CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2019, n. 31705
Inps – Omissioni contributive – Collaboratori – Verbale ispettivo
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 17.7.2013, la Corte d’appello di Roma ha confermato, per quanto rileva in questa sede, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da A.E. s.r.l. avverso il verbale ispettivo con cui l’INPS le aveva contestato omissioni contributive in danno di taluni collaboratori; che avverso tale pronuncia A.E. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia per avere la Corte di merito ritenuto che nell’attività prestata dai collaboratori S.M. e M.V. non potesse riconoscersi la fattispecie della cessione dei diritti d’autore;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza della collaborazione con A.C. ed E.G. basandosi unicamente sulle dichiarazioni rese da costoro agli ufficiali verbalizzanti;
che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del tenore delle censure rivolte all’impugnata sentenza;
che è ormai consolidato il principio secondo cui, a seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54, d.l. n. 83/2012 (conv. con l. n. 134/2012), non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. S.U. n. 8053 del 2014, nonché, più recentemente, Cass. nn. 23940 del 2017 e 22598 del 2018);
che, nella specie, la Corte territoriale ha sia pur succintamente motivato sia le ragioni per cui ha condiviso la valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice di prime cure, sia perché ha ritenuto addebitabili alla ricorrente le condotte contestatele dall’INPS (cfr. in part. pag. 2 della sentenza impugnata), onde è evidente che la reale doglianza di parte ricorrente attiene piuttosto alla sufficienza della motivazione rassegnata dai giudici di merito, che – come anzidetto – non è tuttavia vizio della sentenza deducibile in sede di legittimità, occorrendo piuttosto, al fine di censurare il giudizio di fatto compiuto in sede di merito, l’individuazione di un fatto (principale o secondario) il cui esame sia stato omesso, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e la cui considerazione avrebbe di per sé condotto ad un giudizio differente;
che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza; che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 6.200,00, di cui € 6.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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