CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 novembre 2018, n. 28726
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Omessa registrazione di fatture – Dichiarazione infedele – PVC – Contenzioso tributario
Rilevato che
sulla base di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza datato 30/12/1997, l’Ufficio delle Entrate di Civitavecchia, con avviso di rettifica n. 800262 del 29/11/2011 notificato a C.C. il 12/12/2001, provvedeva ad accertare l’I.V.A. per l’anno 1997, addebitando al contribuente le somme di Lire 28.333.000 a titolo di maggiore imposta dovuta e di Lire 35.416.000 per sanzioni inerenti all’omessa registrazione di fatture e corrispettivi e alla dichiarazione infedele;
il ricorso del C. – il quale lamentava l’acritico recepimento delle conclusioni del processo verbale di constatazione e l’erroneità dei criteri impiegati per la determinazione della percentuale di ricarico – è stato parzialmente accolto dalla C.T.P. di Roma con la sentenza n. 50/50/08 del 26/3/2008, che riduceva la percentuale di ricarico al 20% (inferiore alla percentuale del 31,04%, individuata nell’avviso sulla scorta del processo verbale);
proponevano impugnazione avverso la decisione sia il C., sia l’Agenzia delle Entrate; la C.T.R. di Roma, con la sentenza n. 155/06/10 del 21/7/2010, respingeva l’appello del contribuente e accoglieva quello dell’Ufficio, affermando che «il giudice che ritenga invalido l’accertamento per motivi sostanziali deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva … avendo riguardo dei criteri e le ragioni che lo hanno indotto a ridurre l’accertamento», mentre, nel caso, «l’indice di ricarico ridotto dalla C.T.P. è privo di qualsiasi criterio e ragioni che possano giustificare la percentuale rettificata, che era scaturita da elementi certi ed incontrovertibili riportati nell’avviso di rettifica, che potevano essere corretti soltanto con elementi certi sostanziali e documentali, necessari per contrastare i motivi dell’accertamento operato;
– avverso tale decisione propone C.C. propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi;
resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate; il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 cod. proc. civ.
Considerato che
1. Col primo motivo il C. invoca il giudicato esterno derivante – in momento successivo alla decisione impugnata – dalla pronuncia di questa stessa Sezione n. 17076 del 21/7/2010, che, respingendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato la decisione dei giudici tributari di merito che avevano annullato le pretese erariali riguardanti i maggiori redditi per gli anni 1995 e 1996 accertati dalla Guardia di Finanza in base al ricarico del 31,04% considerato dal processo verbale di constatazione del 30/12/1997.
Il motivo è infondato.
Infatti, non può prospettarsi l’efficacia di giudicato in relazione a crediti tributari attinenti a diversi periodi d’imposta e a differenti tributi, se non con riguardo a circostanze comuni costanti (1300/18).
2. È assorbente l’esame del quarto motivo, con cui il ricorrente deduce l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata; in particolare, la C.T.R. avrebbe mancato di fornire adeguato supporto argomentativo alla propria decisione di respingere l’appello nella parte in cui era stata (ri)determinata, in assenza di elementi tecnici e documentali, la percentuale di ricarico sulla merce venduta.
Il motivo è fondato.
Nel censurare la decisione di primo grado – che aveva equitativamente ridotto al 20% la percentuale di ricarico applicata dall’Agenzia nella misura del 31,04% – il giudice d’appello richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «il giudice tributario sull’accertamento non può cambiare l’ammontare delle imposte con una valutazione equitativa secondo parametri di esperienza», ma «deve esaminare nel merito la pretesa tributaria»; per tale ragione è stato (correttamente) ritenuto «privo di qualsivoglia criterio e ragione» l’indice di ricarico apoditticamente individuato dalla C.T.P.
Tuttavia, discostandosi da tale corretta premessa, a sua volta la C.T.R. non ha condotto alcun esame sull’indice di ricarico indicato nell’accertamento e anzi – mancando al proprio compito di rendere una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio – si è limitata ad affermare, peraltro contraddittoriamente, che «gli altri motivi eccepiti nel ricorso sono già stati valutati dalla C.T.P.».
Ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio al giudice d’appello, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Restano assorbiti gli altri motivi.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo;
accoglie il quarto motivo;
dichiara assorbiti i restanti motivi;
cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. di Roma, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.
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