CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4629 del 9 marzo 2016
TRIBUTI – CONTENZIOSO TRIBUTARIO – PROCEDIMENTO – LITISCONSORZIO FACOLTATIVO – COMPATIBILITA’ CON IL PROCESSO TRIBUTARIO – SUSSISTE – MANCATA APPLICAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE – ANNULLAMENTO DELLA SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. E’ impugnata per cassazione la sentenza in data 21.4.2009 con la quale la CTR Piemonte ha confermato la declaratoria di inammissibilità pronunciata in primo grado in relazione ad un ricorso che gli odierni ricorrenti avevano congiuntamente proposto avverso le cartelle di pagamento notificate a ciascuno di loro.
La CTR ha motivato la pronunciata conferma del deliberato di prima istanza, respingendo perciò il gravame dei soccombenti, ritenendo che nella specie non ricorrano “i presupposti del litisconsorzio processuale”. Pur se l’applicabilità delle disposizioni del codice di procedura civile al processo tributario rende estensibili le norme sul litisconsorzio, è opinione del giudice d’appello che “tale considerazione, se analizzata con maggior attenzione avrebbe portato a conclusioni ben diverse, in quanto sarebbero emerse differenze assai rilevanti fra le disposizioni di cui agli artt. 102 e 103 del codice di procedura civile … e l’art. 14 del D.lg. 546/92”, dal momento che nel processo tributario “il litisconsorzio necessario … ha una dimensione eminentemente processuale collegata all’inscindibilità dell’oggetto … mentre il litisconsorzio facoltativo … ricorre quando l’impugnazione proposta da uno dei coobbligati non è fondata su elementi impositivi comuni a tutti i destinatari”. Peraltro, conclude il decidente, guardando alla fattispecie concreta, la Cassazione “ha categoricamente escluso la legittimazione a proporre ricorso di enti esponenziali di una generica e indefinita categoria di contribuenti e per l’inammissibilità nel processo tributario della tutela dei c.d. interessi diffusi”.
L’odierno ricorso è fondato su due motivi.
Resiste con controricorso la parte pubblica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Va preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di secondo grado svoltosi avanti al giudice di appello. Invero in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia stato proposto soltanto da o – come nel caso di specie – contro l’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di secondo grado ai sensi dell’art. 57 D.lgs. 30 luglio 1999, n. 300 con effetto dal 1 gennaio 2001 ai sensi dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000), deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze con la conseguenza che l’unico soggetto legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto nei confronti del Ministero deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione passiva (SS.UU. 3116/06).
3.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti censurano a mente dell’art. 360, comma primo, 3, c.p.c., l’error in iudicando in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata in relazione agli art. 14, 26 e 29 D.lg. 546/92 e 103 c.p.c. nell’aver pregiudizialmente negato loro l’accesso all’invocata tutela processuale sul rilievo che non si applicherebbe al processo tributario l’istituto del litisconsorzio facoltativo, vero che una siffatta soluzione interpretativa “fondata su una lettura della disposizione speciale di riferimento (art. 14 D.gl. 546/92) non merita di essere condivisa”, in primis, perché dalla lettura della norma “non è dato evincere alcun elemento di incompatibilità” tra l’istituto litisconsortile e lo schema generale del processo tributario ed in secundis, perché tanto l’art. 26 quanto l’art. 29 D.lg. 546/92 “risultano improntati alla medesima ratio che informa l’art. 103 c.p.c. … ovvero quella di garantire la massima economia processuale attraverso la riunione in un unico contesto processuale di tutte le domande oggettivamente connesse tra loro o che presuppongono la definizione di identiche questioni, evitando così la pronuncia, su dette domande e questioni di più sentenze difformi e/o contrastanti”.
3.2 II motivo è fondato ed il suo accoglimento comporta anche l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con cui i ricorrenti ravvisano nel pronunciamento impugnato un vizio di contraddittoria motivazione atteso che la CTR avrebbe, dapprima, escluso l’accesso alla tutela cumulativa in ragione “dell’identificazione direttamente in capo a ciascun singolo contribuente ricorrente di un autonomo diritto di impugnativa” ed avrebbe poi ravvisato un ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso “nel fatto che il medesimo sarebbe stato proposto alla stregua di un giudizio amministrativo sull’atto impugnato, come se si stessero tutelando interessi diffusi di una categoria di utenti o consumatori dinanzi al plesso organizzativo del TAR e del Consiglio di Stato”.
3.3 A conforto del motivo accolto va rammentato che nella giurisprudenza di questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del ricorso collettivo cumulativo – quale concretamente si determina nella specie, ove più parti hanno impugnato con un unico ricorso gli atti riscossivi loro singolarmente notificati – si è ormai consolidata l’opinione secondo cui l’istituto processuale del litisconsorzio facoltativo, regolato dall’art. 103, comma primo, c.p.c. nella duplice forma del litisconsorzio facoltativo proprio – che ricorre nel caso in cui le cause promosse nel medesimo processo risultino connesse per il titolo o per l’oggetto – e del litisconsorzio facoltativo improprio – che si verifica allorché le cause non abbiano nessun altro vincolo di connessione se non quello derivante dal fatto che la decisione di ciascuna di esse dipende dalla risoluzione di una questione identica – goda, pur in difetto di un esplicito riconoscimento normativo – e al pari del resto del finitimo istituto del cumulo oggettivo di cui all’art. 104 c.p.c., la cui applicazione in questo ambito non ha mai sollevato perplessità – di una piena e completa cittadinanza nell’ordinamento del processo tributario così come esso risulta ora disciplinato dal D.lg. 546/92. In continuità con un indirizzo che era andato già delineandosi sotto il vigore del pregresso regime processuale disciplinato dal D.P.R. 636/73 e che aveva indotto la giurisprudenza dell’epoca a sottolineare favorevolmente, insieme al rinvio operato dall’art. 39 del citato decreto alle norme del processo civile, la compatibilità del litisconsorzio ex parte actoris con la struttura impugnatoria del procedimento tributario (179/91), la giurisprudenza di legittimità più recente si mostra infatti saldamente convinta (22657/14; 26011/14; 26735/13) che “nel processo tributario , non prevedendo il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, alcuna disposizione in ordine al cumulo dei ricorsi, e rinviando il suo art. 1, secondo comma, alle norme del codice di procedura civile per quanto da esso non disposto e nei limiti della loro compatibilità con le sue norme, deve ritenersi applicabile l’art. 103 cod. proc. civ., in tema di litisconsorzio facoltativo, conseguendone l’ammissibilità della proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti … ove abbia ad oggetto identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa (4490/13).
3.4. Non ignora peraltro il collegio che, sebbene l’indirizzo oggi prevalente – ed al quale si intende dare qui continuità – abbia radici antiche, nell’arco della sua maturazione si sia levata anche qualche voce di dissenso in relazione proprio all’ipotesi del ricorso collettivo-cumulativo, la cui proposizione ad opera di una pluralità di ricorrenti, titolari ciascun di un distinto rapporto giuridico di imposta, nel medesimo processo si è infatti talora reputata inammissibile “in quanto in tale giudizio, a natura precipuamente impugnatoria, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l’atto impositivo che forma oggetto del ricorso e la contestazione del ricorrente così come richiesto dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, impone, indefettibilmente, che tra le cause intercorrano questioni comuni non solo in diritto, ma anche in fatto e che esse non siano soltanto uguali in astratto ma attengano altresì ad un identico fatto storico da cui siano determinate le impugnazioni dei contribuenti … (10578/10).
L’enunciato, pur se rimasto sostanzialmente senza seguito – si annovera in senso conforme solo Cass. 14738/10 – non rende tuttavia inopportuno ribadire, a maggior conforto della tesi che intende dare nel processo tributario la più estesa applicazione all’istituto del litisconsorzio facoltativo, che non costituisce ostacolo in questa direzione opporre la natura impugnatoria del giudizio tributario, giacché, come già ricordato dalla giurisprudenza, che in analoghi termini si era pronunciata nella vigenza del pregresso ordinamento processuale – e come ora nuovamente si è riaffermato – quello che rileva ai fini in parola, “non è la struttura del processo tributario, ma la perfetta compatibilità delle norme che lo disciplinano con l’istituto del litisconsorzio facoltativo” (179/91), e questo non senza pure notare che anche il tipico giudizio impugnatorio, che ha luogo avanti al giudice amministrativo, non sconosce in linea di principio il litisconsorzio ex parte actoris.
3.5. Peraltro, insistere sul fatto che l’applicazione dell’istituto litisconsortile nelle forme integralmente disciplinate dall’art. 103 avvenga nei limiti di compatibilità come impone l’art. 1, comma 2, D.lg. 546, induce a prendere le distanze anche da una lettura di esso – di cui è traccia nel richiamato precedente – che, pur riconoscendone in linea di principio la piena applicabilità, mentre non sembra sollevare obiezioni con riguardo all’ipotesi del litisconsorzio proprio, quanto all’ipotesi del litisconsorzio sottolinea la necessità che il nesso relazionale tra le cause promosse simultaneamente in un unico processo concerna non solo la comunità delle questioni in diritto – in ciò aderendo pienamente al dettato dell’ultima parte dell’art- 103 primo comma c.p.c. – ma anche di quelle di fatto, spingendosi a sostenere che esse debbono scaturire anche da impugnazioni determinate dal medesimo fatto storico, con ciò introducendo nella valutazione di compatibilità un elemento di giudizio che è estraneo alla fattispecie processuale del litisconsorzio facoltativo e che altera in modo significativo il quadro di riferimento perchè la compatibilità verrebbe in definitiva ad essere decretata al di fuori di ogni coerenza con la norma dell’art. 103 c.p.c.
4. Dando perciò piena conferma all’indirizzo ora prevalente, il ricorso va dunque accolto e la sentenza va conseguentemente cassata con rinvio ai sensi dell’art. 383, comma primo, c.p.c. al giudice territoriale per l’esame di merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso nei confronti delle altre parti, cassa l’impugnata sentenza e rinvia avanti alla CTR Piemonte che in altra composizione provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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