CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 maggio 2021, n. 12490
Tributi – IVA – Credito risultante da dichiarazione omessa – Detrazione nella dichiarazione successiva – Legittimità
Rilevato che
– con la sentenza impugnata la CTR respingeva l’appello dell’Ufficio, con ciò confermando la illegittimità dell’atto impugnato, cartella di pagamento per IVA 2006 emessa, per quanto qui rileva, a fronte del disconoscimento del credito IVA di euro 910.152, esposto nella dichiarazione dell’anno precedente 2005, risultata omessa;
– ricorre a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a due motivi; resiste con controricorso la società contribuente; il Riscossore è rimasto qui intimato;
Considerato che
– va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione; invero, ritiene questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15643 del 09/07/2014; Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 2925 del 03/02/2017) che in materia tributaria, al ricorso avverso la cartella esattoriale non si estende l’esclusione della sospensione feriale dei termini, stabilita dall’art. 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 per l’opposizione all’esecuzione, atteso il carattere eccezionale di tale norma, non suscettibile di interpretazione analogica e l’esistenza di una specifica disciplina per l’esecuzione forzata tributaria, la cui tutela giudiziaria è affidata alle Commissioni tributarie;
– con il primo motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d.P.R. n. 322 del 1998 per avere erroneamente la CTR ritenuto comunque presentata la dichiarazione per l’anno 2005, che invece era da ritenersi omessa in quanto “scartata” del sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate;
– il motivo è inammissibile;
– invero, nel ritenere (sia pur dubitativamente, come si scrive a pag. 5 prime righe del ricorso per cassazione) che la CTR abbia giustificato l’omessa presentazione della dichiarazione in parola con la circostanza relativa allo “scarto” da parte del sistema, parte ricorrente non identifica e quindi non coglie la vera ratio deciderteli posta a base della statuizione d’appello;
– infatti, dalla lettura della sentenza impugnata si evince con chiarezza che la CTR ha ritenuto di riconoscere il credito Iva “benché risultasse omessa la Dichiarazione dell’anno precedente” (pag. 3 primo periodo della parte in “diritto”), con ciò facendo applicazione corretta delle disposizioni vigenti, nell’esatta accezione in cui le interpreta l’Agenzia delle Entrate ricorrente e qualificando pertanto come omessa detta dichiarazione;
– nondimeno la CTR ha altrettanto correttamente riconosciuto, ferma l’omissione dichiarativa che tale resta, la rilevanza del credito in oggetto perché è “testualmente previsto che l’eccedenza di credito iva, formatasi in un anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa, possa esser computata in detrazione, al più tardi, con la Dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto”; è questa l’affermazione che sorregge il decisum della sentenza impugnata, che si qualifica e identifica come ratio decidendi e che era onere di parte ricorrente colpire puntualmente contestandola con i motivi di ricorso;
– il secondo motivo di ricorso, proponente in realtà due censure, si incentra sulla violazione o falsa applicazione dell’art. 19 e dell’art. 30 d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente sia ritenuto provata la sussistenza del credito IVA (circostanza che secondo il ricorrente sarebbe priva di rilevanza) sia ritenuto riportabile l’eccedenza di iva detraibile nella dichiarazione dell’anno successivo all’omissione di cui si è detto;
– quanto al primo profilo del motivo, lo stesso è evidentemente inammissibile;
– nel contestare la sussistenza del credito IVA accertato dalla CTR, l’Erario pretende da questa Corte una rivalutazione del merito della causa che è chiaramente preclusa in questa sede di Legittimità, spettando ai giudici di quei gradi e solo a loro detta verifica;
– quanto al secondo profilo, lo stesso è chiaramente infondato;
– la CTR ha in realtà ben affrontato e correttamente risolto anche la questione di diritto postale, conformemente alle indicazioni fornite dalla costante giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. U., Sentenza n. 17758 del 08/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 4392 del 23/02/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 31433 del 05/12/2018), secondo la quale anche in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva però, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili;
– e nel presente caso, a fronte della cartella emessa, la società contribuente ha puntualmente fornito nelle sedi del merito la prova della esistenza del credito IVA erroneamente disconosciuto dall’Erario, come dà atto il giudice dell’appello scrivendo “la parte ha dimostrato, con conferma reperibile nel PVC redatto dalla GF in data 4/3/09, l’effettiva sussistenza del credito iva nell’anno 2005, pari ad € 910.152,00” (pag. 3 righe 15-16);
per le sopra esposte ragioni, il ricorso va quindi integralmente rigettato;
– quanto alle spese, stante l’intervento delle SS.UU di questa Corte in data successiva alla presentazione del ricorso, le stesse vanno compensate;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese del presente grado di giudizio.
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