CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 marzo 2017, n. 8111
Tributi – Imposta di registro – Cessione d’azienda – Artt. 1 e 20 d.P.R. 131/1986
Fatti di causa
Su ricorsi di G. Manifatture s.p.a. e T. s.p.a., la Commissione tributaria provinciale di Udine annullava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro emesso nei confronti delle società e fondato sulla riqualificazione della serie negoziale intervenuta nel 2001 tra E. s.p.a. (poi incorporata da G. Manifatture), T. e L. s.p.a. nei termini di una cessione di ramo d’azienda relativa al 58% della centrale idroelettrica S. di Gorizia.
La Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia respingeva l’appello erariale, confermando la ratio decidendi addotta dal primo giudice circa l’autonomia dei vari negozi e l’impossibilità di astringerli in un negozio complesso per cessione di ramo d’azienda.
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con due motivi.
Controricorrono G.M. s.p.a. (incorporante G. Manifatture) e T..
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 20 d.P.R. 131/1986, per aver il giudice d’appello escluso nella fattispecie negoziale l’unicità della causa idonea a configurare una cessione di ramo d’azienda; il secondo motivo denuncia omessa motivazione e omessa pronuncia, per aver il giudice d’appello pretermesso il ruolo della società di leasing L. quale intermediatore nella cessione del ramo d’azienda.
2. I motivi devono essere trattati insieme per connessione logica, riguardando entrambi la qualificazione giuridico-fattuale dei diversi negozi, se atomistica o unitaria.
2.1. Il criterio dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti presentati a registrazione, stabilito dall’art. 20 d.P.R. 131/1986, attribuisce rilievo preminente alla causa reale del negozio e alla regolamentazione degli interessi perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralità di patti collegati (Cass. 19 febbraio 2014, n. 3932, Rv. 629963; Cass. 4 febbraio 2015, n. 1955, Rv. 634166).
Il collegamento negoziale postula la sola condizione dell’unitarietà teleologica rispondente all’intento pratico delle parti, sicché la relativa qualificazione non è impedita dalla pluralità soggettiva dei singoli atti (Cass. 16 settembre 2004, n. 18655, Rv. 577138), né dalla loro diversità oggettiva (Cass. 14 febbraio 2014, n. 3481, Rv. 630075), né dalla loro scansione temporale (Cass. 19 aprile 2013, n. 9541, Rv. 626779), quest’ultima misurabile persino nell’ordine degli anni (Cass. 24 luglio 2013, n. 17965, Rv. 627610).
Sono quindi giuridicamente errati gli argomenti del giudice d’appello sulla diversità giuridica dei soggetti e la successione temporale degli atti, che impedirebbero la qualificazione unitaria della causa negoziale.
2.2. La locazione finanziaria integra leasing traslativo – soggetto ad applicazione analogica della disciplina della vendita con riserva di proprietà – quando la funzione economica del contratto non si esaurisce sul piano del godimento temporaneo del bene, ma è volta al trasferimento differito con rateizzazione del prezzo (Cass. 10 giugno 2005, n. 12317, Rv. 581889; Cass. 23 maggio 2008, n. 13418, Rv. 603905); la qualificazione traslativa del leasing esige un’indagine complessiva sulla funzione economica del contratto, fermo che anche nel leasing traslativo l’acquisto finale non è obbligatorio per l’utilizzatore (Cass. 24 giugno 2002, n. 9161, Rv. 555292).
Sono quindi giuridicamente errati gli argomenti del giudice d’appello sull’inapplicabilità del trattamento fiscale della vendita con riserva di dominio, che deriverebbe dalla facoltatività dell’acquisto finale di T. da L..
2.3. Limitandosi ad affermare che «la società di leasing […] non ha certo come scopo quello di porre in essere una cessione d’azienda», il giudice d’appello omette di motivare sul fatto che L. risulta interposta tra E. e T., avendo concesso in leasing alla seconda quanto acquistato in proprietà dalla prima, fatto decisivo poiché la natura traslativa della locazione evidenzierebbe nella società di leasing un ruolo oggettivo di intermediazione della cessione del ramo d’azienda tra la cedente E. e la cessionaria T. (ruolo oggettivo sufficiente, non occorrendo l’intento elusivo: Cass. 12 maggio 2008, n. 11769, Rv. 603335; Cass. 2 dicembre 2015, n. 24594, Rv. 637842).
2.4. Limitandosi ad affermare che «T. s.p.a. non (…) era titolare degli essenziali diritti di concessione di derivazione d’acqua», il giudice d’appello omette di motivare sul fatto che la voltura della concessione – seppure autorizzata dalla Regione solo dopo la sequenza negoziale – era stata prontamente assentita da E. e dalla controllante G. Manifatture, appunto in linea con la finalità economica unitaria della cessione del ramo d’azienda.
3. Il ricorso deve essere accolto per la constatata fondatezza di entrambi i motivi; si eccettua la parte del secondo motivo relativa all’omissione di pronuncia, questa implicando la completa mancanza del provvedimento, a differenza dell’omissione di motivazione, che viceversa – com’è nella specie – presuppone l’esame della questione, seppur inadeguato (Cass. 17 luglio 2007, n. 15882, Rv. 598651; Cass. 18 giugno 2014, n. 13866, Rv. 631333).
4. La sentenza d’appello deve essere cassata, con rinvio per nuovo esame e regolamento delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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