CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 marzo 2022, n. 7626

Tributi – IVA – Detrazione – Acquisti di servizi di autonoleggio

Rilevato che

– in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia, disconoscendo il diritto della società contribuente T.H.N. alla detrazione dell’IVA assolta su acquisti di servizi di autonoleggio, chiedeva la restituzione delle somme a tale titolo rimborsate alla società contribuente nell’anno di imposta 2011, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR del Lazio, accogliendo l’appello dell’Ufficio, confermava la legittimità dell’impugnato avviso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Considerato che

1. Con ricorso affidato ad unico motivo, la società ricorrente deduce la nullità della sentenza d’appello per omessa pronuncia sull’eccezione relativa all’inesegibilità del tributo in ipotesi di affidamento del contribuente in precise determinazioni dell’amministrazione finanziaria.

1.1 Occorre premettere che con il motivo in esame la società ricorrente non mette in discussione la debenza del tributo sicché la statuizione d’appello deve ritenersi abbia acquisito sul punto autorità di giudicato interno.

1.2. Sempre preliminarmente va ricordato che la parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo sufficiente la riproposizione di tali domande od eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado (cfr. Cass. 10966/2004; 19606/2004; 14085/2014). Cionondimeno la società contribuente aveva proposto appello incidentale condizionato ribadendo l’eccezione di inesegibilità del tributo nelle ipotesi di legittimo affidamento del contribuente in precise determinazioni dell’amministrazione finanziaria, che già aveva proposto in primo grado, per come risulta dal contenuto del ricorso in esame in cui la ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha riprodotto, persino allegando i relativi atti, il contenuto del ricorso in primo grado e delle controdeduzioni in appello.

2. Orbene, la CTR ha omesso del tutto ogni motivazione sulla indicata questione, non potendosi ravvisare nella statuizione d’appello un rigetto implicito di quella domanda, non essendo la pretesa incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia impugnata (cfr. Cass. n. 24155 del 2017).

3. Ma alla fondatezza del motivo di ricorso non può conseguire la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla CTR territorialmente competente perché provveda a rimediare all’omissione accertata potendo questa Corte pronunciare nel merito in applicazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui «Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto» (Cass. n. 16171 del 2017; conf. Cass. n. 9693 del 2018).

4. Invero, la questione posta nei gradi di merito dalla società contribuente, fondata sulla tesi secondo cui il revirement operato dall’amministrazione finanziaria in materia di rimborsabilità dell’IVA esposta nelle fatture di vendita di pacchetti turistici a soggetti non residenti in Italia, con la risoluzione n. 141 del 2004, rispetto alla risoluzione n. 62/E del 1999, «rivestisse […] efficacia “esimente” anche in relazione alla debenza della stessa imposta», e non solo per gli interessi e le sanzioni, le quali ultime la stessa amministrazione finanziaria aveva omesso di infliggere, è manifestamente infondata.

5. Al riguardo deve ricordarsi che è orientamento giurisprudenziale, al quale deve darsi continuità, quello secondo cui «Le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, non discendendo da esse alcun vincolo neanche per la stessa Amministrazione finanziaria che le ha emanate; sicché, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita da quest’ultima, non può invocare alcun legittimo affidamento al fine di andare esente dal pagamento del tributo dovuto, assumendo all’uopo rilievo il principio, di rilevanza costituzionale, della riserva di legge, nonché gli ulteriori principi di inderogabilita delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione e di irrinunciabilità del diritto di imposta, risultando ciò conforme al principio unionale secondo cui il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’Amministrazione» (Cass. n. 20819 del 2020 e la giurisprudenza ivi richiamata, tra cui Cass., Sez. U, n. 23031 del 2007).

6. Questa Corte non ha escluso che la tutela del legittimo affidamento, nonostante la sua valenza generale, possa incidere sulla stessa debenza del tributo. Invero, come chiarito da Cass. n. 25299 del 20/11/2013, dire che l’art. 10 della l. n. 212 del 2000 sia una norma aperta significa unicamente «che la induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa norma non espressamente considerate».

Si tratta, pertanto, di condotte diverse da quelle tipizzate, vale a dire le errate «indicazioni contenute in atti» dell’Amministrazione ovvero i «fatti (…) conseguenti a ritardi, omissioni od errori» della stessa (art. 10, comma 2, l. n. 212 del 2000) o ancora le «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma impositiva» (art. 10, comma 3, l. n. 212 del 2000), in presenza delle quali la tutela del legittimo affidamento può venire ad incidere sulla stessa debenza del tributo” (così in Cass. n. 20819 del 2020 che rinvia alla peculiare ipotesi – qui non ricorrente, vertendosi nella più generale ipotesi di adesione della società contribuente ad una prassi non vincolante dell’amministrazione finanziaria – esaminata da Cass. n. 17576 del 2002, citata anche dalla società contribuente).

6.1. Va, quindi, confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000» (Cass. n. 12635 del 19/05/2017; Cass. n. 10195 del 18/05/2016; Cass. n. 3757 del 09/03/2012; Cass. n. 2133 del 14/02/2002).

7. Alla stregua di quanto detto, il ricorso va accolto limitatamente agli interessi, non avendo l’amministrazione finanziaria applicato le sanzioni (ricorso, pag. 15). La sentenza impugnata va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisa nel merito con accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente ed annullamento dell’avviso di accertamento limitatamente alla debenza degli interessi.

8. Quanto alla richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, pure avanzata dalla ricorrente, ritiene il Collegio che, tenuto conto dei principi in materia di obbligo di rinvio pregiudiziale da parte del giudice nazionale di ultima istanza enunciati dalla CGUE nella sentenza 6 ottobre 1982 in causa C-283/81, Cilfit, di poi resi ancor più stringenti dalla stessa Corte nella sentenza 6 ottobre 2021 in causa C/561-19, la richiesta della ricorrente non sia accoglibile atteso che sulla tematica in esame si è già pronunciata la Corte di Giustizia che ha ampiamente chiarito che, se è vero che il diritto ad avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento «si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito» (cfr., ex multis, CGUE 14 giugno 2017, in causa C-26/16, punto 76; CGUE 9 luglio 2015, in causa C-183/14, punto 44; CGUE 5 marzo 2015, in causa C-585/13, punto 95), tuttavia «il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione» (CGUE 11 aprile 2018, in causa C-532/16, punto 50; CGUE 6 febbraio 1986, in causa C162/84, punto 6). Rientra, pertanto, nella specifica competenza del giudice nazionale stabilire se, avuto conto della specificità del caso concreto, sussistano i presupposti per il riconoscimento della inapplicabilità del tributo ovvero, più semplicemente, delle sanzioni e degli interessi» (cfr. Cass. n. 20819 del 2020).

9. L’esito del giudizio costituisce valida ragione di compensazione delle spese processuali sia dei gradi di merito che del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente limitatamente alla non debenza degli interessi.

Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.