CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 aprile 2020, n. 7654

Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Incrementi patrimoniali incoerenti con situazione reddituale – Giustificazioni – Risparmi accumulati – Basso tenore di vita – Valutazione del giudice di merito

Rilevato che:

1. A.R. ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 2863/38/14 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, emessa in data 9/4/2014, depositata in data 8/5/2014 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento sintetico del reddito ai fini Irpef per l’anno di imposta 2007;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. riteneva legittimo l’accertamento dell’Amministrazione, che aveva rideterminato il reddito della contribuente sulla base dell’acquisto, da parte di quest’ultima, di alcuni immobili nell’anno 2009;

il giudice di appello evidenziava come, a fronte dell’accertamento dell’amministrazione sulla base degli indici presuntivi di reddito, la contribuente non aveva sufficientemente documentato le giustificazioni addotte relativamente alla sua capacità reddituale e di risparmio negli anni, in quanto aveva prodotto gli estratti dei conti correnti di un brevissimo periodo di tempo;

inoltre, la C.T.R. riteneva che le notizie fornite dalla contribuente in ordine alla propria capacità reddituale evidenziavano redditi troppo bassi, sia pure a fronte dell’allegato tenore di vita modesto, per consolidare risparmi tali da consentire l’esborso del corrispettivo dell’immobile acquistato nel 2009, pari ad euro 430.000,00;

3. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 26 giugno 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

4. la ricorrente ha depositato memoria;

Considerato che

1.1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia l’omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.; secondo la ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe priva di una

motivazione effettiva e completa, laddove afferma che la contribuente non avrebbe provato la propria capacità reddituale negli anni, avendo prodotto solo i movimenti di un conto corrente bancario relativi ad un brevissimo arco temporale;

deduce, invero, la contribuente di aver prodotto ampia documentazione, da cui sarebbero risultati tutti i redditi percepiti negli anni e l’elevata capacità di risparmio;

1.2. il motivo è inammissibile;

1.3. l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione

tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 nr.19881 ; Cass. S.U. 7.4.2014 nr. 8053) la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 83/ 2012 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;

tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

pertanto, avuto riguardo anche alla memoria depositata, con cui la ricorrente lamenta l’omesso esame della copiosa documentazione prodotta, senza ulteriori specificazioni, deve rilevarsi che, invece, la sentenza impugnata risponde al c.d. minimo costituzionale sotto il profilo motivazionale, consentendo il controllo sulla ratio decidendi;

invero, la C.T.R. ha esaminato la documentazione prodotta dalla contribuente (il trattamento economico di quiescenza della Regione Lazio 1977/1998, la ricostruzione della carriera ARSIAL 1998/2008, la relativa ricostruzione del trattamento economico annuo, gli estratti conto bancari e la tabella riepilogativa della capacità di risparmio della contribuente), ritenendo che la stessa non fosse idonea a dimostrare che le somme utilizzate per gli investimenti immobiliari provenissero dai risparmi degli anni precedenti;

il giudice di appello ha rilevato che gli estratti dei conti correnti si riferivano ad un brevissimo periodo di tempo e che le notizie fornite dalla contribuente in ordine alla propria capacità reddituale evidenziavano redditi troppo bassi, sia pure a fronte dell’allegato tenore di vita modesto, per consolidare risparmi tali da consentire l’esborso del corrispettivo dell’immobile acquistato nel 2009, pari ad euro 430.000,00; a fronte dello specifico rilievo del giudice di appello, le contestazioni della ricorrente appaiono generiche e volte a contestare, non un’omissione motivazionale in ordine ad un fatto decisivo discusso dalle parti, bensì, inammissibilmente, la stessa valutazione di merito effettuata dal giudice;

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 39 d.P.R. n.600/73 e 2697 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;

la ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe fatto un’applicazione automatica del metodo di accertamento sintetico, senza tener conto della situazione concreta relativa all’accumulo di risorse economiche negli anni precedenti a quello oggetto di contestazione, anche grazie all’apporto reddituale del marito;

2.2. il motivo è infondato e va rigettato;

2.3. ai sensi dell’art.38, comma 6, d.P.R. n.600/73 vigente ratione temporis “il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”;

la previsione ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi;

nel caso di specie la contribuente ha sostenuto che i redditi percepiti nel tempo e la sua capacità di risparmio, grazie anche all’apporto reddituale del marito, fossero idonei a giustificare gli acquisti effettuati nel 2009;

la C.T.R., invece, ha ritenuto, con accertamento di merito che non è stato adeguatamente impugnato in cassazione, che la contribuente non avesse dimostrato che le somme necessarie all’acquisto ed alla gestione degli immobili provenissero, come dalla stessa sostenuto, dal risparmio sui redditi percepiti negli anni precedenti a quello oggetto di accertamento;

la sentenza impugnata, quindi, non si è discostata dai principi sopra menzionati e non è incorsa in alcuna violazione di legge;

3.1. con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 38, comma 4, d.P.R. n.600/73, 54 d.P.R. n.633/72 e 2697 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;

secondo la ricorrente un solo indizio (gli acquisti immobiliari del 2009) sarebbe insufficiente a fondare la presunzione di un maggior reddito sinteticamente accertato;

3.2. il motivo è, ancor prima che infondato, inammissibile, integrando l’accertamento sintetico su spese per incrementi patrimoniali una presunzione legale relativa (tra le altre Cass. sez. 6-5, ord. 16 maggio 2017, n. 12207) e non una presunzione semplice; di conseguenza, a fronte dell’accertamento compiuto dall’Ufficio, sarebbe stato onere della contribuente fornire la prova che il maggior reddito accertato non derivava da operazioni imponibili;

la Corte, quindi, dichiara inammissibile il ricorso;

nulla deve disporsi in ordine alle spese, poichè l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva;

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

sussistono i requisiti per porre a carico della ricorrente il pagamento del doppio contributo, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012.