CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 aprile 2020, n. 7660
Tributi – IRPEF – Dirigente – Cessazione rapporto di lavoro – Trattamento di previdenza integrativa aziendale – Fondenel – Applicazione aliquota TFR – Riconoscimento minore aliquota prevista per i redditi di capitale – Condizioni – Onere di prova a carico del contribuente
Rilevato che
1. S. V., dirigente Enel in quiescenza dal dicembre 2005, presentò istanza di rimborso delle ritenute sulle prestazioni erogate dall’Enel al momento della cessazione del rapporto di lavoro, in aggiunta al TFR, assumendo che: in qualità di dirigente Enel, godeva di una polizza sulla vita e sull’invalidità permanente, ai sensi dell’art. 12 CCNL per i dirigenti aziendali industriali del 16/05/1985, successivamente convertita, con effetto dal 1/01/1986, in un trattamento di previdenza integrativa aziendale (c.d. PIA) che, in seguito, veniva trasferito a Fondenel; dopo la cessazione del rapporto di lavoro aveva ricevuto la somma di euro 437.475,77, al netto della ritenuta fiscale di euro 202.868,05, derivante dall’applicazione dell’aliquota prevista per l’indennità di fine rapporto; aveva quindi chiesto il rimborso di euro 133.118,59, pari alla differenza tra l’IRPEF trattenuta (euro 202.868,05) e quella effettivamente dovuta (euro 69.749,46), trattandosi di prestazione da assoggettare alla minore aliquota del 12,5%, prevista per i redditi di capitale dall’art. 42, comma 4, TUIR;
2. con ricorso alla CTP di Venezia il contribuente impugnò il silenzio-rifiuto formatosi su tale istanza di rimborso e il giudice di primo grado accolse il ricorso con sentenza n. 204/13/2011, che è stata confermata dalla CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe che, nel contraddittorio del contribuente, ha rigettato l’appello dell’Agenzia; in particolare, la Commissione tributaria veneta, dichiarando di conformarsi alla giurisprudenza di legittimità, ha qualificato le somme percepite dal contribuente come “un capitale accantonato coi contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, incrementato dal rendimento netto derivante dalla gestione del medesimo capitale sul mercato da parte del Fondo.” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), e ha soggiunto di non condividere neppure la doglianza dell’ufficio riguardante l’omessa pronuncia, da parte della CTP, in ordine alla domanda del contribuente di rimborso degli interessi anatocistici maturati dalla data del ricorso al saldo in quanto, testualmente “il dispositivo reca evidente l’accoglimento in toto del ricorso del quale, nell’esposizione del fatto veniva analiticamente riassunto il contenuto comprendente il capitolo in parola.” (ibidem);
3. l’Agenzia ricorre per la cassazione di questa sentenza della CTR, sulla base di due motivi, ai quali il contribuente resiste con controricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 9, del d.lgs. n. 124/1993, dell’art. 1, comma 5, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 (convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30), degli artt. 16, comma 1, lett. a), 17, comma 2 e 42 (ora 45), comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482 e dell’art. 14, del d.lgs. n. 47/2000, l’Agenzia censura la decisione impugnata per non avere accertato se, in vista del riconoscimento al contribuente dell’aliquota del 12,5%, la somma liquidata in forma di capitale integrasse il rendimento netto, imputabile alla gestione del mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato;
rimarca, altresì, che la sussistenza del presupposto dell’agevolazione fiscale (ossia che si trattasse di somme prodotte dall’investimento sul mercato finanziario), non era certo desumibile dalla generica documentazione rilasciata da Fondenel e neppure dal “prospetto calcolo credito di imposta”, elaborato dal contribuente, o dalla certificazione rilasciata dall’Enel, recante l’importo di euro 337.362,04, qualificato, con espressioni vaghe, come “rendimenti conseguiti nel periodo sopraindicato”;
1.1. il motivo è fondato;
1.1.1. a delineare la materia del contendere vale la fondamentale pronuncia delle sezioni unite (Cass. sez. un. 22/06/2011, n. 13645, conforme a Cass. sez. un. 22/06/2011, n. 13642), secondo cui: «In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della I. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.»;
1.1.2. con specifico riferimento ai fondi PIA-Fondenel, questa Corte, nel ribadire tale indirizzo, anche di recente (ex multis: Cass. 6/03/2019, n. 6514), ha puntualizzato come la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6, della legge n. 482 del 1985, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento, possa applicarsi solo agli importi derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, dovendo invece escludersi tale più favorevole tassazione rispetto alle somme versate dal contribuente ad un fondo PIA che non abbia mai investito sul mercato finanziario (Cass. 15/06/2018, n. 15853; 19/06/2018, n. 16116; 29/12/2011, n. 29583; 12/01/2012, n. 280; 04/04/2012, n. 5376; 25/05/2012, n. 8320; 27/03/2013, nn. 7724-7728; 22/05/2013, nn. 12491-12496; 02/10/2013, n. 22492; 09/10/2013, n. 22950; 12/02/2014, n. 3132; 12/02/2014, n. 3136; 19/03/2014, n. 6380; 09/04/2014, n. 8310; 04/02/2015, n. 1977; 22/05/2015, n. 10604; 13/01/2017, n. 720);
costituiscono, quindi, il “rendimento netto”, come ha ulteriormente puntualizzato questa Corte: le «somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate» (Cass. nn. 10285/2017 e 24525/2017).
è da escludere, pertanto, che, al fine che qui interessa, possa considerarsi quale “rendimento” ottenuto quello corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio Enel, poiché tale coerenza costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato (Cass. n. 5436/2018; cfr. Cass. n. 4941/18);
1.1.3. questa Corte di legittimità (come ampiamente argomentato in motivazione dalla citata Cass. 19/06/2018, n. 16116), inoltre, ha più volte precisato quale sia l’ambito della verifica fattuale che richiede l’applicazione del principio di diritto affermato dalle sezioni unite (n. 13642/11), che impone la necessità di una: «ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato finanziario», con apposita verifica se vi sia stato: «l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato» e quale sia stato: «il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%»;
a ciò si aggiunga che incombe sul contribuente, che impugna il rigetto di un’istanza di rimborso – quale attore in senso sostanziale -, l’onere di provare il fondamento della sua pretesa; questi, pertanto, è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio: «al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato» (Cass. 21/12/2016, n. 720; 15/03/2017, n. 13278; 16/03/2017, n. 13281);
1.1.4. venendo adesso all’esame del motivo del ricorso, si rileva che la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione degli enunciati princìpi di diritto; anzi, omettendo l’analitico accertamento in ordine alla sussistenza e all’entità del “rendimento netto”, da individuarsi nei termini appena esposti, si è limitata ad affermare, facendo ricorso a vuote espressioni anapodittiche, che le somme percepite dal contribuente erano costituite dal capitale accantonato, incrementato dal rendimento netto della sua gestione sul mercato, da parte del fondo;
2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il vizio di motivazione apparente, l’Agenzia censura la decisione impugnata per avere condiviso la motivazione fornita dal giudice di primo grado, in punto di riconoscimento degli interessi anatocistici pretesi dal contribuente, senza spiegare le ragioni di un simile convincimento;
2.1. la censura è assorbita per effetto dell’accoglimento del primo motivo;
3. in definitiva, fondato il primo motivo e assorbito il secondo, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, affinché, oltre a provvedere (anche) sulle spese del giudizio di legittimità, in applicazione dei radicati canoni giurisprudenziali sopra richiamati e tenendo conto del relativo onere probatorio gravante sul contribuente (che non può ritenersi assolto tramite il mero rinvio al conteggio, proveniente dall’Enel, che sia privo di alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce “rendimento”, così da chiarire se si tratti effettivamente d’incremento della quota individuale del fondo, attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati sul mercato dal gestore), accerti, relativamente ai capitali maturati anteriormente al 1°/01/2001 dal contribuente iscritto al fondo di previdenza integrativa (PIA e Fondenel), prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124/1993, la parte di essi costituita dalle somme provenienti dalla liquidazione del “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato da parte del fondo, onde applicare ad essa la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482/1985;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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