CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 gennaio 2019, n. 115
Rendita catastale – Immobili – Riclassamento – Microzone anomale – Processo tributario
Fatti di causa
Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce accoglieva il ricorso della contribuente avverso l’avviso di riclassamento di un immobile, recante modifica delle classi e conseguente aumento della rendita catastale, adottato dall’allora Agenzia del territorio su richiesta del comune di Lecce ex art. 1, comma 335 della legge n. 311 del 2004;
che la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce annullava il suddetto avviso per difetto di motivazione in ordine ai miglioramenti realizzati nella microzona ove erano siti gli immobili rispetto al contesto esistente al momento del classamento originario;
che la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che il provvedimento di riclassamento de quo contiene un generico riferimento ai rapporti tra microzone, al relativo scostamento e ai provvedimenti amministrativi posti a fondamento del riclassamento – tra i quali la richiesta del Comune d Lecce di attivare il processo di revisione parziale del classamento catastale – mancando del tutto in essi l’indicazione di fatti e circostanze che avevano determinato il diverso classamento;
che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre la contribuente non si costituiva.
Ragioni della decisione
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, per non avere la sentenza impugnata sospeso il giudizio in attesa dell’esito del giudizio pendente presso il giudice amministrativo sulla legittimità degli atti a monte dell’avviso di classamento per cui è causa;
considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 335 della legge n. 311 del 2004, e dell’art.7 della legge n. 212 del 2000 in quanto non sarebbe necessario indicare nell’atto di classamento specifiche caratteristiche dell’immobile, perché non si tratterebbe di una revisione puntuale del classamento ma di un aumento delle rendite catastali in microzone anomale, necessario per attenuare il diverso mancato aggiornamento delle rendite catastali;
ritenuto che il primo motivo non è fondato in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in un momento successivo all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015, e in cui quindi non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., essendo eventualmente applicabile l’art. 337, comma 2, cod. proc. civ., che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 29553/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che con il vizio denunciato non si censura l’art. 337 comma 2, c.p.c., resta il fatto che tale norma non obbliga il giudice a procedere alla sospensione (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 17413/2018; 17412/2018);
considerato che il processo tributario può essere sospeso ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie: tale norma dispone una deroga – in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 999/2016);
che il successivo comma 1 bis dell’art. 39 – aggiunto dall’art. 9, comma 1, lett. o), del dlgs. ti. 156 del 2015, a decorrere dal 1 gennaio 2016 – (“La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”) non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 17413/2018; 17412/2018);
ritenuto che il secondo motivo non è fondato in quanto questa Corte ha affermato che in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 17413/2018; 17412/2018; 8741/2018); né può ritenersi sufficiente a tal fine il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici effettuati per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano nonché ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”. E ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera). Di talché le espressioni surriportate non sono tali da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni a base della pretesa impositiva, così da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 22900/2017; 3156/2015);
considerato quindi che non sussiste neppure violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 in quanto, carne già affermato da questa Corte proprio con riferimento alla procedura di cui al comma 335 cit. in relazione all’art. 7 cit., «la revisione della classificazione di un immobile deve essere motivata in termini che esplicitino in maniera intellegibile le specifiche giustificazioni della riclassificazione concretamente operate (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 11477/2018)»;
considerato inoltre che, secondo le sezioni unite, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SU n. 7665/2016: nello stesso senso Cass. Nn. 25960/2018; 23792/2018);
considerato, ancora, che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che «la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (art. 1 della legge n. 311 del 2004) non presenta profili di irragionevolezza [in quanto] la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sui dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene», evidenziando però che «la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano provvedimento»;
ritenuto pertanto che il ricorso va respinto e, non essendosi costituita la contribuente, nulla va statuito in merito alle spese.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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