CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 ottobre 2020, n. 21801
Tributi – Condono fiscale ex all’art. 9 bis della L. n. 289/2002 – Mancato pagamento di rate del condono – Decadenza degli effetti del condono
Rilevato che
E. S.r.l. ricorreva in primo grado avverso una cartella esattoriale emessa nei suoi confronti per il pagamento di Iva, Irpeg e Irap per gli anni di imposta 2000 e 2001 a seguito dell’omesso pagamento delle rate del condono fiscale di cui all’art. 9 bis della L. n. 289/2002.
La Commissione tributaria provinciale di Cosenza accoglieva il ricorso del contribuente con sentenza n. 229/01/2007 depositata il 27/06/2007, avverso cui l’Agenzia delle entrate proponeva appello. La Commissione tributaria regionale della Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello ritenendo che la conseguenza dell’omesso pagamento delle rate del condono fiscale non fosse la decadenza dal beneficio, bensì l’iscrizione a ruolo delle somme non versate aumentate della sanzione.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione con un motivo e chiede cassarsi la sentenza impugnata, con ogni conseguenziale statuizione anche in ordine alle spese di lite. La società resiste con controricorso; chiede dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso avverso, con vittoria delle spese processuali.
Considerato che
1.-L’unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002 n. 289, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc civ perché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente deciso che il mancato pagamento delle rate determinasse solo l’iscrizione a ruolo delle somme non pagate oltre le sanzioni, mentre invece data la natura clemenziale del condono, la conseguenza sarebbe la perdita del beneficio.
2.- E. s.r.l., premetteva di aver fruito della riapertura dei termini prevista dall’art. 1, co. 1 del d. I. 24 giugno 2003 n. 143 presentando una seconda domanda di definizione, con cui utilizzava in compensazione un credito Iva relativo alli anno 2001 e saldava il proprio debito versando la differenza, per cui l’ Amministrazione finanziaria disponeva lo sgravio della cartella esattoriale. Eccepiva in particolare quanto segue:
2.1- inammissibilità del ricorso avverso per mancanza di interesse poiché la cartella esattoriale è stata sgravata dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale, nonchè per mancanza di autosufficienza;
2.2- infondatezza del ricorso perché la società avrebbe perfezionato la procedura di condono.
3- E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso. Lo sgravio della cartella esattoriale infatti, non è stato effettuato spontaneamente, ma a seguito della sentenza di primo grado, avverso cui è però stata proposta impugnazione, a dimostrazione della persistenza dell’ interesse ad agire da parte dell’Agenzia delle entrate. Inoltre il ricorso non è privo di autosufficienza perché contiene solo argomentazioni in diritto a sostegno del vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, la cui produzione in questa sede esaurisce pertanto l’onere gravante sulla ricorrente.
4. – Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata infatti, caratterizzata da una laconica motivazione, non si pronunzia sul perfezionamento della procedura di condono eccepita dalla contribuente, ma si limita ad affermare che “nel caso di rateizzazione del pagamento del condono l’omesso o tardivo versamento delle rate successive alla prima comporta solo il recupero coattivo di quanto non versato mediante una iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex art. 14 DPR n. 602/1973 e l’irrogazione pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà nel caso di versamenti eseguiti entro i 30 giorni successivi alla scadenza, e gli interessi di legge”.
4.1- Il principio applicato dalla Commissione tributaria regionale è errato. Infatti il condono di cui la contribuente ha chiesto di fruire è quello previsto dall’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002 n. 289, che esclude in via eccezionale il pagamento delle sanzioni dovute dai contribuenti morosi qualora effettuino il pagamento nel nuovo termine indicato dalla legge. Si tratta perciò di un condono che è stato definito di natura clemenziale, diverso quindi da altri tipi di condono, di natura premiale, onde la differente disciplina, per cui il primo, a differenza degli altri, si perfeziona solo con il pagamento integrale dei tributi a sanatoria della pregressa morosità.
4.2- La natura eccezionale della norma non consente l’estensione analogica al condono clemenziale della normativa prevista per il condono premiale, e rende ragionevole la differente disciplina e manifestamente infondato il sospetto di disparità di trattamento costituzionalmente rilevante (sul punto Cass. Sez. 5, 7 novembre 2018 n. 28362).
4.3- Occorre pertanto dare continuità al principio di diritto affermato da Cass. Sez. 5, 22 dicembre 2016 n. 26683, (e successivamente confermato con giurisprudenza costante, fra cui Cass., Sez. 5, 23348/2019), per cui «Il condono fiscale ex art. 9 – bis della l. n. 289 del 2002, che costituisce una forma di condono clemenziale, è condizionato all’integrale versamento di quanto dovuto, sicché il pagamento parziale delle somme indicate nella dichiarazione integrativa ne comporta il mancato perfezionamento e non fa venir meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa sanzionatoria dell’Amministrazione finanziaria commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge».
5.- In conclusione, per i motivi indicati, il ricorso va accolto, e la sentenza impugnata cassata, con rinvio al giudice a quo, che, attenendosi al principio di diritto di cui sopra, dovrà valutare anche le questioni di fatto prospettate dalle parti nel giudizio di merito, e che la sentenza impugnata ha omesso di valutare. Al giudizio di rinvio si rimette anche il regolamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio anche sulle spese, alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione.
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