CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 novembre 2021, n. 32810
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso – Impugnazione estratto di ruolo riportante il credito erariale trasfuso in una cartella di pagamento precedentemente notificata al debitore – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
1. – con sentenza n. 9733/VI/16, depositata il 29 dicembre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello di T. S. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione di una cartella esattoriale relativa all’ICI dovuta dal contribuente per gli anni dal 2000 al 2002;
1.1 – a fondamento del decisum il giudice del gravame ha ritenuto che:
– doveva ritenersi ammissibile l’impugnazione di una cartella esattoriale della cui esistenza il contribuente era venuto a conoscenza solo attraverso il rilasciato estratto di ruolo;
– ciò nondimeno, nella fattispecie la cartella in questione risultava correttamente notificata dietro deposito dell’atto presso la casa comunale ed invio di raccomandata informativa;
– il ricorso, peraltro, doveva ritenersi inammissibile per tardività, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 21, perché il contribuente non aveva «dimostrato di aver ricevuto un secondo estratto del ruolo afferente le imposte in contestazione»; difatti sin dal 1 maggio 2013 era stato rilasciato al contribuente un estratto del ruolo che, siccome relativo alla cartella impugnata, necessariamente avrebbe dovuto includere l’ICI oggetto di contestazione, oltrechè degli importi dovuti a titolo di contravvenzioni al codice della strada, non potendo «essere sicuramente rilasciato un estratto parziale del ruolo facente capo alla stessa cartella esattoriale»;
2. – T. S. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, illustrati con memoria;
– Roma Capitale resiste con controricorso;
– Equitalia Servizi di riscossione S.p.a. è rimasta intimata.
Considerato che
1. – col primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, nonché «Arbitraria e/o erronea interpretazione dei fatti e degli atti di causa, assumendo, per un verso, che l’estratto di ruolo, – che gli era stato rilasciato alla data del 5 marzo 2014 e, dunque, alla data della sua stampa quale risultante dal documento prodotto sin dal giudizio di primo grado, – era stato tempestivamente impugnato, con ricorso notificato in data 29 marzo 2014 e, per il restante che, come rimarcato dalle Sezioni Unite della Corte (sentenza n. 19704/2015), dalla impugnabilità dell’estratto di ruolo non conseguiva l’applicabilità del termine (di 60 gg.) previsto dal d.lgs. n. 546, cit., attesa la stessa facoltatività di una siffatta impugnazione;
– il secondo motivo espone la denuncia di violazione e falsa interpretazione di legge in relazione all’art. 140 cod. proc. civ., ed al d.p.r. n. 602 del 1973, nonchè di omessa pronuncia, deducendo il ricorrente che: a) – il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sull’eccezione di giudicato (esterno) che si era formato, a seguito della pronuncia del giudice di pace (sentenza n. 8431/2015), quanto alla nullità della notifica della cartella esattoriale; b) – la documentazione prodotta dall’agente della riscossione non consentiva di ripercorrere l’esatta procedura di notificazione della cartella esattoriale, così prestandosi «ad una duplice lettura», – in ogni caso implicante la nullità, ovvero l’inesistenza, della notifica stessa, posto, poi, che la raccomandata informativa del 7 maggio 2008 era rimasta inesitata e non poteva sanare i denunciati vizi di notificazione, – in quanto: se letti unitariamente, gli atti di notifica esplicitavano un tentativo di notifica (il 24 gennaio 2008) seguito, a distanza di 3 mesi (il 28 aprile 2008), dal deposito dell’atto presso la casa comunale (senz’alcuna certezza, però, sull’identità dell’atto oggetto di deposito), ed affissione dell’avviso di deposito presso l’albo pretorio (piuttosto che sulla porta di abitazione); – se, diversamente, letti in modo disgiunto, i due atti davano conto di un primo tentativo di notifica (in data 24 gennaio 2008), non seguito da ulteriori adempimenti, e di un secondo tentativo (il 28 aprile 2008) connotato, però, dal solo deposito dell’atto presso la casa comunale (ed affissione dell’avviso nell’albo pretorio), e senz’alcuna documentazione, con relata di notifica, della sorte di detto tentativo di notifica;
– col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento alla I. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1 e SS., ed agli artt. 2946 e/o 2948 cod. civ. deducendo, in sintesi, che, – avuto riguardo ai denunciati vizi della notificazione della cartella esattoriale, – la pretesa impositiva avrebbe dovuto ritenersi estinta per decadenza ovvero per prescrizione e, ad ogni modo, estinta per prescrizione al momento (29 marzo 2014) della notifica del ricorso introduttivo del giudizio, in difetto di atti interruttivi della prescrizione;
2. – il ricorso, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – è, nel suo complesso, destituito di fondamento e va senz’altro disatteso;
3. – in relazione al primo motivo di ricorso, occorre premettere che le Sezioni Unite della Corte hanno posto il seguente principio di diritto: «E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione» (Cass. Sez. U., 2 ottobre 2015, n. 19704);
– la Corte ha, però, rimarcato (anche) che il ricorso contro l’estratto di ruolo deve essere proposto nel rispetto del termine generale di cui al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 21, termine decorrente dalla conoscenza di tale atto, non assumendo rilevanza, in senso contrario, la facoltatività della relativa impugnazione, data la possibilità per il contribuente di attendere di ricorrere avverso il primo atto impositivo o della riscossione tipico successivamente notificatogli (così Cass., 17 settembre 2019, n. 23076; v., altresì, Cass., 12 maggio 2021, n. 12471; Cass., 9 settembre 2019, n. 22507; Cass., 31 ottobre 2018, n. 27799);
– né, nella fattispecie, l’accertamento operato dai giudici di merito,
– peraltro secondo il règime della cd. doppia conforme, – è utilmente censurato dal ricorrente in quanto il riferimento ad un successivo estratto, recante la data del 5 marzo 2014, non dà, per l’appunto, affatto conto della erroneità di detto accertamento a riguardo di un estratto rilasciato sin dal 10 maggio 2013;
4. – in relazione, ora, al secondo motivo, il profilo di censura che involge l’evocazione del giudicato esterno risulta inammissibile nella misura in cui il ricorrente non ha assolto all’onere di specificità, e di autosufficienza, del ricorso t posto che il giudicato, oggetto di generica descrizione, non viene, nemmeno in parte, riprodotto;
– il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in tema di giudicato esterno, viene, declinato dalla Corte nel senso che è necessaria la trascrizione della sentenza che costituisce giudicato, non essendo sufficiente la mera riproduzione di stralci ovvero del suo solo dispositivo (cfr. Cass., 30 dicembre 2019, n. 34590; Cass., 31 maggio 2018, n. 13988; Cass., 8 marzo 2018, n. 5508; Cass., 23 giugno 2017, n. 15737; Cass., 11 febbraio 2015, n. 2617; Cass., 16 luglio 2014, n. 16227; Cass., 30 aprile 2010, n. 10537; Cass., 13 marzo 2009, n. 6184; Cass., 13 dicembre 2006, n. 26627; Cass. Sez. U., 27 gennaio 2004, n. 1416);
4.1 – e del pari inammissibile, per difetto di specificità, risulta la censura che involge la nullità della notifica della cartella esattoriale in quanto la stessa, – a fronte dello specifico accertamento operato dal giudice del gravame, – si risolve in prospettazioni meramente ipotetiche, e tra di loro alternative, e senz’alcuna riproduzione degli stessi atti di notifica;
5. – risultando, quindi, accertato, che la cartella esattoriale in contestazione era stata correttamente notificata, anche il terzo motivo di ricorso risulta inammissibile,
5.1 – come, difatti, statuito dalla Corte, deve ritenersi inammissibile l’impugnazione dell’estratto di ruolo riportante il credito erariale trasfuso in una cartella di pagamento precedentemente notificata al debitore, posto che una siffatta azione si sostanzierebbe in un accertamento negativo di quel credito con l’effetto distorto di rimettere in termini il contribuente, consentendogli di opporre una cartella già nota nella sua esistenza e nel suo contenuto per effetto di regolare notificazione (Cass., 12 maggio 2021, n. 12471; Cass., 5 ottobre 2020, n. 21289);
– a fronte, pertanto, di una cartella esattoriale ritualmente notificata, il contribuente non può formulare, dietro impugnazione dell’estratto di ruolo, l’eccezione di prescrizione e di decadenza delle pretese tributarie posto che dette eccezioni andavano proposte entro il termine di impugnazione della cartella stessa nel cui difetto si è prodotto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito fiscale, seppur già prescritto prima della notifica della cartella ovvero di altro titolo impugnato (v. Cass., 12 maggio 2021, n. 12471; Cass., 16 luglio 2019, n. 19010; Cass., 20 novembre 2018, n. 29978);
6. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, nel rapporto processuale con la controricorrente seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Roma Capitale, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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