CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 1876 del 1° febbraio 2016
LAVORO ATTIVITA’ COMMERCIALE – DOPPIA CONTRIBUZIONE ALL’INPS – ESERCIZIO DI ATTIVITA’ IN FORMA DI IMPRESA AD OPERA DI COMMERCIANTI
Ai sensi dell’art. 12, comma 11, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n. 122, in caso di esercizio di attività in forma di impresa ad opera di commercianti, o artigiani, o coltivatori diretti, contemporaneamente all’esercizio di attività autonoma per la quale è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, non opera l’unificazione della contribuzione sulla base del parametro dell’attività prevalente, quale prevista dall’art. 1, comma 208, L. 23 dicembre 1996, n. 662.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 4.2.09 la Corte d’appello di Torino, in totale riforma della pronuncia emessa il 13.12.07 dal Tribunale della stessa sede, rigettava le opposizioni proposte da F.C. ed U.B. – soli soci ed amministratori della SGG S.r.l., svolgente attività commerciale-contro le cartelle esattoriali con cui era stato loro ingiunto di pagare contributi non versati all’INPS relativi alla gestione commercianti.
Per la cassazione della sentenza ricorrono con separati atti, di analogo contenuto, F.C. ed U.B. affidandosi a cinque motivi. Il B. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
L’INPS resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad unico articolato motivo, cui resistono con separati controricorsi i ricorrenti principali.
E.N. S.p.A. – nei cui confronti si sono svolti i gradi di merito – non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi perché aventi ad oggetto la medesima sentenza.
2 – Con il primo motivo i ricorsi di F.C. ed U.B. lamentano vizio di motivazione nella parte in cui ha ravvisato un’attività dei ricorrenti quali soci di s.r.l. senza considerare le risultanze processuali che tale attività escludevano e che la facevano confluire nelle funzioni di amministratore.
3. – Con il secondo motivo denunciano violazione degli artt. 1 co. 203 legge n. 662/96, 1 co. 26 e ss. legge n. 335/95 e 2745 c.c., per avere la gravata pronuncia distinto, ai fini della ritenuta doppia iscrizione, fra attività commerciale (spettante ai soci) e attività di amministrazione (che ad avviso della Corte territoriale sarebbe limitata alla firma degli atti sociali, alla redazione del bilancio, alla convocazione dell’assemblea e all’esercizio dei poteri di indirizzo strategico dell’attività aziendale), nonostante che – ai sensi dell’art. 2475 c.c. – il socio amministratore che agisca senza limitazione di poteri va considerato alla stregua di un socio che partecipa personalmente al lavoro aziendale ai sensi dell’art. 1, comma 203, legge n. 662/96.
4. – Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione degli artt. 2697 e 2475 c.c. nella parte in cui la sentenza impugnata non ha considerato che era onere dell’INPS provare i presupposti per l’iscrizione alla gestione commercianti ex art. 1, comma 203, legge 662/96 di un socio amministratore già iscritto – come gli odierni ricorrenti – alla gestione speciale.
5. – Con il quarto motivo deducono violazione degli artt. 1, comma 208, della legge n. 662/96; dell’art., 2, comma 26 e ss., legge n. 335/95 e 3 legge n. 240/91, là dove la sentenza impugnata non ha tenuto presente che l’INPS deve obbligatoriamente provvedere con provvedimento motivato alla scelta dell’iscrizione ad una data gestione e comunicarlo all’interessato prima di procedere al recupero dei contributi pretesi.
6. – Con il quinto motivo denunciano violazione degli artt. 1, comma 208, della legge n. 662/96 e 2, comma 26 e ss., legge n. 335/95, stante l’impossibilità di considerare prevalente l’attività svolta dal socio, non configurandosi alcun tipo di prestazione che non sia, nel caso concreto, già svolto in veste di amministratore.
7. – Con il proprio ricorso incidentale l’INPS si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1 commi 203, 207 e 208, legge n. 662/96 e di vizio di motivazione, riaffermando il principio della compatibilità della contemporanea iscrizione presso la gestione commercianti (come disciplinata dall’art. 1, comma 203, della legge n. 662/96) e la gestione separata introdotta dall’art. 2, comma 26, della legge n. 335/95.
8. – Il primo motivo dei ricorsi di F.C. e U.B. va disatteso perché sostanzialmente si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale probatorio e documentale acquisito in corso di causa, operazione non consentita in sede di legittimità.
Quanto agli altri motivi (da esaminarsi congiuntamente perché connessi), se ne deve constatare l’infondatezza, sia pure correggendosi ex art. 384 ult. co. c.p.c. nei sensi qui di seguito chiariti la motivazione della sentenza impugnata.
Recita il comma 203 dell’art. 1 legge n. 662/96: “Il primo comma dell’articolo 29 della legge 3 giugno 1975, n. 160, è sostituito dal seguente: “L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonché peri soci di società a responsabilità limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli”.
Prevede, poi, il comma 208 dello stesso art. 1 che “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all’Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente. Avverso tale decisione, il soggetto interessato può proporre ricorso, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, al consiglio di amministrazione dell’Istituto, il quale decide in via definitiva, sentiti comitati amministratori delle rispettive gestioni pensionistiche”.
A sua volta, la norma contenuta nell’art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, in legge n. 122/2010, statuisce che il cit. art. 1, comma 208, legge n. 662/1996, si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662/1996, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995.
Con sentenza 8.8.11 n. 17076 le S.U. di questa Corte hanno statuito che il cit. art. 12, comma 11, d.l. n. 78/10, costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost.
Si tratta di giurisprudenza – cui va data continuità – da ultimo avallata da Cass. n. 9153/12, Cass. n. 6380/12 e Cass. n. 5360/12 e pure da Corte cost. n. 15/2012, che ha riconosciuto la legittimità costituzionale della summenzionata norma di interpretazione autentica in riferimento agli articoli 3, 24, comma 1, 102, 111, comma 2, e 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Nel caso di specie, non è controverso che F.C. e U.B. fossero soli soci ed amministratori della SGG s.r.l. e che essi fossero iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2 co. 26 legge n. 335/95.
L’impugnata sentenza ha poi accertato – con motivazione immune da vizi logici o giuridici e, quindi, insindacabile in sede di legittimità – che entrambi svolgono quotidianamente l’intera attività di organizzazione e direzione dell’impresa.
Ciò premesso, ai sensi della summenzionata norma di interpretazione autentica contenuta nel cit. art. 12, comma 11, d.l. n. 78/2010, il caso degli odierni ricorrenti principali resta escluso dall’applicazione dell’art. 1, comma 208, legge n. 662/1996 (che sostanzialmente prevede l’obbligo contributivo relativo all’attività lavorativa prevalente), mentre rientra in quello di cui al comma 203 lett. c), relativo all’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni.
In altre parole, si applica loro non il regime contributivo dell’attività prevalente, bensì quello della doppia iscrizione a forme diverse di assicurazione, fra loro compatibili perché fondate su presupposti e redditi diversi: uno da impresa (consistente negli utili percepiti dai ricorrenti in quanto soci della SGG s.r.l.), che implica iscrizione alla gestione commercianti; l’altro da lavoro autonomo (quello di amministratori, per il quale percepiscono e il relativo compenso), che comporta l’iscrizione alla gestione separata di cui al cit. art. 2, comma 26, della legge n. 335/95.
L’obiezione secondo cui l’impugnata sentenza non ha considerato che ex art. 2475 c.c. gli amministratori di società di capitali possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, fatte salve eventuali limitazioni previste dall’atto costitutivo o dalla legge, è erronea, trattandosi di norma, in realtà, non rilevante nel caso di specie.
Infatti, mentre la summenzionata disciplina previdenziale, nel riferirsi alle figure cd. miste, cioè a quelle in cui un medesimo soggetto svolge attività e percepisce redditi differenti, risolve nei sensi sopra ricordati il problema del regime contributivo da applicarsi, l’art. 2475 c.c. ha il diverso scopo di definire oggetto e poteri degli amministratori sociali, in un’ottica di prevenzione di possibili conflitti con la proprietà.
Né può dirsi che la sovrapposizione di fatto delle due qualità rivestite dagli odierni ricorrenti – amministratori e soci – implichi una sostanziale confusione dei relativi redditi, che restano concettualmente e normativamente distinti.
D’altro canto, la ragion d’essere dell’iscrizione a due diverse gestioni previdenziali risiede proprio nell’esigenza di evitare che una data prestazione lavorativa si sottragga, sol perché resa in qualità di socio di società di capitali, a quella stessa contribuzione previdenziale obbligatoria cui, invece, non possono sfuggire il titolare di ditta individuale o il socio di società di persone la cui prestazione lavorativa all’interno dell’azienda risulti, nei fatti, del tutto analoga (vale a dire personale, abituale e prevalente).
A fortiori tale conclusione vale nell’odierno quadro normativo, che consente la costituzione di società di capitali con un unico socio: diversamente, è intuitivo che il titolare di ditta individuale commerciale, potendo optare per la veste societaria continuando – però – ad operare pur sempre da solo, disporrebbe d’un ingiustificato escamotage per eludere l’obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione commercianti.
In breve, l’art. 2475 c.c. risulta ininfluente nel caso di specie, ancor prima che recessivo – in quanto norma generale – rispetto alla disciplina speciale di natura previdenziale.
9. – Il ricorso incidentale, comunque assorbito dalle considerazioni che precedono, è inammissibile sia perché privo del quesito di diritto e del momento di sintesi (rientrando, ratione temporis, sotto la vigenza dell’art. 366 bis c.p.c.), sia perché è preclusa l’impugnazione – per difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. – alla parte totalmente vittoriosa nel precedente grado.
Invero, il ricorso incidentale per cassazione, pur ove venga qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che nel giudizio di appello sia risultata completamente vittoriosa (come avvenuto per l’INPS nella vicenda processuale in oggetto); quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non scrutinate dal giudice d’appello, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che esse siano riesaminate in sede di giudizio di rinvio (cfr., e pluribus, Cass. Sez. IlI 25.5.10 n. 12728; Cass. Sez. IlI 10.12.09 n. 25821; Cass. Sez. 118.10.06 n. 22346).
Né, ovviamente, un ricorso per cassazione può essere proposto al solo fine di ottenere una correzione della motivazione della sentenza (cfr., ex aliis, Cass. 12.9.2011 n. 18674; Cass. 2.7.07 n. 14970; Cass. 29.3.05 n. 6601; Cass. 16.7.01 n. 9637; Cass. 9.9.98 n. 8924), correzione che – se del caso – può essere effettuata anche d’ufficio da questa S.C. ai sensi dell’art. 384 ult. co. c.p.c.
In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato, mentre quello incidentale è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, considerato il successivo ‘ius superveniens’ e la successiva sua interpretazione ad opera delle sezioni unite di questa Corte, sono compensate. Nulla per le spese quanto ad E.N. s.p.a., rimasta intimata.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; rigetta i ricorsi di F.C. ed U.B. e dichiara inammissibile il ricorso incidentale dell’INPS. Compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità. Nulla per spese riguardo ad E.N. S.p.A.
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