CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 marzo 2020, n. 6771
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Clausola compromissoria contenuta in un contratto stipulata prima della dichiarazione di fallimento – Lodo arbitrale – Efficacia nei confronti della procedura di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa
Fatti di causa e ragioni della decisione
La Corte,
rilevato che:
con ordinanza del 19/2/2019 il Tribunale di Palermo ha dichiarato l’incompetenza del giudice ordinario e la competenza arbitrale a giudicare sulla controversia instaurata con atto notificato il 30/1/2015 da parte della C. soc.coop. in liquidazione coatta amministrativa (di seguito C.) nei confronti del Consorzio C.C. so.coop. (di seguito C.C.C.), quale incorporante il Consorzio R. delle cooperative di produzione e lavoro soc.coop.;
la C. aveva chiesto la condanna del C.C.C. al pagamento della somma di €. 108.738,55, pari al 25% della somma che il C.C.C. aveva ricevuto da parte del committente Comune di Palermo, in relazione ad un contratto di appalto relativo ai lavori di ristrutturazione di un ex deposito locomotive di via M.M.;
le somme in questione erano state erogate in forza di un accordo bonario in seguito ad iscrizione di riserve relativamente ad un contratto di appalto, i cui lavori erano stati assegnati dal Consorzio R. a due cooperative associate, C. e CEA,
rispettivamente per quote del 25% e del 75%;
la C. era stata posta in liquidazione coatta amministrativa il 1/2/2006 e in data 6/6/2007 ne era stata dichiarata l’insolvenza;
il C.C.C. aveva eccepito in via preliminare l’incompetenza del Tribunale ordinario in forza della clausola arbitrale contenuta nell’art.31 dello Statuto del C.C.C. e anche nell’art. 35 dello Statuto del Consorzio R.;
secondo il Tribunale ricorreva una controversia tra il socio C. e il Consorzio R., poi incorporato nel convenuto C.C.C., soggetta a competenza arbitrale in forza del predetto art. 35 dello Statuto del Consorzio, ed era ininfluente il fatto che la controversia attenesse solo all’attualità e non all’esistenza del credito;
inoltre la clausola è stata ritenuta opponibile alla società in liquidazione coatta amministrativa, trattandosi di causa attiva volta alla riscossione di un credito rivenuto nel patrimonio della società;
rilevato altresì che:
la C. soc.coop.r.l. in l.c.a. ha proposto ricorso ex art. 42 cod.proc.civ. per regolamento necessario di competenza con atto notificato il 18/3/2019, deducendo violazione di norme sulla competenza ex art. 360, n. 2, cod.proc.civ. in relazione al combinato disposto degli artt. 806 cod.proc.civ. e 43, 72, 81 e 93 della legge fall.; secondo la ricorrente la decisione era errata perché il Tribunale non aveva considerato che l’opponibilità della clausola compromissoria al curatore, o al commissario liquidatore, che agisce per far valere un diritto rinvenuto nel patrimonio del fallito e al fine di incrementare la massa attiva, dipendeva dalla situazione giuridica fatta valere contro il terzo;
in tale evenienza il curatore non esercita un diritto del fallito contro il terzo, ma fa valere una pretesa autonoma, ossia il diritto della procedura ad esigere dal terzo la prestazione, rispetto alla quale l’esistenza dell’originario diritto del fallito si atteggia a mera questione pregiudiziale;
il curatore non era mero sostituto processuale del fallito ma pubblico ufficiale che agiva a tutela della massa dei creditori, e pertanto non era soggetto alla clausola compromissoria che invece vincolava il fallito;
la liquidazione coatta della C. non era subentrata, né nel rapporto sociale con il Consorzio, né nel contratto di subappalto C.C.C./C.;
inoltre anche con riferimento all’eccezione di compensazione sollevata da C.C.C. era competente il Tribunale di Palermo previo esperimento della procedura di verifica del passivo della liquidazione coatta amministrativa;
rilevato infine che:
il Consorzio con memoria del 29/3/2019 ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto inammissibile o infondato;
il Procuratore Generale con nota del 19/11/2019 ha concluso per il rigetto del ricorso;
ritenuto che:
la clausola arbitrale in questione, come considerato scontato dal Tribunale di Palermo, non contestato da nessuna delle parti contrapposte e ritenuto anche dal Procuratore Generale, configura una ipotesi di arbitrato rituale;
la clausola arbitrale applicata dal Tribunale è quella dell’art. 35 dello Statuto del Consorzio R. del 15/12/2004 al quale la C. era associata, che contiene l’espressa qualificazione come arbitrato rituale;
come osservato dal Procuratore Generale, anche la precedente clausola dell’art. 33 dello statuto del 19/7/1990 del Consorzio R. configurava un arbitrato rituale, tenuto conto dell’utilizzo nella clausola di termini indicativi dell’intento di conseguire un lodo idoneo all’acquisizione di efficacia esecutiva come «controversie» e «decisione» e della presunzione di ritualità dell’arbitrato poiché il dubbio sull’interpretazione dell’effettiva volontà dei contraenti va risolto nel senso della ritualità dell’arbitrato, tenuto conto della natura eccezionale della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria (Sez. 1, n. 6909 del 07/04/2015, Rv. 634958 – 01), senza che fosse di ostacolo la qualificazione degli arbitri come amichevoli compositori e l’attribuzione del potere di decidere secondo equità e senza formalità di procedura, trattandosi di facoltà non estranee neppure alla disciplina dell’arbitrato rituale (Sez. 1, n. 833 del 01/02/1999, Rv. 522806 – 01; Sez. 1, n. 5505 del 03/05/2000, Rv. 536084 – 01);
la decisione impugnata è conforme agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di efficacia della clausola compromissoria contenuta in un contratto vincolante l’impresa nei confronti della procedura di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la clausola compromissoria contenuta nello statuto di un consorzio dichiarato fallito è applicabile ai giudizi iniziati dal curatore per far valere diritti preesistenti alla procedura concorsuale, a differenza delle azioni volte alla reintegrazione del patrimonio sociale nell’interesse dei soci e dei creditori per i quali la clausola non può operare trattandosi di soggetti terzi rispetto alla società (Sez. 6 – 1, n. 28533 del 08/11/2018, Rv. 651499 – 02);
infatti il curatore, che subentra in un contratto stipulato dal fallito contenente una clausola compromissoria, non può disconoscere tale clausola, ancorché configuri un patto autonomo, e, se il fallimento sia stato dichiarato dopo che gli arbitri siano stati già nominati ed abbiano accettato l’incarico, non può disconoscere gli effetti del rapporto già perfezionato e che ha avuto esecuzione, eccezion fatta per i crediti vantati nei confronti di un soggetto sottoposto a procedura concorsuale (nella specie, la liquidazione coatta amministrativa) perché in tal caso, infatti, la clausola arbitrale non consente di derogare al procedimento di verifica del passivo, dovendo tutte le azioni dirette a far valere diritti di credito sul patrimonio del debitore insolvente essere accertate nelle forme previste dall’art. 52, secondo comma, legge fall., al fine di assicurare il rispetto della par condicio creditorum. (Sez. 1, n. 13089 del 24/06/2015, Rv. 635933 – 01);
in particolare il curatore che azioni un credito la cui causa petendi risieda nel rapporto sociale tra un consorzio e l’impresa (poi fallita ed esclusa) in relazione a prestazioni, attinenti all’oggetto sociale, da quest’ultima effettuate, non può disconoscere la clausola compromissoria contenuta nel contratto consortile e stabilita per la risoluzione delle controversie sorgenti tra le singole imprese consorziate o tra le stesse ed il consorzio (Sez. 1, n. 6165 del 17/04/2003, Rv. 562239 – 01);
secondo le Sezioni Unite, nel caso di convenzione contenente una clausola compromissoria stipulata prima della dichiarazione di fallimento di una delle parti, il mandato conferito agli arbitri non è soggetto alla sanzione dello scioglimento prevista dall’art. 78 legge fall., configurandosi come atto negoziale riconducibile all’istituto del mandato collettivo e di quello conferito anche nell’interesse di terzi e tale interpretazione trova indiretta conferma nel disposto dell’art. 83 bis legge fall., atteso che, se il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito nel caso di scioglimento del contratto contenente la clausola compromissoria, deve, di contro, ritenersi che detta clausola conservi la sua efficacia ove il curatore subentri nel rapporto, non essendo consentito a quest’ultimo recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l’adempimento (Sez. li, n. 10800 del 26/05/2015, Rv. 635360— 01; Sez. 1, n. 11216 del 14/10/1992, Rv. 478923 —01);
nella specie il commissario liquidatore agisce in luogo e facendo valere un diritto spettante all’impresa in 1.c.a. e non si è sciolto, né poteva sciogliersi, dal contratto, dal momento che ha inteso far valere diritti scaturenti dal contratto che ha già avuto esecuzione per la parte in contestazione, alla quale si collega il diritto al corrispettivo relativo a lavori in appalto assegnati alla C. in forza del vincolo consortile, con la conseguente opponibilità della clausola compromissoria;
diverse conclusioni non scaturiscono neppure dalla formulazione della mera eccezione di compensazione sollevata dal C.C.C., proposta al solo fine di paralizzare la domanda avversaria;
infatti nel giudizio promosso dal curatore fallimentare (o dal commissario liquidatore dell’impresa in 1.c.a.) per il recupero di un credito contrattuale del fallito, il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento, non operando al riguardo il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. legge fall., atteso che tale eccezione – diversamente dalla corrispondente domanda riconvenzionale, il cui petitum riguarda, invece, una pronuncia idonea al giudicato a sé favorevole, di accertamento o di condanna all’importo in tesi spettante alla medesima parte, una volta operata la compensazione – è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice ed ad ottenerne il rigetto, totale o parziale (Sez. 6 – 1, n. 30298 del 18/12/2017, Rv. 647290 — 01; Sez. 1, n. 14418 del 07/06/2013, Rv. 626598 — 01; Sez. 3, n. 64 del 10/01/2012, Rv. 621207 — 01; Sez. 1, n. 287 del 09/01/2009,Rv. 606197 – 01);
ritenuto pertanto:
che il ricorso debba essere respinto con la conseguente conferma della correttezza della decisione del Tribunale di Palermo;
che le spese debbano seguire la soccombenza, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
rigetta il ricorso, dichiara la competenza arbitrale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di 4.000,00 per compensi, €. 100,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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