CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2018, n. 17636

Tributi – IRAP – Professionista – Attività di consulenza ingegneristica – Utilizzo promiscuo dell’abitazione e assenza di personale – Ammontare elevato dei compensi – Spese per immobili, compensi a terzi collaboratori, spese per prestazioni alberghiere e di rappresentanza – Elementi indicativi di “autonoma organizzazione” – Esclusione

Ritenuto che

S. M. impugnava innanzi alla CTP di Milano l’avviso di accertamento n. R1P014000997 con il quale il l’Ufficio, rettificando la dichiarazione mod. Unico presentata per l’anno di imposta 2003, accertava una maggiore IRAP per euro 6.801,00 ed irrogava le relative sanzioni, eccependo l’assenza, nella propria attività di “consulenza ingegneristica”, dei presupposti di imposizione previsti dalle disposizioni di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 con particolare riguardo all’esercizio di una attività autonomamente organizzata. La CTP, rigettava il ricorso. Il contribuente spiegava appello innanzi alla CTR della Lombardia, che respingeva il gravame con sentenza n. 13/15/10. S. M. ricorre per cassazione, svolgendo due motivi, illustrati con memorie. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, nonché per insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 3, e 5, c.p.c.), formulando il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “La Commissione Tributaria Regionale di Roma, peraltro partendo dall’erroneo presupposto che trattavasi di imposta chiesta a rimborso dal contribuente, ha ravvisato la sussistenza dell’autonoma organizzazione e, dunque, la conseguente assoggettabilità ad IRAP in forza del principio recato dall’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, pur in assenza di analisi quantitativa dell’organizzazione posta in essere dal professionista. Stabilisca, quindi, la Suprema Corte se, nel caso di specie – e alla luce della consolidata giurisprudenza sia di merito che di legittimità – l’attività di lavoro autonomo svolta dallo stesso ricorrente in assenza di complessa organizzazione strutturale e personale integri il requisito dell’autonoma organizzazione rilevante ai fini del presupposto impositivo, anche in considerazione dell’avvenuto sostenimento di spese necessarie e strumentali per lo svolgimento dell’attività stessa, proprio perché questa non può essere esercitata in assenza di strumenti logistici e tecnici, seppure minimi”.

2. Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 3 e n. 5 c.p.c.), formulando il seguente quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.: “La Commissione Tributaria Regionale, partendo dall’erroneo presupposto che la controversia fosse stata originata da un silenzio – rifiuto formatosi a seguito dell’istanza di rimborso IRAP versata dal contribuente, ha rigettato le doglianze di parte ravvisando in capo a quest’ultimo l’omesso assolvimento dell’onere probatorio, anziché confermare che il suddetto onere doveva essere assolto dall’Ufficio avendo, questi, assolto la pretesa impositiva in un avviso di accertamento. Stabilisca, quindi, la Suprema Corte se nel caso in cui la maggiore IRAP (e le connesse sanzioni) siano richieste mediante l’emissione di un avviso di accertamento sia l’Ufficio a dover fornire la prova della pretesa così formalizzata, sulla scorta dei principi anche civilistici (art. 2697 c.c.) che nel processo tributario governano la ripartizione dell’onere probatorio”.

3. Va preliminarmente precisato che, nella specie, considerato che la sentenza della CTR risulta depositata in data 3.2.2010, il ricorrente non era tenuto alla formulazione del quesito di diritto, atteso che l’art. 366 bis c.p.c., abrogato dall’art. 47 I. n. 69 del 2009, lo imponeva in caso di impugnazione di una sentenza pubblicata tra il 2.3.2006 ed il 4.7.2009.

4. Il primo motivo di ricorso è fondato, per le considerazioni che seguono.

4.1. In tema di Irap, il presupposto dell’autonoma organizzazione richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997 ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga della collaborazione di altri professionisti, stante il presumibile intento di giovarsi di reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze (Cass. n. 1136 del 2017).

Il contribuente al fine di sottrarsi all’applicazione del tributo è tenuto a dimostrare di non fruire dei benefici organizzativi (Cass. n. 24088 del 2016).

Orbene nella specie, non è controverso che il contribuente svolge attività di consulenza ingegneristica, utilizzando promiscuamente la propria abitazione, senza lavoratori dipendenti. L’Ufficio ha giustificato la debenza fiscale assumendo che S. M. risulta avere percepito un elevato ammontare di compensi, e sostenuto negli anni rilevanti spese per gli immobili, corrispondendo compensi a terzi collaboratori, spese per prestazioni alberghiere e di rappresentanza.

Questa Corte ha affermato il principio, a cui si intende dare continuità, secondo cui il valore assoluto dei compensi ed il valore assoluto dei costi (così come il loro reciproco rapporto percentuale) non costituiscono infatti elementi utili per desumere l’esistenza di una “autonoma organizzazione” (Cass. n. 8728 del 2018), atteso che i compensi elevati possono essere di per sé sintomo anche del mero valore ponderale specifico dell’attività professionale esercitata e l’elevato ammontare delle spese può derivare da costi che sono strettamente afferenti all’aspetto personale dell’attività professionale (spese alberghiere o di rappresentanza, carburante ecc.) e costituenti mero elemento passivo per l’esercente l’attività professionale, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate, pertanto, all’implementazione dell’aspetto organizzativo, e perciò stesso inidonee a descrivere il modo in cui l’attività è concretamente esercitata.

4.2. Quanto poi all’elemento dei costi per prestazioni di terzi, il superficiale esame fattone dal giudicante va apprezzato alla luce del principio enunciato dalla decisione di questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui : “A norma del combinato disposto del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 primo periodo, e art. 3, comma 1, lettera c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui all’art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31.12.2003), ovvero all’art. 53, comma 1 (nella versione vigente dal 1.1.2004), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” (Cass.S.U. n. 9451 del 2016).

Si è anche precisato, con la decisione richiamata, che fra “gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità necessarie, accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi personali di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica (professionalità espressa nella) <<attività diretta allo scambio di beni o di servizi>>, di cui fa discorso l’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l’arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure di confine individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte. È, infatti, in tali casi che può parlarsi, per usare una espressione del giudice delle leggi, di valore aggiunto o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di quel qualcosa in più” (Cass. n. 9451 del 2016).

Pertanto, l’impiego di beni strumentali deve essere eccedente, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure il professionista si deve avvalere in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

4.3. In ragione dei rilievi espressi, non emerge dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata che il giudicante abbia dato atto ad un tale riguardo, già valorizzando l’aspetto dell’ammontare degli esborsi annui verso terzi, che essi siano stati utilizzati per ottenere una collaborazione di genere personale superiore rispetto al livello di soglia così determinato dalla giurisprudenza richiamata, sul presupposto che esso sia da considerarsi “indispensabile” per l’espletamento di qualsivoglia genere di attività professionale (Cass. n. 20088 del 2016; Cass. n. 22695 del 2016; Cass. n. 20610 del 2016). Ne consegue che la CTR è incorsa nella denunciata violazione di legge, ritenendo la sussistenza di una autonoma organizzazione, in difetto della valutazione della consistenza di detti elementi in rapporto a principi giurisprudenziali che identificano i caratteri qualificanti il presupposto dell’imposta, laddove non può ritenersi che le spese per compensi a terzi per prestazioni afferenti all’attività professionale, in assenza di rapporto di lavoro dipendente, che, nella specie, il contribuente riferisce a tre fatture per consulenze a professionisti, siano espressione di autonoma organizzazione, in quanto non indicative di significativo apporto di terzi (Cass. 26332 del 2017).

5. All’accoglimento del primo motivo di ricorso, consegue l’assorbimento del secondo.

In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata e, ricorrendone le condizioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di controversie, rispetto all’epoca della introduzione della lite, suggerisce la compensazione integrale delle spese di giudizio di ogni fase e grado.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.