CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 giugno 2021, n. 16144
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Incongruenza tra ricavi dichiarati e ricavi elaborati – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Rilevato che
1. con sentenza n. 110/36/13 del 22/05/2013 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Alessandria (di seguito CTP) n. 12/04/12, con la quale era stato accolto il ricorso di A. S. nei confronti di un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2004;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso in applicazione degli studi di settore;
1.2. la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che la consulenza tecnica d’ufficio, espletata in primo grado, aveva concluso per la non emersione di elementi tali da far presumere che la ditta S. avesse potuto conseguire ricavi maggiori di quanto dichiarato;
2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
3. A. S. non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimato.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 62 sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, dell’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la sentenza impugnata avrebbe gravato l’Ufficio di fornire elementi idonei a supportare le risultanze dello studio di settore, mentre avrebbe dovuto essere il contribuente a giustificare lo scostamento;
2. il motivo è fondato;
2.1. gli accertamenti a mezzo studi di settore sono stati introdotti dall’art. 62 sexies, comma 3, del d.l. n. 331 del 1993, secondo il quale «gli accertamenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), (…) e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, (…) possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62 bis, del presente decreto»;
2.1.1. la menzionata disposizione autorizza, pertanto, l’Ufficio finanziario, allorché ravvisi siffatte «gravi incongruenze», a procedere all’accertamento induttivo anche fuori delle ipotesi previste dalla legge ed, in particolare, anche in presenza di una tenuta formalmente regolare della contabilità, e senza obbligo di ispezione dei luoghi, se non assolutamente necessaria (cfr. Cass. n. 5977 del 14/03/2007; Cass. n. 8643 del 06/04/2007; Cass. n. 3302 del 13/02/2014);
2.1.2. ed infatti, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore differisce dalla procedura di accertamento di cui al d.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, rispetto alla quale costituisce uno strumento alternativo disponibile per l’Amministrazione finanziaria, proprio in quanto – al contrario di questa – è del tutto indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass. n. 23096 del 14/12/2012; Cass. n. 20060 del 24/09/2014);
2.1.3. la modalità di una simile tipologia di accertamento è stata precisata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 26635 del 18/12/2009), le quali hanno evidenziato che:
a) l’applicazione degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio – da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento – con il contribuente;
b) nell’ambito del contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame;
c) l’eventuale avviso di accertamento emesso all’esito del contraddittorio non può essere motivato unicamente sul rilievo dello scostamento, ma deve essere integrato con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente;
d) ove, invece, il contribuente non abbia preso parte al contraddittorio al quale sia stato regolarmente convocato, assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”; e) in ogni caso (e, dunque, anche nel caso di mancata partecipazione al contraddittorio), il contribuente mantiene la più ampia facoltà di giustificare, in sede giudiziale, lo scostamento dagli standars (si veda, ex multis, anche Cass. n. 11633 del 15/05/2013; Cass. n. 17646 del 06/08/2014; Cass. n. 9484 del 12/04/2017; Cass. n. 21754 del 20/09/2017; Cass. n. 27617 del 30/10/2018; Cass. n. 16545 del 20/06/2019; Cass. n. 14981 del 15/07/2020);
2.1.4. il sistema di accertamento a mezzo studi di settore è stato, altresì, ritenuto legittimo, sebbene con esclusivo riferimento all’IVA, da parte della Corte di giustizia della UE (CGUE 21 novembre 2018, in causa C-648/16, Fortunata);
2.2. ciò premesso, nel caso di specie la CTR ha errato, riportandosi alla espletata consulenza tecnica d’ufficio, a prendere in considerazione le scritture contabili della ditta S. al fine di ritenere l’infondatezza dell’accertamento, in quanto, come più sopra precisato, le modalità di accertamento prescindono dai risultati emergenti dalla contabilità;
2.3. la CTR ha, altresì, errato nell’affermare che, a fronte delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, gravi sull’Amministrazione finanziaria l’onere di corroborare ulteriormente gli elementi indiziari posti a base dell’accertamento, la cui legittimità non è stata, peraltro, posta in discussione dalla sentenza impugnata;
2.3.1. come più sopra evidenziato, a fronte dell’espletamento del contraddittorio e dell’emissione dell’avviso di accertamento, la prova della sussistenza di un reddito inferiore a quello risultante dall’applicazione dello standard grava sul contribuente;
2.3.2. e tale prova in concreto non risulta essere stata fornita a mezzo l’espletata consulenza tecnica d’ufficio, che ha offerto solo una presunzione diversa e contraria rispetto a quella fornita dall’Ufficio e la cui validità non è suffragata da alcuna disposizione di legge;
3. con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame od omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso, costituito dal materiale probatorio offerto dall’Ufficio;
4. il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso;
5. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.