CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 3147 del 17 febbraio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – ASSUNZIONE IRREGOLARE – OPPOSIZIONE ALLA CARTELLA ESATTORIALE – RISCOSSIONE CONTRIBUTI PREVIDENZIALI – SANZIONI AMMINISTRATIVE
In tema di opposizione a sanzioni amministrative (nel caso di specie irregolare assunzione di una lavoratrice), a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 26 del d.lgs. 40/2006, che ha abrogato l’ultimo comma dell’art. 23 della L. 689/1981 – che prevedeva il ricorso per cassazione e non l’appello come mezzo di impugnazione della sentenza che avesse definito il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione – tali sentenze sono diventate soggette ad appello e non a ricorso per cassazione, secondo la regola generale dell’art. 339 c.p.c.
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FATTO e DIRITTO
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“Il Tribunale di Alessandria, con sentenza depositata il 5/11/2012, rigettava l’opposizione proposta da M. Di M., nei confronti del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del lavoro di Alessandria, contro l’ordinanza ingiunzione n. 228/2009 e la successiva cartella esattoriale emessa per l’importo di euro 88.871,05 in relazione alla irregolare assunzione di una lavoratrice, L. L., da parte della C.S.T. F. s.r.l. (fallita) di cui il Di M. era presidente del C.d.A. Riteneva il Tribunale che l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione fosse tardiva in quanto proposta oltre il termine di cui all’art. 22 della legge n. 689/81 e che fosse infondata l’opposizione avverso la cartella esattoriale, qualificabile come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ.
Avverso tale sentenza il Di M. propone ricorso per cassazione con tre motivi cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sodali resiste con controricorso.
Equitalia E. S.p.A. è rimasta intimata.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. all’attribuita valenza di opposizione ad ordinanza- ingiunzione al ricorso proposto dal D.M.
Il motivo è inammissibile.
Come è noto, l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatta in base alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta, alla controversia e alla sua decisione, con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza, restando irrilevante il tipo di procedimento adottato – cfr. Cass., Sez. un., 1° febbraio 2008, n. 2434; Cass., Sez. un., 25 febbraio 2011, n. 4617.
Resta fermo che, se vi sia stata una doppia qualificazione da parte del giudice, il regime delle impugnazioni si correla a quella rispettivamente riferibile a ciascun capo della decisione – cfr. Cass. 15 marzo 2005, n. 5632; Cass. 29 settembre, n. 5632.
Tanto premesso, rileva nella specie, l’abrogazione, da parte del d.lgs. n. 40 del 2006, art. 26, della L. n. 689 del 1981, art 23, u.c. prevedente il ricorso per cassazione e non l’appello come mezzo di impugnazione della sentenza che abbia, in genere, definito il giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione. Ne è derivato che tali sentenze sono diventate soggetta ad appello e non a ricorso per cassazione, secondo la regola generale di cui all’art. 339 cod. proc. civ. (cfr. in tal senso Cass. n. 6376 del 21 marzo 2011; Cass. n. 1407 del 31 gennaio 2012; Cass. 13 maggio 2014, n. 10369).
Detta modifica è operativa con decorrenza dal 2/4/2006 (dovendo, al riguardo, farsi riferimento, per il regime di impugnabilità, alla data della sentenza).
Nella fattispecie in esame il rilievo riguardante quella parte della pronuncia (depositata in data 15/11/2012) afferente alla qualificazione della domanda come opposizione ad ordinanza-ingiunzioni è, di conseguenza, inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art 3 della legge n. 241/1990 e degli artt. 1 e 7 della legge n. 212 del 2000 in relazione alla ritenuta insussistenza di vizi formali nella cartella esattoriale (e dunque in relazione a quella parte della domanda qualificata come opposizione agli atti esecutivi).
Il motivo è inammissibile.
Va innanzitutto premesso che avverso le sentenze rese su opposizione agli atti esecutivi il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile solo per violazione di legge ex art. 111 Cost. per effetto del disposto di cui all’art. 618, commi 2 e 3, cod. proc.civ.
Orbene, poiché, come detto, l’ambito di impugnazione in Cassazione della sentenza che decide sulla descritta materia è definito dall’art. 111 Cost esclusivamente nei limiti della violazione di legge (cfr. Cass. 28 maggio 2013, n.13181), sono da ritenersi inammissibili i motivi quali quelli formulati dal ricorrente, che cercano di veicolare sotto forma di violazione di legge quello che – invece – è l’esito di un apprezzamento in punto di fatto delle risultanze di causa (nella specie il Tribunale, ha individuato gli elementi prescritti dall’art. 25 del d.P.R. n. 602/1973 e ne ha riscontrato al sussistenza).
Peraltro è stato da questa Corte ritenuto che anche il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione ovvero avendoli indicati in modo inesatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati – così Cass., Sez. un., 14 maggio 2010, n. 11722; Cass. 7 marzo 2012, n. 3516; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2373.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 25 del d.lgs. n. 46 del 1999 in relazione all’intervenuta, ed erroneamente non rilevata, decadenza.
Il motivo è inammissibile non emergendo quando ed in che termini la relativa questione sia stata sottoposta al giudice di meato.
In conclusione, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5″.
2- Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ..
3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore con riguardo al primo ed al secondo motivo di ricorso siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e non scalfite (per quanto riguarda il secondo motivo) dai rilievi di cui alla memoria depositata dal Di M. che sostanzialmente ripropongono le censure di cui al ricorso.
Va, in ogni caso, ulteriormente sottolineato che, nella specie, il Tribunale ha espressamente dato atto, sulla base di un accertamento in fatto non censurabile in questa sede, che la cartella esattoriale contiene gli elementi essenziali dell’atto prescritti a pena di nullità A ciò è appena il caso di aggiungere che la cartella deve contenere solo l’indicazione sintetica degli elementi in base ai quali è stata effettuata l’iscrizione a ruolo e che, con pronuncia 25 maggio 2011, n. 11466,
questa S.C. ha già avuto modo di statuire che per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, d.P.R. 29 novembre 1973, n. 602, ex art. 25, non è neppure indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso nei confronti del contribuente e al quale la riscossione faccia riferimento, essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione dell’atto, in modo da soddisfare l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non neppure è di ostacolo la previsione contenuta nel D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 1, comma 2 e art. 6, comma 1 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente notificato, richiede l’indicazione degli “estremi di tale atto e la relativa data di notifica”), in quanto essa va letta in combinato disposto con le norme primarie contenute in via generale nello Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 3), e, poi, con specifico riferimento ai ruoli e alle cartelle nel d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 8, comma 1, lett. a), che ha modificato il d.P.R. n. 602 cit., artt. 1 e 12 -, ove ci si limita a richiedere che gli atti da ultimo indicati contengano “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa” – così Cass. 7 agosto 2012, n. 14205 -.
4 – Diversamente va opinato con riguardo alla proposta del relatore relativa al terzo motivo di ricorso.
5 – Dalla stessa sentenza impugnata si evince, infatti, che l’opponente aveva chiesto dichiararsi parte avversa decaduta dal diritto alla riscossione per decorso del termine per l’iscrizione a ruolo del medesimo. La questione della decadenza dall’iscrizione a ruolo (che è diversa dalla decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie) era stata, dunque, dibattuta in causa.
Premesso che anche la riscossione coattiva delle sanzioni relative ad omissioni contributive può avvenire tramite ruoli da affidare ai concessionari in base alle norme di cui al d.lgs. n. 46/1999 (si veda l’art. 24, comma 1, del medesimo d.lgs. – cui si ricollega il successivo art 25 – secondo il quale i contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versati dal debitore nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici sono iscritti a ruolo, unitamente alle sanzioni ed alle somme aggiuntive calcolate fino alla data di notifica della cartella di pagamento, al netto dei pagamenti effettuati spontaneamente dal debitore), come è stato da questa Corte già affermato, quella per cui si discute è una decadenza “processuale”, diversa dalla decadenza (“sostanziale”) dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie. Ciò è confermato: a) dal tenore testuale della norma, che parla di decadenza dall’iscrizione a ruolo del credito e non di decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie; b) dall’impossibilità di estendere in via analogica una decadenza dal piano processuale anche a quello sostanziale (per principio generale le norme in tema di decadenza sono di stretta interpretazione: cfr., ad esempio, Cass. 8350/2012); c) dalla non conformità all’art. 24 Cost di un’opzione interpretativa che negasse all’ente previdenziale la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie; d) dalla ratio, evincibile anche dai lavori preparatori, dell’introduzione del meccanismo di riscossione coattiva dei crediti previdenziali a mezzo iscrizione a ruolo, intesa a fornire all’ente un più agile strumento di realizzazione dei crediti (il che la Corte cost. ha ritenuto costituzionalmente legittimo: v. ordinanza n. 111/07), non già a renderne più difficoltosa l’esazione imponendo brevi termini di decadenza; e) dal rilievo che la scissione fra titolarità del credito previdenziale e titolarità della relativa azione esecutiva (quest’ultima in capo all’agente della riscossione) mal si concilierebbe con un’ipotesi di decadenza sostanziale (cfr. tra le altre Cass. 23 novembre 2013, n. 26395; si veda anche Cass. 23 marzo 2015, n. 5792).
E’ stato, così, evidenziato che, in materia di riscossione di contributi previdenziali, l’opposizione alla cartella esattoriale dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione che investe il rapporto previdenziale obbligatorio, dovendosi escludere che l’eventuale decadenza per tardiva iscrizione dei crediti contributivi nei ruoli esecutivi determini altresì la decadenza dal diritto di chiedere in sede giudiziaria l’esistenza e l’ammontare del proprio credito, con la conseguenza che quest’ultimo, può essere comunque dichiarato sussistente, nel merito, a definizione dello stesso giudizio di opposizione e che, qualora domandata, può essere pronunciata condanna al relativo pagamento.
Ed allora, nel caso di specie, la Corte ha omesso di considerare la rilevanza, a fini decisori, della prospettata intervenuta decadenza dall’iscrizione a ruolo, non risultando effettuato alcun accertamento in fatto del rispetto dei termini di cui alla norma denunciata.
Conseguentemente, va accolto il terzo motivo di ricorso e rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Alessandria che, in diversa composizione, riesaminerà l’opposizione proposta dal Di M., nei limiti di cui alla censura ritenuta da questa Corte fondata, verificando il rispetto dell’art. 25 del d.lgs. n. 46/1999 e tenendo eventualmente conto di eventuali preclusioni determinatesi in ragione del comportamento processuale degli opposti.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Alessandria, in diversa composizione.