CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 aprile 2021, n. 9634
Tributi – Accertamento induttivo ex art. 39 del DPR n. 600 del 1973 – Irregolare tenute della contabilità – Ingenti finanziamenti soci effettuati in contanti senza alcun supporto documentale
Rilevato che
1. La Commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso proposto dall’Impresa G.G. s.r.l. avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate a seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza per gli anni d’imposta 2007, 2008 e 2009, determinando, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973, maggiori ricavi ai fini IRES ed IRAP per un ammontare complessivo di €. 333.000,00 ed un maggiore imponibile IVA, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 633/1972; accertamenti dai quali derivavano maggiori imposte dirette (IRES ed IRAP) per complessivi €. 107.625,00 (rispettivamente €. 91.575,00 + €. 16.050,00) e maggiori imposte indirette (IVA) per complessivi € 13.320,00, oltre interessi, sanzioni ed oneri accessori.
2. La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n. 5615/28/2015, depositata il 10.6.2015, accoglieva l’appello interposto dall’Ufficio, ritenendo che i finanziamenti ricevuti dalla società per oltre 300 mila euro in un solo anno, mediante versamenti in contanti degli stessi soci sul conto corrente dell’impresa, in assenza di qualsiasi supporto documentale, evidenziavano un’irregolare tenuta della contabilità e consentivano all’ufficio di procedere ad accertamento induttivo, anche in base a presunzioni semplici, secondo il disposto del capoverso dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973.
3. Avverso tale decisione la società contribuente ha quindi proposto ricorso per la cassazione affidato a due motivi; l’Agenzia delle entrate resiste, riservandosi di partecipare alla discussione orale.
4. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2021, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.
Considerato che
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 57 d.lvo. n. 546 del 1992 e 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ. avendo la C.T.R. accolto l’appello dell’ufficio sulla base di circostanze e fatti nuovi rispetto a quelli introdotti nel giudizio; in particolare, sarebbero stati dedotti nel giudizio di appello elementi nuovi “non evidenziati neppure nel processo verbale di constatazione e nel conseguente avviso di accertamento oggetto dell’impugnazione”, talché l’appello dell’amministrazione finanziaria risultava inammissibile.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Invero costituisce principio consolidato quello secondo cui “il ricorso per cassazione debba contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (cfr. Cass. Sez. 5, 15/07/2015, n. 14794; Sez. 1, 12/07/2016, n 14182).
1.3. Nella specie, gli elementi e le questioni di cui si lamenta la deduzione dinanzi ai giudici di appello non risultano compiutamente indicati nel ricorso con conseguente impossibilità per la Corte di verificare che le questioni sottoposte all’esame dei giudici di appello fossero effettivamente nuove, oltre che di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (v. Cass. Sez. 5, 07/12/2017, n. 29368).
1.4. Il motivo, comunque, si appalesa inammissibile per difetto di specificità, in quanto le censure della società contribuente in ordine alla asserita proposizione di domande ed eccezioni nuove da parte dell’Ufficio, in violazione dell’art. 57 D.Lgs. 546/92 si esauriscono nella prospettazione di questioni assolutamente generiche.
1.5. Invero, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità (art. 366 cod. proc. civ.), l’indicazione dei motivi per i quali si richiede la cassazione; motivi, che per costante giurisprudenza devono avere i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Viceversa, nel caso di specie, le doglianze della ricorrente si esauriscono in un excursus giurisprudenziale sulla inammissibilità delle deduzioni nuove in appello che non consentono di individuare quali fossero gli elementi di novità delle difese svolte in secondo grado dall’amministrazione finanziaria, nonché l’effettiva improponibilità delle nuove eccezioni al fine di verificare che si trattasse di “eccezioni in senso stretto”, improponibili in secondo grado ex art. 57 del d.lgs 546/1992) ovvero di “eccezioni improprie” ovvero di mere contestazioni dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Cass. Sez. 5, sent. 17/05/2017, n. 12266).
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione, degli artt. 2697, 2427 comma IXX cod.civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. e per avere la C.T.R., in mancanza di prova della pretesa tributaria, deciso in difformità del principio di disponibilità della prova e justa alligata et probata, nonché ex art. 112 cod. proc. civ. per difformità tra il chiesto e il pronunciato”. Lamenta in particolare la società ricorrente che la C.T.R., avrebbe deciso su un differente thema decidendum rispetto a quello tracciato originariamente dalle parti, avendo modificato perfino l’avviso di accertamento, nella parte in cui si affermava che solo un versamento di €. 50.000,00 della sig.ra C., moglie del G.G., amministratore e socio dell’Impresa G.G. s.r.l., risultava effettuato mediante bonifico. La C.T.R., infatti, “contrariamente al vero ed a quanto riconosciuto nello stesso avviso”, avrebbe asserito che tutti gli altri importi sarebbero stati versati in contanti. Inoltre, a dire della ricorrente, l’assunto della C.T.R. sarebbe “smentito dallo stesso avviso di accertamento (v. pag. 4 di 18), sul quale si è instaurato il rapporto processuale tributario, nel quale si affermava che “la differenza di €. 333.000,00 non provengono da disponibilità dirette del socio (id est: G.G.), ma da bonifici di soggetti terzi e, pertanto, non sono giustificabili come soci conto finanziamento”.
2.1. Anche detto motivo è inammissibile per due distinte ragioni.
2.2. In primo luogo, il prospettato travisamento del fatto controverso che, a dire della contribuente, emergerebbe dalla pagina n. 4 dell’avviso di accertamento, è dedotto in termini inammissibili in quanto, per ragioni di specificità del ricorso (in termini di autosufficienza), la ricorrente avrebbe dovuto riprodurre (anche indirettamente) la detta pagina n. 4 e le altre parti dell’atto impositivo strettamente d’interesse in questa sede al fine di rendere apprezzabile la doglianza (ex plurimis, Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701; Cass. sez. 5, 30/09/2020, n. 20858; Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628); doglianza che si rivela inoltre inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Nella specie infatti non risulta attribuita rilevanza decisiva alle modalità di versamento degli importi sul conto corrente della società (in contanti ovvero a mezzo bonifici), quanto all’assenza di documentazione in ordine alla provenienza e tracciabilità delle somme versate; elemento che consentiva da un lato di escludere la regolarità della contabilità e dall’altro di confermare la validità dell’accertamento induttivo cui aveva proceduto l’ufficio finanziario.
3. Nella sentenza impugnata non appare dunque ravvisabile alcun vizio di violazione di legge, avendo i Giudici di secondo grado correttamente applicato le disposizioni normative citate dalla contribuente, talché il ricorso va dichiarato inammissibile.
4. Nulla per le spese non avendo l’ufficio finanziario svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228/2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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