CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 luglio 2021, n. 18991
Tributi – Contenzioso tributario – Appello – Sentenza – Motivazione astratta – Nullità
Rilevato che
− la N. S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento ai fini IVA, IRES e IRAP (anno 2005) notificatole dall’Agenzia delle Entrate contenenti rilievi riguardanti costi non di competenza dell’esercizio, indebita deduzione di costi non documentati e omessa registrazione di ricavi; la società affermava la nullità dell’atto impositivo perché contenente rinvio a p.v.c. non allegato e contestava la pretesa dell’Agenzia sostenendo che i costi il cui valore non era determinabile nel 2004 erano stati fatturati e computati nell’anno d’imposta 2005, che la fattura di M.G.M. era attinente a indagini di mercato svolte per la N. e che le discrasie tra quattro dd.dd.tt. (corretti a penna) e le fatture emesse erano dovute ad uno scostamento di peso riscontrato al momento della consegna;
− la C.T.P. di Lucca, respinta l’eccezione preliminare di nullità dell’avviso, accoglieva il ricorso della società;
− la C.T.R. della Toscana – con la sentenza n. 1126/1/14 del 4/6/2014 – respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate con la seguente motivazione: «Il gravame deve essere rigettato. In quanto il giudice di prime cure ha correttamente ritenuto che la corrispondenza intercorsa dimostrasse effettività ed inerenza delle operazioni documentate nella fattura “M.”. Inoltre le spese per prestazioni professionali (avvocato e commercialista), per servizio V., pur dovute per attività svolte nel 2004, ben possono aver raggiunto i requisiti di certezza anche nell’ammontare solo nel 2005 (essendo frequente che i professionisti quantifichino puntualmente le loro competenze solo dopo un certo tempo, nel caso di specie di pochi giorni). L’omessa registrazione di modeste operazioni attive ben si può infine giustificare con differenze di peso rilevate dal destinatario (si tratta infatti di 4 fatture su 2000)»;
− avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi;
– l’intimata N. S.r.l. non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
Considerato che
1. L’Agenzia delle Entrate deduce, col primo motivo, la nullità della sentenza (ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la C.T.R. reso una sentenza mancante di una motivazione relativa al dettagliato e specifico appello dell’Agenzia: in particolare, l’Amministrazione aveva specificato che i costi afferenti all’anno 2004 (dettagliatamente riportati nell’appello) e i documenti corrispondenti erano già nella disponibilità della N. (essendo stati presi in considerazione nel bilancio societario approvato il 30/4/2005) e, dunque, in base al principio di competenza gli stessi non potevano essere computati nel successivo anno d’imposta; inoltre, col gravame si era lamentata l’insufficienza degli elementi forniti a dimostrare l’inerenza all’attività della fattura “M.”, posto che le risultanze probatorie dimostravano il contatto tra i soggetti ma non la qualità della spesa o il suo collegamento con l’attività della società; infine, in riferimento ai maggiori ricavi non contabilizzati, l’Agenzia asseriva che non vi era prova del numero delle bolle di accompagnamento indicato dalla controparte (2000) e che la mancanza di corrispondenza tra i dati dei dd.dd.tt. e quelli riportati nelle fatture non poteva trovare giustificazione nel dedotto scostamento di peso rilevato alla consegna, posto che risultavano ridotti i colli consegnati e l’emissione delle fatture era posticipata di una settimana e, quindi, la N. aveva piuttosto, al momento della fatturazione, diminuito artificiosamente i quantitativi di merce effettivamente consegnati.
Con la seconda censura (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 109 T.U.I.R. e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la C.T.R., con argomentazioni apodittiche e non corrispondenti alle deduzioni della parte appellante, ammesso alla deduzione, nel 2005, costi che già nell’anno d’imposta 2004 erano certi o determinabili (violando così il criterio di competenza a favore del criterio di cassa), peraltro assolvendo la società dall’onere della prova sulla stessa incombente.
Anche col terzo motivo, in parte sovrapponibile al primo, si denuncia la nullità della sentenza (ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) per motivazione apparente, avendo la C.T.R. reso una motivazione apparente, priva dell’illustrazione dell’iter logico della decisione in relazione alle censure svolte dall’appellante.
2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché logicamente connessi, sono fondati.
La stringata motivazione della sentenza della C.T.R. (sopra riportata) non prende in esame le censure rivolte alla decisione di prime cure dall’Agenzia delle Entrate e, genericamente e apoditticamente (e, cioè, senza fornire alcuna risposta alle doglianze formulate), liquida le ragioni fatte valere nell’appello con un generico rinvio alla «corrispondenza intercorsa» per quanto concerne il denunciato difetto di inerenza della fattura “M.”, con un astratto e ipotetico ragionamento sul momento in cui le prestazioni professionali (e non solo, dato il richiamo del servizio V.) svolte potrebbero aver raggiunto i requisiti di certezza necessari per essere considerate nell’esercizio fiscale e con una tautologica affermazione sulla contestata omessa registrazione di operazioni imponibili.
La sentenza è priva di un supporto argomentativo idoneo a dimostrare che il giudice d’appello abbia compreso ed esaminato le doglianze dell’appellante e le risultanze probatorie dalla stessa indicate; si tratta, dunque, di motivazione al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 7/4/2014).
Si rileva, inoltre, che una motivazione astratta (come quella secondo cui «le spese per prestazioni professionali (avvocato e commercialista), per servizio V., pur dovute per attività svolte nel 2004, ben possono aver raggiunto i requisiti di certezza anche nell’ammontare solo nel 2005>>) viola il disposto dell’art. 2697 cod. civ. (come denunciato nel secondo motivo), atteso che <<L’indeterminabilità delle componenti negative del reddito d’impresa che, … consente al contribuente di derogare al generale principio per cui le suddette componenti vanno imputate all’esercizio di competenza, sussiste non già per il solo fatto che il creditore del contribuente non abbia quantificato la propria pretesa ovvero non abbia emesso la fattura per le prestazioni erogate, ma solo quando tale quantificazione sia stata impedita da circostanze obiettive, la cui indicazione è posta a carico del contribuente al quale incombe l’onere di fornire la prova della certezza e determinabilità delle componenti negative del reddito.» (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 11596 del 04/05/2021; nello stesso senso, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15320 del 06/06/2019, Rv. 654152-01, secondo cui «l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio sociale incombe all’Amministrazione finanziaria per quelle positive, ed al contribuente per quelle negative»).
3. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso;
cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
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