CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2018, n. 11218
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Ditta individuale – Notificazione del decreto di convocazione e del ricorso per l’udienza prefallimentare presso la sede dell’impresa risultante dalla visura camerale – Validità
Rilevato che
C. L. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Roma che ne ha rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento;
deduce cinque motivi ai quali replica con controricorso il creditore istante, Cassa edile di mutualità e assistenza di Roma e Provincia.
Considerato che
col primo motivo il ricorrente, denunziando la violazione e falsa applicazione degli artt. 138 e seg. cod. proc. civ., eccepisce l’invalidità della notifica del ricorso per dichiarazione di fallimento e dell’annesso decreto di convocazione di cui all’art. 15 legge fall., in quanto eseguita presso la sede della ditta risultante dalla certificazione della c.c.i.a.a. e non, invece, presso la residenza; col secondo motivo denunzia la nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, cod. proc. civ.) per mancata valutazione delle prove documentali asseritamente a sostegno della residenza effettiva e anagrafica in Roma, via Policrate di Sarno 42, fin dal 2006; i motivi, anche a sorvolare sulla chiara inammissibilità del secondo, che erroneamente traduce la doglianza sulla valutazione della prova in una sorta di vizio di attività, sono manifestamente infondati; come giustamente osservato dalla corte d’appello, al procedimento in esame si applicava l’art. 15 legge fall, in versione anteriore al d.l. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni in I. n. 221 del 2012, in quanto il procedimento era stato introdotto prima del 31-12-2013; l’impugnata sentenza ha accertato in fatto che alla data del ricorso per dichiarazione di fallimento (14-11-2013) la sede legale dell’impresa individuale, emergente dal certificato della c.c.i.a.a., era posta in Acilia, vicolo del Dragone; in tale luogo la notifica era stata eseguita e si era perfezionata mediante consegna dell’atto alla sorella del destinatario, Valentina L., la quale, in base a quanto evidenziato nello stesso ricorso (pag. 8), si era dichiarata “capace e convivente”; tale sequenza di affermazioni integra un accertamento di fatto a proposito della sede effettiva dell’impresa in quel luogo e, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, è valida la notificazione del decreto di convocazione e del ricorso per l’udienza prefallimentare all’imprenditore individuale eseguita presso la sede della sua impresa come risultante dalla visura camerale, ove ritenuta dal giudice del merito quale domicilio della parte sulla base di accertamento di fatto (v. Cass. n. 21896-13); non assume rilevanza l’obiezione incentrata sulla cessazione di attività alla data del 30-12-2012 e sulla presentazione della domanda di cancellazione dal registro delle imprese in data 23-1- 2013; in disparte che dalla sentenza risulta che la cancellazione non era stata annotata, e che tanto è ammesso dallo stesso ricorrente mediante l’assunto che la cancellazione era avvenuta solo in data 21-9-2015, vi è che il ricorso per dichiarazione di fallimento è validamente notificato al debitore presso la sede dell’impresa individuale pur dopo la sua cancellazione dal registro delle imprese (che ha valore di pubblicità dichiarativa) e indipendentemente dal regime di opponibilità degli atti in esso iscritti, quando sia stata ritenuta la prova della diversa situazione di fatto e, cioè, della perdurante domiciliazione del suo titolare presso l’azienda (v. Cass. n. 10104-14); ciò la corte territoriale ha logicamente (e plausibilmente) desunto dall’avvenuta ricezione della notifica da parte della sorella del destinatario, nel luogo indicato, previa di dichiarazione di convivenza; col terzo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza e del procedimento per avere la corte d’appello ammesso nuove prove prodotte solo in fase di reclamo, in violazione dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ.; il motivo è manifestamente infondato, dal momento che nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, come disciplinato dall’art. 18 legge fall, nel testo novellato dal d.lgs. n. 169 del 2007, è consentita, da parte del resistente, la produzione di nuovi documenti a confutazione della tesi sostenuta nel reclamo (v. da ultimo in linea generale Cass. n. 2235-17, e v. pure Cass. n. 613- 17, Cass. n. 6835-14, Cass. n. 9174-12, Cass. n. 22546-10); col quarto motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ. per avere la corte d’appello ritenuto applicabile tale norma alle imprese individuali; il motivo è inammissibile poiché estraneo alla ratio deciderteli, che non si rinviene nell’affermazione di applicabilità dell’art. 2495 cod. civ. quanto piuttosto – come detto – nell’accertamento circa la permanenza della sede dell’impresa nel luogo risultante dalla visura camerale; infine col quinto motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per mancata valutazione delle prove documentali a sostegno della inesistenza dei presupposti di fallibilità di cui all’art. 1, n. 2, legge fall.; il motivo, in prospettiva di autosufficienza, è inammissibile per novità giacché dalla sentenza si evince che il reclamo era stato affidato, nel merito, alla sola deduzione di insussistenza dello stato di insolvenza ex art. 5 legge fall.; è poi inammissibile anche per come formulato, non essendo la doglianza sulla valutazione della prova declinabile come vizio formale della sentenza rilevante ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.; le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 6.100,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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