CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15181
Tributi – Contenzioso tributario – Sentenza di appello – Nullità – Motivazione apparente
Rilevato che
Con sentenza in data 30 marzo 2016 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 98/1/13 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone che aveva accolto il ricorso della S.K. srl in liquidazione contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2006. La CTR osservava in particolare che le affermazioni della sentenza appellata erano condivisibili e che l’allegazione difensiva di un’erroneo computo dei pagamenti da parte dell’Ente impositore risultava verosimile e quindi altrettanto condivisibile.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo tre motivi.
L’intimata società contribuente non si è difesa.
Considerato che
Con il secondo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente) in violazione degli artt. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992.
La censura è fondata.
Va ribadito che:
– «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01);
– «Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22022 del 21/09/2017, Rv. 645333 – 01);
– «In tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017, Rv. 644726 – 01),
– «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
La motivazione della sentenza impugnata rientra paradigmaticamente nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali, dunque, concretizzando un chiaro esempio di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sotto del “minimo costituzionale”.
La CTR laziale infatti, in buona sostanza ed essenzialmente, si è limitata ad osservare che erano pienamente condivisibili sia le argomentazioni addotte nella sentenza appellata sulla metodogia accertativa e sulla relativa fondatezza delle pretese creditorie erariali portate dall’atto impositivo impugnato sia quelle difensive di critica della ricostruzione contabile alternativa operata dall’Ente impositore. Tali considerazioni/affermazioni sono all’evidenza apodittiche, assertive, al più rappresentative del convincimento del giudice tributario di appello, ma non estrinsecano il percorso argomentativo che lo induce a tale convincimento, in particolare di adesione alla pronuncia di primo grado ed alle allegazioni difensive della società contribuente, mentre non contengono affatto una specifica e puntuale confutazione dei motivi del gravame agenziale; pertanto nel loro – limitato – ordito realizzano un tipico esempio di “motivazione apparente”, così come denunciato nella censura de qua. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al secondo motivo, assorbiti il primo ed il terzo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della sezione distaccata di Latina, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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