CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 luglio 2019, n. 18618
Tributi – Accise – Omesso versamento di conguaglio a debito – Compensazione con credito sussistente presso altro ufficio doganale – Mancanza di preventiva autorizzazione – Illegittimità – Configurazione di omesso versamento e irrogazione sanzioni
Ritenuto che
– la E. S.p.A. ha impugnato l’atto di accertamento con il quale Ufficio delle Dogane di Torino – a seguito di controllo informatizzato relativo alla contabilità della società (capitolo 1421, gas naturale) – aveva accertato un insufficiente versamento del conguaglio a debito per € 278.131,59 – oggetto di compensazione con un credito sussistente presso l’ufficio delle Dogane di Arezzo, in relazione all’attività esercitata nell’ambito della Provincia di Siena -, oltre interessi (pari ad € 2.592,64), ed indennità di mora (pari ad € 16.687,90), irrogando contestualmente la sanzione (di € 83.439,48) ai sensi dell’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, nella misura del trenta per cento dell’imposta non versata;
– la Commissione tributaria provinciale di Torino ha rigettato il ricorso, escludendo che fosse possibile riscontrare nella fattispecie i presupposti per rendere legittimo il rimborso mediante compensazione, specificando che se la società ricorrente, nelle more di giudizio, ha chiesto e ottenuto il trasferimento del credito ai fini della compensazione potrà utilizzarlo per futuri versamenti;
– la Commissione tributaria regionale del Piemonte, in parziale accoglimento dell’appello della società contribuente, ha dichiarato non dovute le sanzioni, compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio;
– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;
– la società contribuente resiste con controricorso;
– in prossimità dell’adunanza camerale, la società ha depositato una memoria difensiva.
Considerato che
– alcun rilievo assume, nel caso concreto, la questione di legittimità costituzionale prospettata nel controricorso con riferimento all’art. 26 d.lgs. 504 del 1995, essendo in questa sede controverso non il diritto alla compensazione ma l’applicazione delle sole sanzioni, non avendo la società contribuente proposto ricorso incidentale avverso la decisione concernente la debenza dell’imposta;
– con l’unico motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.), con riferimento all’art. 26, comma 13, del TUA, in combinato disposto con l’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 e con l’art. 6 del d.m. 689 del 1996, nonché con riferimento all’art. 8 e all’art. 10 della legge n. 212 del 2000. Secondo parte ricorrente, la sentenza della Commissione tributaria regionale è censurabile per aver contravvenuto alla corretta applicazione della normativa richiamata. In particolare, la decisione impugnata non considera il fatto che la contribuente abbia operato unilateralmente una compensazione non consentita dalle disposizioni in materia, senza alcuna preventiva comunicazione all’Ufficio doganale di Torino, ottenendo solo successivamente il nulla osta al trasferimento del credito da parte dell’ufficio di Siena. Si contesta, inoltre, l’affermazione dei giudici secondo cui tale modus operandi non avrebbe causato danni all’Erario, dal momento che, invece, la contribuente ha omesso di eseguire, nei tempi previsti dalla legge, i versamenti dovuti in relazione all’anno di imposta 2010, risultanti dalla dichiarazione annuale presentata il 31 marzo 2011;
– il motivo è fondato;
– in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee ad indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono (Cass. 14 gennaio 2015, n. 537; Cass. 10 dicembre 2002, n. 17576);
– le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti e obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 (Cass. 18 maggio 2016, n. 10195);
– nel caso in esame, il contenuto dell’estratto della nota n. 637201RU del 6 maggio 2009 dell’Agenzia delle Dogane, riportato in motivazione e posto a fondamento dell’affidamento legittimo, richiama la necessità di chiedere l’acquisizione del nulla osta favorevole al trasferimento del credito da parte dell’Ufficio che ne attesta l’esistenza, l’emissione di un provvedimento di discarico amministrativo riferito alla posizione ereditaria e la contestuale presa in carico dell’importo corrispondente al credito trasferito da parte dell’Ufficio delle Dogane presso il quale risulta un debito, riferito al medesimo capitolo d’imposta;
– la società contribuente, tuttavia, ha provveduto in maniera unilaterale a compensare il credito, comunicando all’Agenzia l’operazione compiuta senza la preventiva autorizzazione da parte dell’ente preposto e in assenza di una specifica disposizione che lo consentisse. La lettura dell’estratto chiarisce la necessità di un’autorizzazione preventiva all’utilizzo del credito in compensazione, per cui la sola presentazione dell’istanza di trasferimento del credito non fa venir meno l’obbligo dell’operatore di provvedere al versamento degli importi a debito;
– il ricorso deve dunque essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, va respinto il ricorso originario;
– le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, atteso lo svolgimento del processo e le questioni controverse, mentre quelle di legittimità sono poste a carico della società contribuente come da dispositivo.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario; condanna la società contribuente al pagamento di € 5.600,00 per onorari in favore dell’Agenzia delle entrate, oltre alle spese prenotate a debito.