CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 maggio 2019, n. 12542
Lavoro – CCNL Vigilanza Privata – Corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale – Elemento provvisorio della retribuzione
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 9 gennaio 2015, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande degli attuali ricorrenti volte ad ottenere la condanna di A. SPA al pagamento di somme, in via principale, a titolo di adeguamento dell’indice IPCA e, in subordine, a titolo di indennità di vacanza contrattuale, ai sensi dell’art. 145 del CCNL Vigilanza Privata del 2006, scaduto il 31.12.2008;
2. la Corte ha ritenuto che l’accordo per il rinnovo del CCNL, siglato il 22 gennaio 2013, dovesse considerarsi vincolante anche per i lavoratori non iscritti alle OO.SS. che lo avevano stipulato, in quanto contratto collettivo sostitutivo di quello scaduto pacificamente applicabile ai lavoratori istanti; indi, sulla scorta di Cass. nn. 14356 e 14595 del 2014 pronunciate ai sensi dell’art. 420 bis c.p.c., ha considerato che, fino alla scadenza del 31.1.2013 era legittima la corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale secondo la disciplina prevista dall’art. 145 CCNL allora vigente ma che, trattandosi – secondo l’insegnamento di questa Corte – di un elemento provvisorio della retribuzione non suscettibile di integrare un diritto quesito, le parti sociali stipulanti, in sede di rinnovo contrattuale, avevano stabilito una diversa regolamentazione, che prevedeva, a totale copertura e definizione del pregresso periodo di vacanza contrattuale, l’erogazione di un importo a titolo di una tantum secondo le modalità delineate;
3. avverso la decisione hanno depositato ricorso per cassazione i lavoratori in epigrafe affidato a 4 motivi, cui ha resistito A. Spa con controricorso;
4. la società ha comunicato memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si denuncia omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, “con particolare riferimento alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro”, per la mancata valutazione del dissenso espresso dai lavoratori con la dichiarazione di dissociazione dall’accordo di rinnovo del CCNL;
il primo motivo è in radice inammissibile in quanto, benché formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. novellato, non illustra affatto il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (secondo gli enunciati di Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014, costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. nr. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), ma sviluppa, piuttosto, una serie di considerazioni in diritto in merito alla natura dei contratti collettivi di lavoro che, quali contratti di diritto comune, non sarebbero estensibili alle parti non aderenti, del tutto estranee al denunciato vizio di motivazione e, in ogni caso, inammissibili, anche riqualificate ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., in assenza di una specifica indicazione delle affermazioni contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Cass. n. 3010 del 2012);
2. con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in riferimento a violazione di norme di legge e di contratto collettivo, criticando la statuizione di estensione dell’efficacia soggettiva del CCNL del 2013 ai lavoratori affiliati a sigle sindacali che non avevano sottoscritto l’ipotesi di rinnovo e rifiutavano di aderirvi; si assume che il CCNL, diversamente da quanto sostenuto in sentenza, non costituiva affatto un rinnovo del precedente CCNL, per avere un ambito soggettivo ed oggettivo differente;
anche il secondo motivo si arresta ad una valutazione di inammissibilità; valgono, quanto al vizio di motivazione, i medesimi rilievi esposti in relazione al primo motivo; quanto alla denuncia di violazione di legge, la deduzione non soddisfa gli oneri di deduzione e specificazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.;
la critica, che investe il giudizio di «rinnovo» espresso dalla Corte di appello in relazione al secondo CCNL (id est: il contratto sottoscritto nel 2013) rispetto al precedente, scaduto il 31.12.2008, mira a sollecitare un esame, da parte di questa Corte, del contenuto dei due accordi; essa è, dunque, impedita dalla carente trascrizione delle norme dei contratti collettivi dei due CCNL, giudicate significative in relazione alla devoluta questione, (cfr. Cass. n. 25728 del 2013; Cass. n. 2560 del 2007; Cass. nr. 24461 del 2005) nonché dal mancato deposito integrale della copia degli stessi (Cass., sez. un., n. 20075 del 2010) ovvero dall’assenza di indicazione specifica, nel corpo del motivo in scrutinio, della sede processuale in cui detti testi siano rinvenibili (Cass., sez. un., n. 25038 del 2013);
3. con il terzo motivo si denuncia omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, con particolare riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2099 c.c., oltre che di accordi contrattuali: la censura riguarda il rigetto della domanda diretta ad ottenere l’adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 2099 cod.civ. e 36 Cost. sulla base dell’indice IPCA di cui all’Accordo quadro del 22.1.2009 e di quello Interconfederale del 15.4.2009; il terzo mezzo è, del pari, inammissibile, perché, ancora una volta, il vizio prospettato di “omesso esame”, riferibile al novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., non rispetta gli enunciati prescritti dalle sentenze delle Sezioni unite di questa Corte innanzi richiamate né enuclea “fatti storici”, piuttosto lamenta, con modalità incompatibili con la denuncia di errata ricostruzione della vicenda storica (cfr. Cass. n. 20468 del 2008), una scorretta interpretazione e applicazione di norme di Costituzione, di legge e di contratto, peraltro promiscuamente e genericamente richiamate;
4. con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 142, 144 e 145 del CCNL 2005/2008, deducendo che la domanda di IVC, al momento della proposizione del ricorso, era fondata e, in subordine, che dal testo del nuovo CCNL, emergeva “in modo inequivoco che l’una tantum prevista dall’art. 142 trova causa proprio nell’indennità di vacanza contrattuale richiesta” nel ricorso introduttivo;
le ragioni innanzi evidenziate conducono all’inammissibilità anche del quarto motivo;
la critica, oltre al consueto improprio riferimento ad un “omesso esame”,
investe infatti l’interpretazione di norme contrattuali, peraltro dichiaratamente resa dalla Corte territoriale in adesione ai precedenti di questa Corte (Cass. 14356 del 2014 e Cass. nr. 14595 del 2014) qui condivisi, ed incontra i medesimi limiti, in punto di difetto di specificità, indicati in relazione al secondo motivo;
5. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge,
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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