CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2020, n. 18625
Tributi – Imposta di registro – Accertamento – Avviso di liquidazione – Atto di autoriduzione quantitativa della originaria pretesa impositiva – Effetti – Revoca parziale della pretesa tributaria con validità dell’atto originario
Svolgimento del processo
La Commissione tributaria provinciale di Crotone, con sentenza n. 80/15, sez. 2, accoglieva i ricorsi proposti della V. 1 C.R. srl e da P.A. e P.T. avverso l’avviso di liquidazione 2011/ORA00006 per imposta di registro.
Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla CTR Calabria che, con sentenza 710/2018, dichiarava cessata la materia del contendere per intervenuto atto di autoannullamento.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.
I contribuenti non hanno resistito con controricorso.
La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis cpc.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia contesta la decisione impugnata deducendo che, nel caso di specie, vi era stato un annullamento parziale dell’accertamento con conseguente riduzione della pretesa fiscale senza che l’atto emanato in autotutela avesse sostituito integralmente il precedente.
Il motivo è fondato.
Risulta invero dall’atto (trascritto nel ricorso) di modifica in diminuzione del precedente avviso di accertamento che con esso si era preceduto alla diminuizione dell’importo richiesto calcolato non più sul periodo di 29 anni bensì di 26.
Ciò ha comportato non già la sostituzione dell’atto impositivo originariamente opposto dal contribuente bensì la sua mera riduzione quantitativa.
Ciò esclude che ci si trovi di fronte ad un caso di vera e propria autotutela sostitutiva (ipotesi alla quale, soltanto, si riferisce l’orientamento di legittimità invocato dalla impugnata sentenza (Cass. 17119/07). Nel caso di specie sussiste piuttosto un’ipotesi di mera autoriduzione quantitativa della originaria pretesa impositiva; fermi restando i presupposti costitutivi del rapporto tributario, così come evincibili dall’atto di accertamento (vedi in questo senso Cass. 2246/18).
Ciò corrisponde al principio secondo cui “in tema di accertamento delle imposte, la modificazione in diminuzione dell’originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, limitandosi a ridurre quella originaria, per cui non costituisce atto nuovo, ma solo revoca parziale di quello precedente” (Cass. 11699/16, richiamante Cass. 22019/2014; Cass. 937/2009).
In ragione di ciò appare errata la decisione del giudice di secondo grado di ritenere la cessazione della materia del contendere.
L’atto impugnato, infatti è rimasto del tutto vigente sia pure recante una minore pretesa debitoria con la conseguente permanenza dell’interesse dell’Agenzia a vedere riconosciuto il proprio credito tributario e quello oppositivo dei contribuenti, volto a negare la pretesa.
Da ciò, l’effettiva necessità che il giudice territoriale, si pronunciasse – ponendosi, in tal modo, pur sempre nell’ambito della tipica cognizione di impugnazione/merito sui limiti di legittimità dell’atto impositivo opposto – sulla fondatezza della (residua) pretesa erariale.
Il ricorso va quindi accolto nei termini di cui sopra, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR Calabria, in diversa composizione, per nuovo giudizio e per la liquidazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Calabria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.
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