CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2020, n. 28046
Tributi – Associazione sportiva dilettantistica – Accertamento natura commerciale dell’attività – Recupero dell’IVA – Procedura di scorporo – Esclusione – Applicazione dell’imposta alle quote versate dai clienti – Detrazione dell’imposta per operazioni passive – Esclusione
Rilevato che
Sulla scorta di verifica fiscale della Guardia di Finanza nei confronti dell’associazione sportiva dilettantistica F. M. per gli anni 2001-2002-2003 (in relazione ai quali era stata omessa la presentazione delle dichiarazioni IVA), l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento con cui recuperava a tassazione tutte le operazioni effettuate dall’associazione nei predetti anni di imposta, ritenendo simulato l’espletamento di un’attività di tipo associativo (con correlata non imponibilità ai fini IVA dei proventi) rispetto all’effettivo esercizio di un’attività commerciale di gestione di palestre;
La C.T.P. di Milano accoglieva parzialmente il ricorso, dichiarando la natura commerciale dell’attività svolta dall’associazione e la conseguente omessa annotazione e dichiarazione di operazioni imponibili, ma rideterminando la maggiore IVA dovuta per effetto del riconoscimento della detraibilità dell’imposta per operazioni passive relative a fatture emesse dalla B&T S.r.l. e dello scorporo dai corrispettivi percepiti dell’importo corrispondente all’IVA;
la C.T.R. della Lombardia, con la sentenza n. 138/06/11 del 14/7/2011, respingeva gli appelli dell’Agenzia delle Entrate e dell’a.s.d. F. M.;
avverso tale decisione l’associazione sportiva dilettantistica F. M. e il coobbligato V.B. proponevano ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;
con ricorso successivo, basato su due motivi, anche l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la medesima sentenza.
Considerato che
1. Preliminarmente, si deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso di V.B., non essendo stato evocato in questo giudizio, al quale non ha partecipato nemmeno nei gradi precedenti.
2. Col primo motivo la F. M. deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) dell’art. 4, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972, reputato dalla C.T.R. inapplicabile alla fattispecie, e vizio di motivazione (ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.) per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato «dalla necessaria valutazione dell’attività in concreto svolta» dall’associazione.
3. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
La violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972 è insussistente, atteso che la C.T.R. ha ritenuto non applicabile al caso di specie la suddetta disposizione – che prevede l’esclusione dalla base imponibile dei corrispettivi specifici percepiti da enti di tipo associativo a fronte di prestazioni rese ai soci in conformità alle finalità istituzionali degli enti medesimi – sul rilievo che, in base al materiale probatorio acquisito ed esaminato, non ricorressero tali presupposti, dato che la contribuente svolgeva attività commerciale e non di tipo associativo.
Quanto al dedotto vizio di omessa motivazione su fatto decisivo e controverso (costituito dalla conformità dell’attività in concreto svolta dall’associazione alle finalità istituzionali), non sussiste l’anomalia motivazionale denunciata perché il giudice di appello ha ampiamente illustrato le ragioni che l’hanno indotto a ritenere che l’associazione esercitasse in realtà attività commerciale, elencando le circostanze atte a far presumere che, in concreto, erano state eluse dalla contribuente le finalità proprie dell’associazione e perseguite quelle tipiche delle società commerciali.
4. Col secondo motivo l’associazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 2730 e 2735 cod. civ., nonché nullità del procedimento (ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.), per avere la C.T.R. ritenuto che l’associazione sportiva dilettantistica perseguisse scopi di natura prettamente commerciale sulla scorta di un documento informatico erroneamente valutato e inesattamente qualificato come «confessione stragiudiziale».
5. Il motivo è inammissibile.
Infatti, la ricorrente censura la qualificazione del documento informatico come confessione stragiudiziale fornendo una diversa lettura dello stesso.
In realtà, oltre al documento predetto (e al di là della correttezza della sua qualificazione) la C.T.R. ha elencato numerosi elementi probatori – risultanti dalla verifica e dall’accertamento, non contestati e puntualmente indicati – per dare supporto all’affermazione per cui la F. M. non aveva le caratteristiche di associazione sportiva dilettantistica.
La censura si manifesta inammissibile, sia perché pretende da questa Corte di legittimità una diversa valutazione del materiale probatorio, sia perché considera atomisticamente uno degli elementi probatori (come se fosse l’unico sul quale si fonda la sentenza) pur avendo il giudice di merito esaminato le prove nel loro complesso.
6. Col terzo motivo la F. M. deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché nullità della sentenza (ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) per minuspetizione, perché la C.T.R. non avrebbe pronunciato sul motivo di impugnazione proposto nel giudizio di appello con riferimento all’illegittimità dell’accertamento in quanto atto contraddittorio rispetto all’accertamento condotto nei confronti della B. & T. S.r.l., soggetto considerato effettivo possessore del reddito.
7. Col quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché la nullità del procedimento (ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) per minuspetizione, stante la dedotta mancanza di motivazione, in fatto e in diritto, riguardo alle ragioni della reiezione del motivo di impugnazione proposto nel giudizio di appello e indicato col terzo motivo.
8. I predetti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto volti a censurare la medesima questione di violazione di norme procedurali per omessa pronuncia (sul motivo di illegittimità dell’accertamento asseritamente contraddittorio rispetto a quello condotto nei confronti della B. & T. s.r.l., considerata quale soggetto effettivo possessore del reddito) sono inammissibili per difetto di specificità ed autosufficienza, non avendo la ricorrente avuto cura di riportare nel ricorso, nei suoi esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, il contenuto della domanda pretermessa, onde consentire a questa Corte di verificare che al giudice del merito sia stata effettivamente rivolta una domanda autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata in primo grado e riproposta in grado di appello, per la quale quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile.
9. Venendo al ricorso successivo, l’Agenzia delle Entrate, col primo motivo, deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. 13 e 22 del D.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere che l’imponibile accertato, corrispondente alla somma degli abbonamenti versati per l’utilizzo della palestra gestita dall’associazione, fosse comprensivo di IVA, essendo del tutto irrilevante il riferimento dei giudici d’appello all’art. 22 del citato D.P.R., che, per le imprese esercitate in locali aperti al pubblico, esclude l’emissione della fattura, ma non degli scontrini fiscali e impone comunque la registrazione dei proventi nei registri contabili obbligatori.
10. Il motivo è fondato.
I giudici di merito hanno scorporato l’imposta inclusa nei corrispettivi in base all’art. 22, comma 1, n. 4, D.P.R. n. 633 del 1972, il quale esclude l’obbligo di emissione di fattura «per le prestazioni di servizio rese nell’esercizio di imprese in locali aperti al pubblico», ritenendo che le quote versate dagli associati fossero comprensiva dell’IVA.
La citata disposizione non è però rilevante nella fattispecie, poiché la contribuente, agendo formalmente (ma simulatamente) come associazione sportiva dilettantistica, godeva (indebitamente) della non imponibilità ai fini IVA dei proventi, prevista dall ‘art. 4, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972, sicché necessariamente le quote versate dai clienti della palestra venivano riscosse al netto di qualsiasi tipo di imposta, senza che assuma rilievo il fatto che le prestazioni di servizio fossero rese nell’esercizio di impresa in un locale aperto al pubblico.
11. Col secondo motivo, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) degli artt. del combinato disposto degli artt. 5 D.Lgs. n. 471 del 1997, 19 e 55 D.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la sentenza impugnata ha ammesso in detrazione le fatture passive emesse dalla fornitrice B. & T. S.r.l. anche se non registrate contabilmente e in difetto di liquidazioni periodiche e di dichiarazioni annuali.
12. Anche questo motivo è fondato.
Come già statuito da questa Corte in fattispecie quasi identica (Cass. 6934/2017, tra le stesse parti), si deve escludere il diritto alla detrazione dell’IVA al soggetto passivo che abbia disatteso i requisiti formali previsti dalla normativa nazionale, in particolare dall’art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972 («Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo»), perché le modalità procedurali ed i termini previsti dalla disciplina nazionale per l’assolvimento degli obblighi dichiarativi non sono meno favorevoli di quelli spettanti ai singoli in forza del diritto UE e non rendono praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.
Nel caso in esame, poi, la contribuente, simulando l’espletamento di un’attività di tipo associativo, e quindi godendo della non imponibilità ai fini IVA dei proventi conseguiti, ma di fatto svolgendo un’attività commerciale di gestione di palestre, ha intenzionalmente eluso la normativa fiscale, omettendo di tenere la dovuta contabilità, quindi di registrare le fatture emesse e pagate, nonché di presentare le relative dichiarazioni, che è comportamento idoneo a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA e ad escludere il diritto alla detrazione.
Risulta poi ampiamente superato il termine fissato dall’art. 19 D.P.R. n. 633 del 1972, che stabilisce al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto il limite per la presentazione della relativa dichiarazione.
13. In conclusione, il ricorso di B. è inammissibile e quello dell’associazione F. M. è respinto, mentre va accolto quello dell’Agenzia delle Entrate, essendo fondati entrambi i motivi.
Di conseguenza, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Il presente giudizio è anteriore all’entrata in vigore dell’art. 13, comma 1 -quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico in materia di spese di giustizia), introdotto dall’art. 1, comma 17, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di V.B.; rigetta il ricorso dell’associazione F. M.; accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 16489 depositata il 23 maggio 2022 - I requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l'estensione di tale diritto, come quelli previsti nel capo 1 del titolo X della…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 febbraio 2021, n. 5153 - Il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell'esenzione dall'IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 marzo 2020, n. 7488 - Il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell'esenzione dall'IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 13 gennaio 2022, n. C-156/20 - L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso…
- Corte di Giustizia, nella causa C-895/19 depositata il 18 marzo 2021 - Gli articoli 167 e 178 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ostano a una normativa nazionale in…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…
- In caso di errori od omissioni nella dichiarazione
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10415 depos…
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…