CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 maggio 2021, n. 12534

Tributi – IRPEF – Dirigente – Fondo di previdenza integrativa – Riscatto del capitale maturato – Trattamento tributario

Rilevato

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Puglia, di accoglimento dell’appello proposto in riassunzione dal contribuente L. G., a seguito della sentenza n. 18222 del 2016, con la quale questa Corte aveva cassato una precedente sentenza della medesima CTR, con rinvio ad altra sezione della CTR della Puglia;

che il contribuente è un ex dirigente in quiescenza della s.p.a. “E.”, collocato in pensione dal 1 giugno 2003, il quale aveva aderito fin dal 1986 ad un fondo previdenziale integrativo, gestito in forma diretta dalla s.p.a. “E.” e nel 2000 aveva optato per il riscatto al 100% del capitale maturato con detto fondo;

che, su detta somma, il sostituto d’imposta aveva applicato al contribuente una trattenuta IRPEF per l’anno 2003 con aliquota del 36,83%;

che il contribuente aveva impugnato il silenzio rifiuto formatosi in ordine alla richiesta di restituzione di detta IRPEF per un importo pari alla differenza fra l’aliquota praticata (36,83%) e quella più favorevole del 12,50%, che gli sarebbe spettata ai sensi dell’art. 6 della legge n. 482 del 1985, in quanto l’erogazione effettuata dalla s.p.a. “ENEL” era una prestazione in  forma di capitale, non legata al rapporto di lavoro intercorrente fra di lui e la società anzidetta;

che la CTR della Puglia, riformando la sentenza di rigetto della CTP di Bari, aveva accolto il ricorso del contribuente, ritenendo che per i soggetti, quale l’odierno ricorrente, già iscritti alle forme pensionistiche complementari anteriori all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, il regime di tassazione separata previsto per il TFR si applicava alla sola attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento, costituenti mero reddito di capitale non legato al rapporto di lavoro, andava applicata la più favorevole ritenuta del 12,50%, di cui all’art. 6 della legge n. 482 del 1985;

che l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso in cassazione avverso detta sentenza della CTR;

che la Cassazione, con la sentenza sopra citata, aveva accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Puglia in diversa composizione, chiedendo che venisse accertato il rendimento derivante dall’impiego sul mercato finanziario del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al fondo P.I.A. Fondenel dalla s.p.a. “ENEL” e dal contribuente, odierno ricorrente;

Considerato

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta  violazione art. 384 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 cod. proc. civ., in quanto la CTR non aveva applicato il principio di diritto fissato dalla Cassazione in sede di rinvio; invero la CTR, in sede di rinvio, avrebbe dovuto applicare i principi di legittimità enunciati da questa Corte, secondo i quali, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, l’aliquota del 12,50% era applicabile solo alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. “rendimento”, imputabile alla gestione sul mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato; e la nota FONDENEL del 10 gennaio 2012, emessa a seguito di esplicita richiesta dell’Agenzia delle entrate, attestante l’ammontare complessivo netto del rendimento sino al 31 dicembre 2000, non aveva individuato il rendimento netto effettivo derivante dall’investimento sui mercati finanziari dei contributi accantonati e gestiti dal FONDENEL; tale ultimo fondo inoltre, con nota n. 132 del 19 maggio del 2014, non aveva attestato che il rendimento netto riportato era relativo al periodo di interesse (1998-2000) ed aveva unicamente indicato il termine ultimo di verifica e cioè il 31 dicembre 2000; la sentenza impugnata aveva pertanto omesso di valutare la questione che la Corte di Cassazione aveva chiesto di approfondire in sede di giudizio rescissorio, accertare cioè se vi fosse stato impiego sul mercato finanziario del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal contribuente e dai suo datore di lavoro sul citato FONDENEL; individuare quale fosse stato il rendimento e come fosse stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali;

che, con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione artt. 42, 17 comma 2, 16 comma 1 del d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo applicabile “ratione temporis” e 6 legge n. 482 del 1985, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ. in quanto la CTR aveva ritenuto corretto il calcolo operato dal contribuente, senza vagliare i

criteri posti alla base di esso, senza verificare se detti calcoli fossero coerenti con le clausole che regolavano il rapporto previdenziale e senza accertare se l’importo erogato da FONDENEL costituisse effettivamente il risultato di un rendimento di capitale, o se fosse stato determinato sulla base di diversi criteri;

che con il terzo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto gravava sul contribuente, che aveva invocato il diritto alla restituzione delle ritenute subite in eccesso, l’onere di dimostrare la misura dei rendimenti maturati nel corso del proprio rapporto previdenziale con FONDENEL; e la sentenza impugnata avrebbe dovuto subordinare l’accoglimento del ricorso ad un accertamento approfondito ed analitico sulla natura e sulla quantità dei rendimenti liquidati al contribuente, verificando se vi fosse stato l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale fosse stato il rendimento conseguito con detto specifico impiego; il che la CTR non aveva fatto;

che l’intimato si è costituito con controricorso ed ha altresì depositato memoria illustrativa;

che i tre motivi di ricorso anzidetti, da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro, sono fondati, atteso che la CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte di legittimità con la sentenza di rinvio n. 18222 del 2016, non avendo proceduto all’esatta quantificazione del rendimento derivante dall’impiego, sul mercato dei capitali, degli accantonamenti imputabili ai contributi versati al fondo pensione ENEL dal contribuente e da quest’ultima società; invero la tassazione agevolata del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985, era riservata unicamente alle somme derivanti dalla liquidazione del c.d. “rendimento”, imputabile alla gestione sul mercato, da parte del fondo pensione Enel, del capitale accantonato; ed il calcolo di tale ultimi importi richiedeva l’espresso riferimento a specifiche operazioni sul mercato finanziario e non poteva essere determinato, come fatto dalla CTR, con la mera indicazione di somme, sulle quali applicare la tassazione agevolata del 12,50%;

che, al contrario, la CTR si è limitata a riportare in modo apodittico gli importi indicati dal contribuente come rendimenti imputabili alla gestione di somme sul mercato mobiliare, sui quali applicare la tassazione agevolata anzidetta, omettendo quindi di procedere all’individuazione, in prima persona, dei singoli importi che, per la loro natura di rendimenti, sarebbero stati sottoposti all’aliquota agevolata del 12,50%, importi che non potevano essere ricompresi nel coacervo delle operazioni finanziarie svolte dalla s.p.a. “ENEL”, ma avrebbero dovuto essere riferiti ad operazioni finanziarie svolte proprio con quegli specifici contributi versati dal contribuente e dalla s.p.a. “ENEL” a nome di quest’ultimo (cfr., in termini, Cass. n. 15854 del 2018; Cass. n. 12267 del 2017; Cass. n. 10285 del 2017; Cass. n. 11637 del 2019);

che, pertanto, la CTR avrebbe dovuto indicare:

– l’effettivo investimento sul mercato del capitale degli accantonamenti imputabili ai contributi versati al fondo P.I.A.-FONDENEL dal datore di lavoro e dal lavoratore;

– i risultati dell’investimento;

– le modalità di assegnazione delle eventuali plusvalenze conseguite alle singole posizioni individuali;

che la CTR ha omesso di applicare, in tal modo, il principio di diritto enunciato da questa Corte, omettendo di individuare gli specifici investimenti fatti dalla s.p.a. “ENEL” sul mercato mobiliare, riferibili ai contributi erogati dal contribuente; è pertanto da ritenere che, mancando il riferimento a tali specifici investimenti, è legittimo l’operato dell’ufficio, che ha sottoposto a tassazione separata, con l’aliquota del 36,83%, tutti gli importi corrisposti al contribuente;

che il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va nuovamente cassata, con rinvio alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.