CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2021, n. 6988
Tributi – Disconoscimento credito d’imposta per incremento dell’occupazione – Procedura ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 – Illegittimità
Rilevato che
– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha accolto l’appello dell’Ufficio e in riforma della pronuncia della CTP ha sancito la legittimità dell’atto impugnato, cartella di pagamento per IRPEF ed altri tributi per l’anno 2002;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la contribuente con atto affidato a tre motivi che illustra con memoria;
resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria;
Considerato che
– con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per omessa pronuncia, ex art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. in ordine alla domanda formulata e diretta a ottenere l’inammissibilità dell’atto di appello dell’Ufficio, e per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sulle eccezioni processuali in ordine all’invalida costituzione in giudizio dell’Erario, il cui atto di gravame è sottoscritto dal capo Team assistenza legale senza delega a ciò da parte del Direttore dell’Ufficio;
– il motivo non ha fondamento;
– questa Corte è costante nell’affermare (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6691 del 21/03/2014) che in tema di contenzioso tributario, gli artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicché è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza;
– ancora di recente si è poi precisato come (Cass. Sez. 6 – 5, Decreto n. 15470 del 26/07/2016) in tema di contenzioso tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza (conformi, in sostanza, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27570 del 30/10/2018; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2138 del 25/01/2019);
– il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis c. 3 d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto legittima la cartella di pagamento in quanto relativa alla debenza di somme dovute in forza di quanto indicato in dichiarazione, a fronte dell’eccezione del contribuente in forza della quale la procedura di cui all’art. 36 bis ridetto non poteva trovare applicazione nel caso in oggetto, che vedeva su un mancato disconoscimento di un credito d’imposta (per l’incremento dell’occupazione oggetto di indebita compensazione) e non di un mero omesso versamento del tributo;
– il motivo è fondato;
– invero, la giurisprudenza di questa Corte è ferma e costante nel ritenere che (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14949 del 08/06/2018) in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario;
– e ancora, si è ulteriormente specificato come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 30791 del 28/11/2018) in tema di controllo cd. cartolare della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella di pagamento ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 ove venga in rilievo non già un errore materiale o di calcolo bensì l’interpretazione di una disposizione normativa, come certamente è quella che disciplina la spettanza o meno di un credito d’imposta;
– alla luce della decisione sul secondo motivo di ricorso, il terzo motivo di ricorso incentrato sull’omessa pronuncia da parte della CTR, ex art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. in ordine all’eccezione di nullità della sentenza per aver omesso di pronunciarsi sulla erroneità del calcolo dell’Ufficio in ordine alla determinazione della somma poi portata dalla cartella di pagamento impugnata, è assorbito;
– va quindi accolto il solo secondo motivo di ricorso;
– poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può decidersi nel merito con l’accoglimento del ricorso originario del contribuente;
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo; dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso del contribuente; liquida le spese in euro 3.500 oltre a 15% spese generali, CPA ed iva di legge che pone a carico di parte soccombente.
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