazione del calcolo della pensione.
3. Con il terzo mezzo di impugnazione vengono dedotte, sempre in relazione all’art. 360. primo comma, nn. 3 e 5. c.p.c. la nullità della sentenza “per carenza e contraddittorietà della motivazione”, nonché la violazione ed erronea interpretazione degli artt. 7. comma 7. della legge n. 223/1991, 6 della legge n. 155/1983 e 36 della Costituzione: al riguardo, si lamenta che nella sentenza impugnata si affermi che l’indebito trovi giustificazione nella disciplina normativa della mobilità lunga, prevista dall’art. 7, comma 7, della legge n. 223/1991.
4. Con il quarto motivo si denuncia, in riferimento all’art. 360. primo comma, nn. 3 e 5. c.p.c. la nullità della sentenza “per carenza e contraddittorietà della motivazione” e l’erronea interpretazione degli artt. 2033 c.c. 38 e 2 della Costituzione e si sostiene che, ammettendo che ai ratei percepiti a titolo di mobilità lunga, come implicitamente sostenuto dalla Corte distrettuale, si applichi la disciplina generale in materia di ripetizione dell’indebito, nella fattispecie non potrebbe ravvisarsi, in capo all’INPS, un diritto alla ripetizione di quanto percepito dalla S. per la predetta mobilità.
5.6. Con il quinto e sesto motivo si deduce, sempre in riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5. c.p.c. la nullità della sentenza “per carenza e contraddittorietà della motivazione”: l‘erronea valutazione dell’illegittimità della segnalazione di indebito, poiché la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che l’ente previdenziale non aveva indicato e specificato, come avrebbe dovuto, gli elementi fondamentali su cui si basa la ripetizione della presunta percezione indebita: ed altresì l’erronea valutazione dei mezzi di prova articolati e dei documenti prodotti nel giudizio di primo grado.
7. Il ricorso é inammissibile.
La sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata il 6 maggio 2009.
Quindi, ratione temporis, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo avrebbe dovuto concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione d un quesito di diritto (cfr. ex plurimis, Cass. 4394/2010).
Ed infatti, alla stregua del disposto del predetto articolo, “Nei casi previsti dall’art. 360. primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4) l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto.
Nel caso previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la motivazione”. Tale norma, inserita dall’art. 6 del D. Lg.vo 2 febbraio 2006, n. 40, è stata abrogata dall’art. 47, comma 1, lett. d), della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Ai sensi dell’art. 58, comma 5, della medesima legge “Le disposizioni di cui all’art. 47 si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per Cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge”.
E, nella fattispecie, oltre a mancare la formulazione dei quesiti in ordine alle censure formulate in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. nei motivi in cui vengono formulate le censure in riferimento al n. 5 dello stesso articolo non vi è la chiara indicazione dei fati e delle ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione oggetto del giudizio di legittimità.
8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso: condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
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