CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2018, n. 15649
Rapporto di lavoro – Contratto di apprendistato – Illegittimità – Vizi formali e sostanziali – Licenziamento – Mancata formazione professionale – Prova
Rilevato che
1. il Tribunale di Milano, con sentenza nr. 922 del 2015, sull’opposizione proposta ai sensi della legge nr. 92 del 2012, art. 1, comma 51 e ss., in riforma dell’ordinanza emessa a seguito della fase sommaria, rigettava la domanda proposta da C.G. e M.T. nei confronti della E.A.I. spa, di impugnativa dei licenziamenti, in relazione a contratti di apprendistato che si assumevano illegittimi, per vizi formali e sostanziali;
2. la Corte di Appello di Milano, investita con gravame dei lavoratori, con sentenza nr. 447 del 2015 (del 14.12.2015-17.12.2015), respingeva il reclamo; per quanto più di rilievo, la Corte territoriale osservava che, non più in discussione la formazione interna («i reclamanti non hanno insistito nel negare la formazione interna …e pertanto la circostanza deve ritenersi accertata») era provato lo svolgimento dei corsi esterni presso il C. nella quantità prevista dal piano formativo, sulla base dei documenti offerti dalla società e di quelli ritualmente acquisiti con i poteri di ufficio. La Corte distrettuale osservava che il giudizio di opposizione introdotto ai sensi dell’art. 1, comma 51 e ss., della legge nr. 92 del 2012 non ha le caratteristiche di un giudizio di impugnazione e che, pertanto, era ammissibile la produzione di una documentazione più completa ed esauriente di quella già prodotta nella precedente fase;
3. per la cassazione della sentenza C.G. e M.T. hanno proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi:
3.1. con un primo motivo, denunciano – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 48 e 51, legge nr. 92 del 2012 nonché dell’art. 2697 cod.civ., dell’art. 19.6 del CCNL AISA 2007/2011 ovvero dell’art. 20.7.del CCNL AISA 2011/2014 nonché dell’art. 2, comma 1, lett.g) d.lgs nr. 167 del 2011 nonché degli artt. 115 e 116 e 414, 421 cod. proc.civ. E’ censurata la decisione per avere la Corte di Appello ritenuto raggiunta la prova della formazione professionale, anche esterna, sulla base di documenti acquisiti tardivamente ed, in ogni caso, per aver ritenuto contestata, da parte dei lavoratori, la sola formazione professionale esterna e non anche quella interna, laddove, sin dal ricorso introduttivo si deduceva la mancata formazione professionale, ovvero il fatto costitutivo dell’azione di impugnativa dei contratti di apprendistato che avrebbe imposto alla parte datoriale, l’allegazione e la prova del fatto contrario;
3.2. con il secondo motivo, denunciano – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod. proc. civ. – nullità della sentenza per aver la Corte di appello ritenuto provata la formazione professionale dei ricorrenti per effetto e sulla base delle risultanze di documenti acquisiti tardivamente ed in violazione dell’art. 414 cod. proc. civ.;
3.3. con il terzo motivo, denunciano – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, commi 48 e 51, legge nr. 92 del 2012 nonché dell’art. 2697 cod. civ. nonché degli artt. 115, 116 e 414 cod. proc. civ. La critica investe la sentenza per aver ritenuto non preclusa nel giudizio di opposizione l’allegazione di nuove circostanze nonché la produzione di una documentazione nuova;
3.4 con il quarto motivo, denunciano – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ.- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 nonché 20.3 e 20.4 CCNL AISA nonché degli artt. 1321, 1322, 1362, 1367 e 2697 cod.civ. nonche degli artt. 115, 116 e 414 cod. proc. civ. e degli artt. 19.2 e 19.4 del CCNL AISA. La critica investe la decisione resa dalla Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto applicabile la disciplina del CCNL 2007/2011 e non quella del CCNL successivo e, comunque, raggiunta la prova che nessuno dei contratti di apprendistato professionalizzante stipulato in precedenza era venuto a scadenza;
3.5 con il quinto motivo, denunciano – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, comma 4, lett. a) del d.lgs nr. 276 del 2003. Il motivo di censura riguarda la statuizione di validità dei contratti di apprendistato, ritenuti completi di tutti i requisiti formali;
Considerato che
1. è fondato il primo motivo, quanto al profilo di censura che concerne la violazione dell’art. 115 cod proc. civ. (cfr. pag 22 ricorso) ed investe l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui «i reclamanti non hanno insistito nel negare la formazione interna e la quantità di ore ad essa dedicata (…) e pertanto la circostanza deve ritenersi accertata (…)»;
1.1 la pronuncia in tal modo resa è errata laddove, da quanto è dato comprendere, sembra affermare che possa parlarsi di fatto incontroverso e non bisognevole di ulteriore prova in relazione al fatto dedotto dalla parte reclamata ( id est convenuta) e non ulteriormente «contestato» ad opera della parte reclamante (id est parte originariamente ricorrente), quando invece il fatto ( id est la mancata formazione interna ed esterna) era stato dedotto nell’atto introduttivo del giudizio; occorre, infatti, osservare che, nel rito del lavoro, il tema controverso è segnato dalle allegazioni dell’attore e dalle difese del convenuto, nei rispettivi atti introduttivi (ricorso e memoria difensiva e poi riproposte nel giudizio di opposizione, ex art. 1 della legge nr. 92 del 2012); sicché di non contestazione può parlarsi unicamente con riferimento ai fatti affermati negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti e che consentono alle parti medesime e al giudice di verificare, immediatamente, quali siano i fatti pacifici e quelli ancora controversi;
1.2 la statuizione sarebbe, peraltro, errata anche laddove avesse voluto sostenere la formazione di un giudicato in merito alla formazione professionale interna, per aver l’atto di reclamo censurato la pronuncia di primo grado esclusivamente in ordine all’accertamento dell’avvenuta formazione esterna; il giudicato, infatti, non si estende a qualunque asserzione contenuta nell’apparato descrittivo od argomentativo posto a corredo della sentenza; al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte Suprema, al fine di selezionare le questioni suscettibili di devoluzione e, per converso, di essere coperte da giudicato interno se non censurate in sede di impugnazione, utilizza la locuzione di «minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno», contraddistinta dalla sequenza logica «fatto – norma – effetto giuridico», che individua la statuizione avente ad oggetto, congiuntamente, le decisioni sull’esistenza di un fatto, l’esistenza di una norma e l’idoneità del fatto a produrre, in base alla norma, l’effetto da questa previsto (cfr. Cass. nr. 2217 del 2016; Cass. nr. 16808 del 2011; Cass. nr. 27196 del 2006; Cass. nr. 10832 del 1998; Cass. nr. 6769 del 1998); nel caso in esame, i motivi di reclamo, come si legge nella sentenza impugnata, poiché aventi ad oggetto la decisione di legittimità dei contratti di apprendistato, sia sul piano sostanziale che su quello formale, devolvevano alla Corte di appello la questione della formazione professionale, nella sua interezza, riaprendo l’esame di tale complessivo aspetto e non solo di un suo segmento ( formazione esterna e non anche interna);
2. infondati sono, invece, il secondo motivo e gli ulteriori profili del primo che, nella sostanza, lamentano l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio; nel processo del lavoro, l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio, nell’ambito del contemperamento del principio dispositivo con quello della ricerca della verità, implica un giudizio di opportunità rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, nella specie, insindacabile in sede di legittimità. La Corte di appello ha, infatti, ampiamente argomentato in merito alle ragioni di esercizio di detti poteri, osservando che, in contestazione tra le parti la formazione esterna, la società datoriale aveva fornito una documentazione comprovante lo svolgimento del piano formativo presso l’ente esterno accreditato; la successiva documentazione, acquisita dal Tribunale in corso di causa, andava ad integrare la precedente in funzione di una migliore definizione, per ciascun lavoratore, delle ore di formazione teorica, già individuate nel piano annuale;
3. anche il terzo motivo è infondato. La Corte di appello si è conformata all’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. nr. 24790 del 2014; Cass. nr. 3136 e nr. 7782 del 2015) che ha chiarito che, nel procedimento speciale di cui all’articolo 1, commi 47 e seguenti, della legge nr. 92 del 2012, la fase introdotta con atto di opposizione (proposto con ricorso contenente i requisiti di cui all’art. 414 cod. proc. civ.), non è una revisio prioris istantiae ma una prosecuzione del giudizio di primo grado, ricondotta in linea di massima al modello ordinario, con cognizione piena a mezzo di tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti; in particolare, questa Corte ha chiarito (Cass. nr. 25046 del 2015), più radicalmente, con orientamento cui in questa sede si intende assicurare continuità, che dalla natura bifasica del rito di impugnazione del licenziamento riformato dalla legge nr. 92 del 2012, deriva che l’opposizione può anche riguardare nuovi profili soggettivi e oggettivi. Nella fattispecie di causa, la Corte di merito si è dichiaratamente adeguata a tali principi, correttamente affermando che deve ritenersi ammissibile la produzione di nuova documentazione o la richiesta di nuovi elementi di prova;
4. del pari da respingere è il quarto motivo; i profili con cui è denunciata la violazione di norme del contratto collettivo difettano della trascrizione integrale delle clausole (cfr. Cass. nr. 25728 del 2013; Cass. nr. 2560 del 2007; Cass. nr. 24461 del 2005 ) nonché del deposito integrale della copia del contratto collettivo (Cass., sez.un., nr. 20075 del 2009) o della indicazione della sede processuale in cui detto testo è rinvenibile (Cass, sez.un., nr. 25038 del 2013);
5. il quinto motivo è assorbito dalle considerazioni espresse in relazione al motivo accolto;
6. in definitiva va accolto il primo motivo, nei limiti di cui sopra, respinti il secondo, il terzo ed il quarto ed assorbito il quinto; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, si uniformerà a quanto indicato nel paragrafo 1. e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigettati il secondo, il terzo ed il quarto, motivo, assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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