CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15185
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – Notifica a mezzo posta – Termine di costituzione in giudizio
Rilevato che
Con sentenza in data 12 gennaio 2016 la Commissione tributaria regionale della Calabria dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 220/3/11 della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro che aveva parzialmente accolto i ricorsi di X. M. contro gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA 2000/2002. La CTR osservava in particolare che doveva considerarsi quale causa di detta pronuncia in rito la mancata produzione della ricevuta di spedizione della raccomandata A.R. contenente il gravame agenziale, escludendo l’equipollenza del deposito dell’ A.R.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso il contribuente.
Considerato che
Con l’unico motivo dedotto —ex art. 360, primo comma, nn. 4, cod. proc. civ.- l’Agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 22, 53, con riferimento agli artt. 14, 17, 33, d.m. 9 aprile 2001, poiché la CTR ha dichiarato l’inammissibilità del suo appello a causa del mancato deposito della ricevuta della spedizione dello stesso contestualmente alla costituzione in secondo grado, escludendo l’equipollenza del deposito dell’avviso di ricevimento della relativa raccomandata.
La censura è infondata.
Va ribadito che «Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)»; «Nel processo tributario, il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante), che si avvalga per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)» (Sez. U, Sentenza n. 13452 del 29/05/2017, Rv. 644364 – 03- 02).
Constatato in fatto che la sentenza appellata è stata depositata il 7 aprile 2011 e che quindi, non essendo la medesima stata notificata, il termine c.d. lungo per appellarla (un anno + 46 giorni, secondo la disciplina applicabile ratione temporis) scadeva il 22 maggio 2012.
Dall’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’appello risulta che il plico che lo conteneva è stato ricevuto dal difensore domiciliatario il 23 maggio 2012, pertanto a termine per impugnare scaduto.
Non può annettersi alcuna efficacia probatoria a fonti diverse da quelle indicate nei principi di diritto espressi in detti arresti giurisprudenziali delle SU di questa Corte; quindi in particolare alle informazioni ricavabili dal sito internet delle Poste italiane come affermato dall’agenzia fiscale ricorrente.
In conclusione, sia pure per ragioni giuridiche diverse da quelle esposte nella sentenza impugnata, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.500 oltre euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
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