Corte di Cassazione, ordinanza n. 28119 depositata il 27 settembre 2022
regime speciale dell’iva relativa alle agenzie di viaggio e turismo – legittimo affidamento – circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi
ritenuto che:
dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che:
l’Agenzia delle entrate aveva notificato a Italtours AG, con sede in Svizzera, esercente l’attività di tour operator, un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2011, aveva disconosciuto il diritto della contribuente alla detrazione dell’iva assolta per l’acquisto di servizi di autonoleggio in Italia, atteso che, ai sensi dell’art. 74ter, d.P.R. n. 633/1972, la contribuente, essendo un tour operator specializzato
nell’organizzazione di pacchetti turistici tutto compreso in favore di clienti non residenti in Italia, non avrebbe potuto portare in detrazione l’iva assolta a monte per le operazioni di acquisto dei servizi destinati a favore dei propri clienti; avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Roma; vverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;
la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: la previsione di cui all’art. 55, d.l. n. 633/1972, aveva fornito una interpretazione autentica di quanto disposto dall’art. 74ter, d.P.R. n. 633/1972, ritenendolo applicabile
anche nei confronti delle agenzie di viaggio stabilite fuori dall’Unione Europea; la disciplina transitoria, prevista dalla medesima disposizione normativa, non era applicabile in favore della società, poiché non si era verificato il presupposto, previsto dalla suddetta norma transitoria, della erogazione delle somme chieste a rimborso; non potevano trovare accoglimento sia la prospettazione della società di contrasto della suddetta normativa con la normativa unionale che con la Costituzione; non poteva, in particolare, ragionarsi, in termini di lesione del diritto al legittimo affidamento, non rilevando la precedente risoluzione n. 62/E dell’Agenzia delle entrate, oramai superata dalla disposizione interpretativa, e tenuto conto del fatto che era prevedibile la modifica della normativa iva in esame, resa necessaria per adeguare il diritto interno a quello comunitario;
la società ha quindi proposto ricorso, illustrato con successiva memoria, per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso;
considerato che:
con il primo con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, dell’art. 310, Direttiva europea 2006/112/Ce, nonché dell’art. 3, par. 2, Direttiva 86/560/CEE;
evidenzia parte ricorrente, in particolare, che la previsione di cui all’art. 74ter, cit., non potrebbe trovare applicazione nei confronti dei soggetti che non effettuano operazioni attive in Italia e nell’Unione Europea, per mancanza del principio di territorialità, non avendo effettuato la società prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 41, 53, 97, 111, Cast., dell’art. 1, comma 3, legge n. 212/2000, per avere applicato retroattivamente la previsione di cui all’art. 55, d.l. n. 69/2013, in violazione dei principi di uguaglianza, legittimo affidamento e di certezza del diritto;
in particolare, secondo parte ricorrente, la previsione normativa in esame non ha natura di norma interpretativa, dunque non può avere efficacia retroattiva, e la stessa illegittimamente dispone sulle situazioni giuridiche soggettive sorte in data antecedente alla entrata in vigore, con violazione dei limiti costituzionali in materia di retroattiva della norma, basati sul principio della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento, anche in considerazione della tutela della capacità contributiva e dei principi unionali in materia di legittimo affidamento;
i motivi, che possono essere . esaminati unitariamente, sono infondati;
sulla questione dell’applicabilità del regime speciale dell’iva relativa alle agenzie di viaggio e turismo e, in particolare, se in favore delle stesse, ove residenti al di fuori dell’Unione europea, possa essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva corrisposta per l’acquisto, in Italia, di servizi da erogare in favore di propri clienti, questa Corte si è già espressa con ripetute pronunce (Cass. civ., 6 marzo 2020, n. 6423; Cass. civ., 6 marzo 2020, n. 6425);
pertanto, si fa riferimento ai principi affermati con le suddette pronunce che inducono a ritenere corretta la statuizione del giudice del gravame in materia di regime iva speciale di cui all’art. 74,ter, cit.;
il dato normativo di riferimento è contenuto nell’art. 55, decreto legge 21 giugno 2013, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che prevede che: <<Alla luce di quanto previsto dall’articolo 310 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, l’articolo 74-ter, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si interpreta nel senso che l’imposta assolta sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi, di cui al comma 2 dello stesso articolo, effettuate da terzi nei confronti delle agenzie di viaggio stabilite fuori dell’Unione europea a diretto vantaggio dei viaggiatori non è rimborsabile. Fermo restando quanto previsto in materia di risorse proprie del bilancio dell’Unione europea, sono comunque fatti salvi i rimborsi che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati eventualmente effettuati; altresì non si da luogo alla restituzione delle somme che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, risultino già rimborsate e successivamente recuperate dagli uffici dell’amministrazione finanziaria»;
i precedenti giurisprudenziali di questa Corte hanno quindi precisato che:
– la previsione normativa in esame ha indubbia valenza interpretativa della disposizione contenuta nell’art. 74-ter, comma 3, d.P.R. n. 633/1972;
– il primo periodo dell’articolo in esame dispone che l’art. 74-ter, comma 3, d.P.R. n.633/1972, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuto il diritto al rimborso dell’Iva versata da soggetti che, operando quali agenzie di viaggio nell’offrire pacchetti turistici in favore dei propri clienti, siano stabiliti fuori dall’Unione europea, in tal modo applicando il regime della non rimborsabilità o detraibilità dell’Iva in esame a qualunque operatore che svolga attività di agenzia di viaggio, quindi indipendentemente dal fatto che sia stabilito o meno in un Paese dell’Unione;
– l’applicazione della previsione normativa di cui all’art. 74-ter, cit. esclude, dunque, che la società ricorrente possa far valere la propria pretesa alla detrazione dell’iva;
in questo ambito, non convincenti sono le considerazioni espresse dalla ricorrente, essenzialmente fondate sulla non applicabilità nei propri confronti della previsione di cui all’art 55, decreto-legge n. 69/2013, in quanto lo speciale regime di cui all’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, non sarebbe riferibile ai soggetti, quale la controricorrente, che effettuano esclusivamente le proprie operazioni attive al di fuori dell’Unione ed atteso che una applicazione in tal senso sarebbe in contrasto con i principi unionali che precludono agli Stati membri di limitare il diritto alla detrazione dell’Iva;
in primo luogo, va ribadito che la previsione di cui all’art. 55, decreto legge n. 69/2013, interpreta espressamente l’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, nel senso che esso si applica anche al caso di agenzie di viaggio e turismo stabilite fuori dall’Unione europea ed è quindi chiaro, sotto il profilo della normativa interna, che non può essere riconosciuto il diritto alla detrazione dell’iva versata dalla società ricorrente, ostandovi l’espressa previsione normativa in esame;
si tratta, quindi, di valutare se, ferma restando l’applicabilità al caso di specie della previsione normativa in esame, siano corrette le argomentazioni difensive della ricorrente in ordine al fatto che la suddetta previsione sarebbe in contrasto con i principi costituzionali e unionali in materia d’iva;
va quindi osservato che la circostanza che la società ricorrente non ha effettuato in Italia prestazioni attive, avendo venduto i pacchetti turistici al di fuori dell’Unione europea, non costituisce un limite all’applicabilità anche nei suoi confronti della disciplina limitativa del suo diritto al rimborso dell’Iva dalla stessa corrisposta, configurato dall’art. 55, decreto-legge n. 69/2013;
invero, con i precedenti arresti giurisprudenziali di questa Corte, si è precisato che:
l’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, che ha recepito quanto disposto dall’art. 26, della sesta Direttiva Iva 77/388/Cee (ora art. 306 Direttiva 2006/112/Cee), prevede un regime speciale, denominato “base da base”, ai fini della determinazione dell’Iva, derogatorio di quello ordinario, nel caso di operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo per la organizzazione di pacchetti turistici verso il pagamento di un corrispettivo globale che trova il suo completamento nella previsione secondo cui non è ammessa in detrazione l’imposta relativa ai costi sostenuti dall’agenzia di viaggi e turismo per la cessione di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a vantaggio diretto dei viaggiatori;
la peculiarità del regime in esame risiede quindi nel fatto che alle agenzie di viaggi e turismo che organizzano pacchetti turistici nel territorio dell’Unione europea non è consentita la detrazione o il rimborso dell’Iva dei costi sostenuti per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da terzi a diretto vantaggio dei viaggiatori;
questa peculiare finalità viene perseguita mediante la corretta applicazione del meccanismo di funzionamento del sistema “base da base”, e trova il suo fondamento nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, secondo cui gli importi dell’imposta sul valore aggiunto imputati all’agenzia di viaggi e turismo da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono né detraibili né rimborsabili in alcuno Stato membro;
la ragione del diniego di detrazione o rimborso configurato dall’art. 310, cit., a livello di normativa unionale, ed attuato nel diritto interno con l’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, risiede nel fatto che tale limitazione è necessaria al fine di potere assicurare l’attribuzione del gettito a ciascuno dei vari Paesi in cui i servizi facenti parte dei pacchetti sono resi, poiché è proprio tale meccanismo che, mediante il diniego di detrazione o rimborso, consente di assicurare che i servizi forniti durante il viaggio siano assoggettati all’imposta nei diversi Paesi in cui gli stessi sono erogati;
l’intervento normativo di cui all’art. 55, decreto-legge n. 69/2013, è chiaramente funzionale alla corretta applicazione del sistema in esame e, soprattutto, aderente alla funzione che, a livello della normativa unionale, viene configurata ai fini della concreta attuazione dello speciale regime Iva in esame: la suddetta previsione normativa evidenzia, in modo chiaro, che l’interpretazione da essa indicata dell’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, che si muove nella direzione di limitare il diritto al rimborso dell’Iva anche nel caso di agenzie di viaggi e turismo stabilite fuori dall’Unione europea, trova fondamento proprio nella previsione di cui all’art. 310, Direttiva n. 2006/112/Cee, ed è conforme alla finalità e alla ratio di quest’ultima previsione normativa unionale, secondo quanto sopra più specificamente indicato;
la previsione di cui all’art. 74-ter, d.P.R. n. 633/1972, come interpretato dall’art. 55, decreto-legge n. 69/2013, non si pone in contrasto con il principio unionale della neutralità dell’Iva, tenuto conto del fatto che il principio della neutralità, che è alla base del funzionamento dell’Iva ed opera anche in favore di soggetti Iva residenti fuori dal territorio dell’Unione, essendo, infatti, ad essi riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto al rimborso ovvero alla detrazione, trova un limite nel caso in esame, giustificato dalle prevalenti finalità perseguite dalla normativa comunitaria in materia di regime speciale delle agenzie di viaggio e turismo, laddove è previsto, per siffatte ipotesi, la non rimborsabilità dell’Iva, sicchè il corretto perseguimento delle suddette finalità esclude in radice la violazione del principio di neutralità dell’Iva, proprio in quanto è il particolare metodo di determinazione dell’imposta che non consente la sua detrazione nei modi ordinari;
una eventuale diversa interpretazione che portasse a concludere per la non applicabilità del regime in esame all’ipotesi di rimborso Iva richiesto da agenzie turistiche non aventi stabile organizzazione nell’Unione troverebbe un limite nel principio unionale di tutela della concorrenza, cui invece occorre fare riferimento per completare la valutazione di conformità della previsione normativa in esame con la normativa unionale; l’intervento normativo di cui all’art. 55, decreto-legge n. 69/2013, dunque, non si pone in contrasto con la normativa unionale e con i principi espressi dalla Corte di giustizia, essendo, invece, diretto ad applicare, coerentemente, i principi sottesi alla disciplina del regime speciale in materia nonché e ponendosi nella prospettiva del rispetto del principio di pari trattamento in materia di rimborso Iva tra operatori economici che operano nelle medesime condizioni;
in questo ambito, non risulta sussistente le denunciate violazioni costituzionali, in particolare del principio di non retroattività della legge ove irragionevole, posto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 150 del 14 luglio 2015, ha precisato che al legislatore non è precluso di emanare norme retroattive (sia innovative che di interpretazione autentica), “purchè la retroattività trovi adeguata giustificazione nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU” (sentenza n. 264 del 2012)” (sentenza n. 156 del 2014; così anche, ex plurimis, sentenze n. 78 del 2012, n. 15 del 2012) e ciò accade allorquando una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore (sentenza n. 311 del 2009; così anche Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 23 ottobre 1997, National & Provincia! Building Society ed altri contro Regno Unito), nonchè di riaffermare l’intento originale del Parlamento (Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas e altri contro Francia) a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini;
ciò si verifica nel caso di specie, in cui l’intervento normativo interpretativo in esame ha trovato giustificazione proprio al fine di risolvere la questione relativa all’applicabilità dell’art. 74-ter, cit., anche alle agenzie di viaggi e turismo non aventi stabile organizzazione nel territorio dell’Unione;
la necessità, dunque, di definire una questione interpretativa, attesa la non esplicita indicazione letterale nella norma, nonché l’allineamento della regola di cui alla suddetta norma ai principi unionali e, come visto, l’esigenza di tutelare la parità di trattamento degli operatori economici nella disciplina fiscale del rimborso Iva nella specifico settore delle agenzie di viaggi e turismo, rende l’intervento normativo non solo in linea con la normativa unionale, secondo quanto già esposto, ma anche fondato su criteri di ragionevolezza, dunque non in contrasto con il principio costituzionale di parità delle parti nel processo e di imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione;
infine, con le citate pronunce, con riferimento al regime intertemporale di cui all’art. 55, cit., si è altresì precisato che:
la disciplina in esame si pone in contrasto con l’art. 310 della direttiva 2006/112/CE, che ripropone sul punto la regola già stabilita dall’art. 26, n. 4 della sesta direttiva ed in base al quale “gli importi dell’IVA imputati all’agenzia di viaggio da altri soggetti passivi per le operazioni di cui all’art. 307 effettuate a diretto vantaggio del viaggiatore non sono nè detraibili nè rimborsabili in alcuno Stato membro”;
nel caso in esame, dunque, la previsione normativa interna deve essere disapplicata;
questa opzione si presenta, inoltre, come l’unica costituzionalmente conforme.
con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 10, legge n. 212/2000, e del principio unionale del legittimo affidamento;
in particolare, dopo avere ricordato che la costante giurisprudenziale unionale qualifichi da tempo i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto quali principi generali del diritto e dell’ordinamento comunitario, parte ha altresì precisato che: il legittimo affidamento opera non solo in relazione alla debenza delle sanzioni e degli interessi, ma anche della stessa imposta; la Risoluzione n. 141/E del 2004 non è mai stata applicata dall’amministrazione finanziaria che, fino al 2010, ha continuato ad erogare i rimborsi in base alla precedente risoluzione n. 62/E 1999, sicchè nei confronti della società si era consolidata una situazione giuridica favorevole, originata dallo scorrere del tempo e dall’emanazione da parte dell’ufficio competente di provvedimenti di erogazione dei rimborsi iva;
il motivo è infondato;
in primo luogo, va osservato che il giudice del gravame, esaminando la questione prospettata in appello dalla società ricorrente, ha escluso la sussistenza del legittimo affidamento dalla stessa fatto valere, sulla base delle seguenti considerazioni: a) la previsione transitoria di cui all’art. 55, d.l. n. 69/2013, non è applicabile in favore della ricorrente, in quanto il regime di tutela dell’affidamento, dalla stessa predisposto, opera solo per i contribuenti che abbiano definitivamente ricevuto il rimborso, ma tale presupposto difetta nel caso di specie; b) la contribuente era nelle condizioni di avere consapevolezza della possibilità di una modifica normativa relativa al regime iva in esame; c) l’intervento normativo ha avuto la finalità di eliminare ogni dubbio interpretativo sulla applicabilità dell’art. 74ter, cit., anche nei confronti delle società non aventi sede nell’Unione Europea;
in sostanza, il giudice del gravame ha escluso, in primo luogo, che la società rientrasse nell’ambito della disciplina transitoria, che riconosceva il diritto a trattenere le somme definitamente rimborsate;
la circostanza, affermata dalla ricorrente relativa al fatto che la stessa aveva già ricevuto il rimborso si pone in contrasto con quanto precisato dal giudice del gravame (a pag. 1 della sentenza è espressamente precisato che: “Con l’atto impositivo gravato, in cui si dà atto che il rimborso iva richiesto non è mai stato erogato dall’Amministrazione”, ed è anche con riferimento a tale profilo, relativo alla mancanza dei presupposti che il giudice del gravame ha ritenuto che la società non poteva vantare alcuna situazione giuridica che legittimasse una aspettativa a trattenere l’importo ricevuto;
in secondo luogo, il giudice del gravame ha comunque escluso che sussistesse una condizione di legittimo affidamento anche in relazione al fatto che non vi era una prassi consolidata, tanto da rendersi necessario un intervento interpretativo;
né può avere rilevanza la circostanza, valorizzata nel ricorso, secondo cui l’amministrazione finanziaria aveva ritenuto di dovere annullare le sanzioni con provvedimento in autotutela, posto che il suddetto provvedimento trova la sua ragione sulla verifica della sussistenza di una condizione di obiettiva incertezza normativa ( come comprovato dal successivo intervento normativo interpretativo) che non può, tuttavia, avere valore incidente sulla spettanza del tributo;
sotto tale profilo, è orientamento giurisprudenziale, al quale deve darsi continuità, quello secondo cui “Le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, non discendendo da esse alcun vincolo neanche per la stessa Amministrazione finanziaria che le ha emanate; sicchè, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita da quest’ultima, non può invocare alcun legittimo affidamento al fine di andare esente dal pagamento del tributo dovuto, assumendo all’uopo rilievo il principio, di rilevanza costituzionale, della riserva di legge, nonchè gli ulteriori principi di inderogabilità delle norme tributarie, di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, di vincolatezza della funzione di imposizione e di irrinunciabilità del diritto di imposta, risultando ciò conforme al principio unionale secondo cui il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi i/legittima dell’Amministrazione” (Cass. n. 20819 del 2020 e la giurisprudenza ivi richiamata, tra cui Cass., Sez. U, n. 23031 del 2007);
è vero che questa Corte non ha escluso che la tutela del legittimo affidamento, nonostante la sua valenza generale, possa incidere sulla stessa debenza del tributo. Invero, “( … ) come chiarito da Cass.n. 25299 del 20/11/2013, dire che la L. n. 212 del 2000, art. 10 sia una norma aperta significa unicamente “che la induzione in errore incolpevole del contribuente può essere determinata anche da differenti circostanze di fatto ovvero anche da altre condotte, imputabili ad errore della Amministrazione finanziaria, dalla stessa norma non espressamente considerate”. Si tratta, pertanto, di condotte diverse da quelle tipizzate, vale a dire le errate “indicazioni contenute in atti” dell’Amministrazione ovvero i “fatti (…) conseguenti a ritardi, omissioni od errori” della stessa (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2) o ancora le “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e su/l’ambito di applicazione della norma impositiva” (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3), in presenza delle quali la tutela del legittimo affidamento può venire ad incidere sulla stessa debenza del tributo (Cass. n. 20819/2020);
va, quindi, confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, sicchè, ove il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2” (Cass. n. 12635 del 19/05/2017; Cass. n. 10195 del 18/05/2016; Cass. n. 3757 del 09/03/2012; Cass. n. 2133 del 14/02/2002);
né può trovare accoglimento la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, avanzata dalla ricorrente, tenuto conto dei principi in materia di obbligo di rinvio pregiudiziale da parte del giudice nazionale di ultima istanza enunciati dalla CGUE nella sentenza 6 ottobre 1982 in causa C-283/81, Cilfit, poi resi ancor più stringenti dalla stessa Corte nella sentenza 6 ottobre 2021 in causa C/561-19;
invero, sulla tematica in esame si è già pronunciata la Corte di Giustizia che ha ampiamente chiarito che, se è vero che il diritto ad avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento “si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito” (cfr., ex multis, CGUE 14 giugno 2017, in causa C-26/16, punto 76; CGUE 9 luglio 2015, in causa C-183/14, punto 44; CGUE 5 marzo 2015, in causa C-585/13, punto 95), tuttavia “il legittimo affidamento non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione” (CGUE 11 aprile 2018, in causa C- 532/16, punto 50; CGUE 6 febbraio 1986, in causa C162/84, punto 6). Rientra, pertanto, nella specifica competenza del giudice nazionale stabilire se, avuto conto della specificità del caso concreto, sussistano i presupposti per il riconoscimento della inapplicabilità del tributo ovvero, più semplicemente, delle sanzioni e degli interessi” (cfr. Cass. n. 20819 del 2020);
non può, quindi, ritenersi configurabile la prospettata violazione di legge;
in conclusione, motivi di ricorso sono infondati, con conseguente rigetto;
ai fini delle spese, sussistono giusti motivi per la compensazione di quelle relative al giudizio di merito, nonché, tenuto conto del fatto che l’intervento giurisprudenziale di questa Corte, sopra citato, è successivo alla data di presentazione del presente ricorso, anche di quelle del presente giudizio;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso, compensa le spese di lite dei giudizi di merito e quelle del presente giudizio.
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