CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9950 del 16 maggio 2016
LAVORO – PREVIDENZA SOCIALE – ASSEGNO ORDINARIO DI INVALIDITA’ – REQUISITI – CONTRIBUZIONE FIGURATIVA – APPLICAZIONE
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 5 aprile 2016, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc.civ.: “Con sentenza n. 3867/2008 la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Firenze che, in riforma della decisione di primo grado, aveva condannato l’INPS al pagamento, con decorrenza 1.1.2001, dell’assegno ordinario di invalidità in precedenza revocato.
Il giudice di legittimità ha accolto il primo motivo di ricorso dell’INPS sulla base del principio (affermato da ss.uu. n. 118 del 2001 e dalla giurisprudenza successiva), secondo il quale, in caso di ripristino dell’assegno di invalidità con effetto dalla data della soppressione, il giudice non è tenuto ad accertare il requisito contributivo, perché esso deve ritenersi acquisito in relazione alla prima concessione dell’assegno; quando, invece, il ripristino avviene con decorrenza da una data successiva a quella della soppressione, il giudice deve accertare di ufficio il requisito contributivo prendendo come riferimento la data di presentazione della domanda amministrativa di ripristino della prestazione.
Ha ritenuto quindi assorbiti il secondo motivo di ricorso dell’INPS (attinente al regolamento delle spese) e il ricorso incidentale con il quale il Conti aveva investito l’epoca di decorrenza della prestazione ripristinata.
La Corte di appello di Bologna, designata giudice del rinvio, ha respinto l’appello del Conti avverso la sentenza di primo grado. Il giudice del rinvio, premesso di condividere le conclusioni del consulente nominato nel giudizio davanti alla Corte di appello di Firenze in ordine all’epoca – gennaio 2001- del realizzarsi della situazione di invalidità giustificativa della prestazione revocata, ha rilevato che poiché tale decorrenza non si poneva in continuità con l’epoca della revoca, occorreva, in base al principio affermato dalla sentenza rescindente, procedere alla verifica della sussistenza del requisito contributivo in riferimento alla data della istanza amministrativa di ripristino della prestazione; il Conti, sul quale ricadeva il relativo onere, non aveva dimostrato la sussistenza di tale requisito.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Roberto Conti sulla base di un unico motivo. L’INPS ha resistito con controricorso provvedendo in via autonoma alla rinnovazione della relativa notificazione in quanto la prima notifica non era andata a buon fine. Con l’unico motivo di ricorso, articolato in due profili, Roberto Conti ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 4 L. n. 222 del 1984 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Parte ricorrente, premesso che il giudice del rinvio era tenuto a verificare, anche d’ufficio, la sussistenza del prescritto requisito contributivo di talché era da escludere un onere probatorio a riguardo a carico di esso Conti, ha osservato che la sussistenza di tale requisito si evinceva dalle stesse difese spiegate da controparte la quale nella memoria di costituzione del giudizio di rinvio aveva espressamente dato atto che alla data del 1.1.2001 il Conti poteva contare su 205 contributi versati nel quinquennio precedente di cui 91 nella gestione commercianti e n. 114 contributi figurativi derivanti dall’assegno ordinario di invalidità. Ha osservato ancora parte ricorrente che questi ultimi contributi, benché non riportati, in quanto contributi figurativi, nell’estratto contributivo dovevano, comunque, essere considerati nella verifica del requisito contributivo. Tale requisito doveva, pertanto, ritenersi sussistente in relazione alla data di presentazione della istanza amministrativa di ripristino.
Il motivo è manifestamente infondato. Si premette che l’INPS ha contestato che la deduzione, nella memoria di costituzione depositata nel giudizio di rinvio, che il Conti, alla data del 1.1.2001, aveva 91 contributi nella gestione commercianti e 114 contributi figurativi derivanti dall’assegno di invalidità del quale era stato titolare per il periodo dal 1998 al 2000, implicasse riconoscimento della sussistenza del requisito contributivo, atteso che a tal fine non erano utilizzabili né i contributi figurativi né i contributi relativi alla iscrizione nella gestione autonoma dei commercianti. Tale assunto è condivisibile Questa Corte ha chiarito che in tema di contribuzione figurativa, l’art. 1, sesto comma della legge n. 222 del 1984, secondo il quale sono considerati utili i periodi di godimento dell’assegno di invalidità nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, nel richiamare i requisiti contributivi previsti dall’art. 4, secondo comma della legge n. 222 del 1984, limita detto riconoscimento ai soli lavoratori subordinati, con esclusione degli operai dell’agricoltura. Ne consegue che il beneficio non si applica ai lavoratori autonomi, né in particolare, ai coltivatori diretti senza che possa invocarsi la previsione di cui all’art. 1, decimo comma, della stessa legge che riguarda esclusivamente l’istituto della conversione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia (Cass. n. 17750 del 2010).
In applicazione di tali principi, rilevato che parte ricorrente non ha allegato di essere lavoratore subordinato, circostanza questa smentita, peraltro, per tabulai, dalla pacifica iscrizione del Conte alla gestione commercianti, deve escludersi che possano utilizzarsi al fine di ritenere integrato il prescritto requisito contributivo, i 114 contributi figurativi corrispondenti al periodo di fruizione dell’assegno in oggetto. Néppure può applicarsi alla fattispecie in esame la disposizione di cui al citato art. 1, comma 10, che disciplina il diverso istituto della conversione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia.
Tanto è sufficiente per ritenere non provato il prescritto requisito contributivo, conseguendone il rigetto del ricorso.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’adunanza camerale”.
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal Relatore sono del tutto condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia. Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, comma 1°, n. 5 cod. proc. Civ., per la definizione camerale.
Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali, € 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%,oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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