CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2020, n. 7076

Tributi – Cartella di pagamento – Mero recupero di imposte dichiarate e non versate – Necessità preventiva comunicazione di irregolarità – Esclusione

Fatti di causa

All’esito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata da A.B. per l’anno di imposta 2002, ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/73 e art. 54-bis d.P.R. n. 633/72, vennero recuperati a tassazione complessivi € 271.838,42, compresi interessi e sanzioni, con cartella di pagamento emessa da Equitalia E.T.R. s.p.a. Proposto ricorso dal contribuente, la C.T.P. di Catanzaro lo accolse con sentenza n. 1/04/08, annullando la cartella impugnata per omessa indicazione del responsabile del procedimento e per omessa sottoscrizione. La C.T.R. della Calabria, con decisione del 5.7.2011, previa loro riunione, rigettò gli appelli dell’Ufficio e dell’agente della riscossione, correggendo però la motivazione adottata dalla C.T.P. e dichiarando la nullità della cartella in quanto non preceduta dalla comunicazione di irregolarità prevista dall’art. 36-bis, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nonché dall’art. 54-bis, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, le cui disposizioni sarebbero state confermate, secondo il giudice d’appello, dall’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente).

L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resistono, con autonomi controricorsi, A.B. ed Equitalia Sud s.p.a. (già Equitalia E.T.R. s.p.a.).

Ragioni della decisione

1.1 – Con l’unico motivo, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, legge n. 212/2000 (St. contr.), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si osserva che la C.T.R. ha ritenuto che nella specie occorresse previamente notificare al contribuente la comunicazione di irregolarità di cui agli artt. 36-bis, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nonché 54-bis, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, e quindi l’invito di cui dall’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000. La ricorrente rileva invece che tale impostazione sia errata, in quanto la comunicazione di irregolarità ex artt. 36-bis e 54-bis citati deve essere inoltrata quando dal controllo automatizzato emerga “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”, ossia un errore del contribuente, non sussistente nella specie. Peraltro, osserva la ricorrente, rispetto alla previsione dell’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, la comunicazione dell’avviso bonario presuppone pur sempre che sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, nella specie non sussistenti, trattandosi di mero recupero di imposte dichiarate e non versate.

2.1 – Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’agente della riscossione in controricorso.

Infatti, pur vero essendo che la quaestio iuris sottoposta a questa Corte attiene, propriamente, ad attività dell’ente impositore, discutendosi della necessità o meno che la cartella impugnata dal B. fosse preceduta dalla comunicazione di irregolarità di cui agli artt. 36-bis, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nonché 54-bis, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, ovvero dall’avviso bonario di cui all’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, deve tuttavia rilevarsi che la posizione dell’agente della riscossione non può dirsi neutra rispetto alle vicende di questo giudizio di legittimità, se non altro in vista del giudizio di rinvio che, come si vedrà, si rende comunque necessario.

2.2 – Sotto altro profilo, va pure disattesa l’eccezione sollevata dal B. circa l’erronea modalità di proposizione dell’unico motivo di doglianza ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., stante la mancata prospettazione, da parte dell’Agenzia, della violazione degli stessi artt. 36-bis, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nonché 54-bis, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, essendosi invece denunciata la sola violazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000.

In realtà, benché i due articoli citati non siano stati espressamente indicati in rubrica, ciò non è di ostacolo nel consentire di ritenere che l’Agenzia abbia ellitticamente proposto il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione anche alle norme di cui ai predetti articoli, perché ciò di cui essa si duole, nella sostanza, è che la C.T.R. abbia ritenuto applicabile la sanzione della nullità, prevista soltanto dall’art. 6, comma 5, cit., per l’invito bonario, anche alle ipotesi della comunicazione di irregolarità, per la quale né l’art. 36-bis, comma 3, cit., né l’art. 54-bis, comma 3, cit., prevedono altrettanto.

Del resto, è noto che “Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione” (ex multis, recentemente, Cass. n. 640/2019), sicché è evidente che, dalle argomentazioni complessivamente svolte dall’Agenzia, può agevolmente evincersi che le censure sono state proposte sotto entrambe le angolazioni, discutendosi nella sostanza, in modo inequivoco, della violazione degli artt. 36-bis, comma 3, d.P.R. n. 600/1973, nonché 54-bis, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, nonché della falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, della legge n. 212/2000.

3.1 – Ciò posto, il ricorso è fondato.

Premesso che, nella specie, il recupero fiscale deriva da mero mancato versamento di imposte dichiarate (v. ricorso, p. 12), deve rilevarsi che, da un lato, l’eventuale omessa trasmissione della comunicazione di irregolarità, ex artt. 36-bis e 54-bis, citt., costituisce mera irregolarità (v. Cass. n. 13759/2016) e non implica la nullità della cartella, e dall’altro, che tale sanzione è dettata solo dall’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, in relazione al c.d. avviso bonario.

Sul punto, peraltro, è costante l’insegnamento secondo cui “In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass. n. 27716/2017). D’altra parte, secondo quanto condivisibilmente affermato da Cass. n. 795/2011, non v’è spazio per la notifica dell’avviso bonario quando “non risulti dall’atto impositivo l’esistenza di incerte e rilevanti questioni interpretative”.

Dalla lettura della sentenza impugnata, invece, non risulta che il giudice d’appello abbia proceduto ad una tale verifica, essendo la C.T.R. giunta, al contrario, ad una determinazione assertiva della nullità della cartella per la mera mancata instaurazione del contraddittorio preventivo; si è infatti considerato che l’Ufficio avrebbe dovuto determinarsi ad inviare al contribuente la comunicazione d’irregolarità già alla luce del (solo) rilevante importo della cartella, attività tuttavia omessa nella specie. Da qui la conseguente nullità della cartella impugnata.

Si tratta però di considerazioni che (oltre a confondere non solo i presupposti della comunicazione di irregolarità rispetto a quelli dell’invito al contribuente, ma anche le stesse due formalità; sul punto, v. infra) non possono certo costituire, di per se stesse, attività di riscontro dei requisiti (prima descritti) dettati dal citato art. 6, comma 5, il che vale non solo nel caso – come quello che qui occupa – in cui venga in rilievo l’omesso versamento di imposte dichiarate, ma anche nell’ipotesi in cui la cartella emessa a seguito di controllo automatizzato dovesse derivare dal disconoscimento di detrazioni o di crediti d’imposta. Infatti, secondo condivisibile orientamento, “In tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, l’attività dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicché è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, non essendo necessario un previo avviso di recupero” (così, Cass. n. 4360/2017; v. anche Cass. n. 4392/2018, in motivazione).

Detto principio trova pieno riscontro nell’insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 17758/2016, che – sebbene dettato in relazione alle conseguenze derivanti, ai fini della detraibilità dell’IVA, dalla mancata presentazione della dichiarazione annuale – ha precisato, con valutazioni di portata senz’altro generale, come in casi consimili sia consentita la “emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972“, fatta salva la possibilità, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, che il contribuente dimostri la correttezza e/o legittimità del proprio operato, tenuto anche conto del principio dell’onere e di prossimità della prova.

Ed è assai significativo quell’ulteriore passaggio della motivazione con cui le Sezioni Unite – confrontandosi con l’assetto complessivo dei controlli regolati dagli artt. 36-bis e 54-bis più volte citati, come definito dal d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241 – affermano che “Il senso di una normativa di tal genere non può che essere quello di un controllo fatto grazie all’utilizzo di quei mezzi informatici che consentono di correlare i dati esposti nelle dichiarazioni e le informazioni sul contribuente reperibili nell’anagrafe tributaria (regolata dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 e dal d.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Si tratta di un sistema informativo nel quale sono immagazzinate principalmente quelle notizie essenziali risultanti dalle dichiarazioni fiscali“.

3.2 – Correlativamente, deve poi evidenziarsi che ha pure errato la C.T.R. nel ritenere che la disciplina concernente la comunicazione d’irregolarità (sulla cui funzione si veda, per tutte, Cass. n. 12023/2015) sia stata confermata dall’art. 6, comma 5, St. contr., così leggendo le relative norme in combinato disposto e sostanzialmente equiparando la comunicazione stessa al c.d. avviso bonario, il solo previsto a pena di nullità, come già detto.

Infatti, è evidente come i presupposti dell’uno o dell’altro adempimento siano affatto autonomi: nell’un caso, occorre un “risultato diverso” all’esito del controllo automatizzato; nell’altro, occorre invece sussistano “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”. Ed è altrettanto evidente che la C.T.R., sovrapponendo erroneamente le due ipotesi normative, non ha accertato la sussistenza dei presupposti in fatto né dell’una, né dell’altra, onde giungere a ritenere la nullità della cartella impugnata nella sola seconda ipotesi (ossia, quella in cui occorresse effettivamente l’invio dell’avviso bonario, ex art. 6, comma 5, St. contr., per sussistere incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione).

4.1 – Si impone quindi, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi, previamente procedendo alla corretta selezione degli elementi in fatto addotti dal contribuente sin dal ricorso introduttivo, e provvedendo all’esito anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.