CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 giugno 2019, n. 15815

Tributi – IVA – Tariffa di igiene ambientale – Diritto europeo – Determinazione dell’imposta – Detrazioni

Considerato che

la V. s.p.a., quale gestore del servizio di igiene ambientale del comune di Venezia, proponeva appello avverso la sentenza del giudice di pace che l’aveva condannata a restituire alla F.P. di P.M. & C. s.a.s. gli importi corrisposti a titolo d’IVA sulla tariffa di igiene ambientale di cui all’art. 49 del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, c.d. TIA 1, da considerare non corrispettivo di servizi ma tributo e come tale non assoggettabile alla suddetta imposta indiretta;

per quanto qui ancora rileva, il giudice di secondo grado rigettava il gravame osservando che la detrazione dell’IVA non dovuta non faceva venir meno il diritto al rimborso in quanto fondato sull’oggettivo indebito;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la V. s.p.a. formulando un motivo, avversato da controricorso;

le parti hanno depositato memorie;

Ritenuto che

con l’unico motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2033, cod. civ., 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, poiché il tribunale avrebbe erroneamente escluso che la pacifica detrazione delle somme in discussione, non esclusa dall’amministrazione fiscale, inibisse il diritto al correlativo rimborso, essendo venuta meno l’effettività del pagamento presupposta dalla domanda di ripetizione;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.;

Rilevato che

il motivo di ricorso è manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 21/03/2017, n. 7155);

in tema di IVA, questa Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, e in conformità con l’art. 17 della direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché con gli artt. 167 e 63 della successiva direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni o servizi – ovvero per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa – per il solo fatto che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa stessa e siano fatturate, poiché è, invece, indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA, nella misura dovuta, sicché, ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario (Cass., 13/06/2018, n. 15536, in cui si richiama la pregressa giurisprudenza conforme; cfr., nella numerosa giurisprudenza successiva conforme, Cass., 17/02/2019, n. 4874);

stante quanto sopra, non rileva che l’amministrazione non abbia previamente proceduto a rettifica negando la detrazione, posto che:

a) il pagamento indebito dev’essere come visto “neutralizzato” in modo f L circolare, coerentemente al regime dell’imposta in questione;

b) nessuna rettifica potrebbe farsi a fronte di un pagamento del tributo effettuato in ragione della rivalsa, mentre è a séguito della pronuncia qui in scrutinio che dovrà viceversa procedersi alla richiamata neutralizzazione;

l’IVA sulla c.d. TIA 1 non è dovuta trattandosi di tributo (v., da ultimo, Cass., Sez. U., 10/04/2018, n. 8822), come non più in discussione neppure tra le parti dell’odierno giudizio, sicché il la pretesa restitutoria è stata correttamente ritenuta fondata;

in memoria la ricorrente osserva, in particolare (pag. 10), che il rapporto qui in questione è quello tra cedente e cessionario e non quello tra fisco e contribuente;

l’osservazione non è dirimente, poiché, come appena visto, l’erroneo assoggettamento ad IVA esclude la sussistenza di base legale per il relativo pagamento, per la rivalsa e per la detrazione, proprio in applicazione della circolarità correlata alla neutralità dell’imposta indiretta in parola, sicché, per rispondere a una sollecitazione presente nella memoria di parte ricorrente, non vi è all’evidenza alcun dubbio anche sulla conformità della ricostruzione alla sopra richiamata normativa comunitaria;

peraltro, come rilevato nello stesso precedente appena richiamato e pronunciato in fattispecie sovrapponibile, anche nel caso qui in scrutinio non può neppure considerarsi pacifica la circostanza posta a base del ricorso, ossia l’avvenuta detrazione, che parte istante indica in ricorso come incontroversa ma non è ammessa in controricorso (pag.7) e non risulta accertata in sentenza (che, a pag. 4, secondo capoverso, secondo periodo, ne discorre in via ipotetica);

spese secondo soccombenza;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in euro 1.500,00 oltre a euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Spese distratte in favore degli avvocati V.M. e A.T.P..

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.