Corte di Cassazione ordinanza n. 19112 del 14 giugno 2022

IVA – indetraibilità in presenza di operazioni esenti – motivazione apparente

RILEVATO CHE

– M.E.G.A. Forniture di servizi odontoiatrici del dott. O.G. & C. s.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempere, avverso la sentenza n. 379/13/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Messina di accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento n. RJH02CS00330, per l’anno 2006, con il quale l’Ufficio aveva recuperato l’Iva pari a euro 25.620,00, già concessa a rimborso, in ragione della indetraibilità totale dell’imposta assolta sugli acquisti in forza dell’art. 19, comma 2, del d.P.R. n. 633/72, trattandosi di attività di “studi odontoiatrici” e, pertanto, esente ai sensi dell’art. 10 punto 8 del d.P.R. n. 633/72;

– l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

-sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

-la società contribuente ha depositato memoria;

CONSIDERATO  CHE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 115 c.p.c. e, in relazione dell’art. 360, comma 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633/72, per avere la CTR ritenuto non detraibile (né rimborsabile) l’Iva sugli acquisti posti in essere dalla società facendo riferimento all’esercizio “in astratto” da parte di quest’ultima di un’attività esente da Iva – basando tale assunto su dati rilevati da anagrafe tributaria e CCIAA – e non già al mancato esercizio “in concreto” da parte della società – come eccepito nelle controdeduzioni­ di operazioni attive nel periodo di imposta in questione, con inapplicabilità del meccanismo pro rata di cui all’art. 19 e segg. cit.

2.II motivo è infondato.

2.1 La Corte di cassazione in tema di IVA, ha statuito infatti che ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 ed in conformità all’art. 17 della 6° direttiva (come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le dette operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA (ex multis Cass. 10491/03, 8959/03, 26290/05, 4419/03, 6352/02); con l’ulteriore corollario che l’esercizio esclusivo di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi del P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 3 ( nel testo, anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, art. 2), la riduzione proporzionale della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (c.d. “pro-rata”) non è limitata all’ipotesi in cui l’impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l’impresa compia esclusivamente operazioni esenti (Cass. 14315/03 e 7501/01).

E’ stato altresì chiarito che ciò che determina il regime fiscale, ai fini dell’IVA, è l’attività nella quale sono destinati ad essere impiegati i beni acquistati. Se tale attività è esente, non rileva il fatto che per un certo periodo, un anno o più, l’attività stessa non venga esercitata. Se cosi non fosse la norma presenterebbe evidenti profili di irrazionalità. Infatti, basterebbe acquistare a fine anno beni strumentali da adibire ad attività esenti, avendo cura di non iniziare l’attività fino al 31 dicembre, per beneficiare della detrazione di imposta che altrimenti non spetterebbe (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25111 del 2008; in questo senso, specificamente, Cass. n. 26290 del 2005).

Questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell’imposta per il fatto che la stessa sia stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest’ultimo alle sole imposte dovute (Cass 2015 nr 7209; Cass 2007/ nr 18219; 2005 nr 26290; da ultimo Cass. 4301 del 2022).

Non può dubitarsi della conformità al diritto comunitario (oltre che a Costituzione, giusta l’ordinanza n. 25 del 2010 resa dalla Consulta proprio nel giudizio in esame) del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 2, laddove nega il diritto alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto di beni afferenti operazioni esenti. Infatti, anche l’indetraibilità dell’IVA su operazioni esenti – oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati – è conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui all’art. 17 della 6 Direttiva n. 388/77, avendo la stessa Corte di Giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell’IVA riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell’IVA persegue l’obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all’imposizione ai fini IVA (C. Giust. 22.2.2001, Abbey National, C-408/98; C. Giust. 29.10.2009, NCC Construction Danmark, C-174/08; conf., Cass. nn. 26290/05 e 18219/07). Pertanto, ove beni o servizi acquistati da un soggetto passivo vengano impiegati ai fini di operazioni esenti, non può esservi nè riscossione dell’imposta a valle, nè detrazione dell’imposta a monte (cfr. C. ud. 16/10/2014 n. 24137/10  R.G.  Giust.14.9.2006,  Wollny,  c-  72/05;  C.  Giust. 18.12.2008, Royal Bank of Scotland, c- 488/07; C. Giust. 12.2.2009, Vereniging Noordelijke Land, C-515/07; C. Giust. 13.12.2012, C- 560/11, Dibiasi).

2.2 La CTR, attenendosi ai suddetti principi, ha correttamente ritenuto indetraibile – e dunque non rimborsabile – l’Iva sugli acquisti compiuti dalla società contribuente nel 2006, in quanto “afferenti” cioè destinati in via esclusiva ad essere utilizzati in operazioni esenti, avuto riguardo all’attività (risultante da dati rilevati da anagrafe tributaria e CCIAA) di “Studi odontoiatrici” svolta da quest’ultima nell’anno di imposta in esame, esente ai sensi dell’art. 10, punto 18, del d.P.R. n. 633/72.

In particolare, avuto riguardo anche a quanto evidenziato nella memoria in ordine all’errar in procedendo in cui sarebbe incorsa la CTR non ponendo a fondamento della propria decisione “il fatto incontestato della mancata esecuzione in concreto di operazioni esenti”, va osservato che, nella specie, il giudice di appello ha – con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità – ritenuto che la società contribuente “non [avesse] dato prova di potere e/o avere effettuato operazioni diverse dalle esenti”.

3. Con il secondo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. errar in procedendo per motivazione apparente e conseguente violazione degli artt. 36 del d.lgs. 546/92, 132, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.; 2) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19bis2 del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR, con una motivazione apparente – a fronte della contestazione della contribuente circa l’applicabilità nella specie dell’art. 19bis2, in tema di rettifica della detrazione – riformato la decisione di primo grado sulla base dell’erronea convinzione che il giudice di prime cure avesse ritenuto applicabile, nella specie, l’art. 19bis comma 2, e non già, come diversamente ritenuto da quest’ultimo l’art. 19bis2.

3.1. Il motivo è infondato.

Va ribadito che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “errar in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01). Nella sentenza impugnata, la CTR – con una motivazione puntuale e non affetta da vizi logici- giuridici- in disaccordo con la pronuncia di primo grado circa l’applicabilità, nella specie, della rettifica della detrazione, ha ritenuto l’indetraibilità totale e, dunque, la non rimborsabilità dell’Iva sugli acquisti compiuti dalla contribuente giacché destinati ad essere utilizzati, in via esclusiva, in operazioni esenti, avuto riguardo alla attività (risultante da dati rilevati da anagrafe tributaria e CCIAA) di “Studi odontoiatrici” svolta da quest’ultima nell’anno di imposta in esame, esente ai sensi dell’art. 10, punto 18, del d.P.R. n. 633/72 e non avendo la stessa dato prova di avere effettuato, nell’anno in questione, operazioni diverse dalle esenti. Trattasi dunque di un apparato argomentativo ben al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. U, 8053/2014; Cass. sez. 5, Sentenza n. 11106 del 06/04/2022).

4. In conclusione, il ricorso va rigettato. 

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q. M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.