CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 maggio 2018, n. 11876
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Inammissibilità / nullità dell’appello – Mancata indicazione in epigrafe della qualità nella quale l’appellato è chiamato in giudizio – Desumibilità dal contenuto dell’appello – Validità
Rilevato che
Con sentenza in data 16 giugno 2016 la Commissione tributaria regionale della Toscana dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 148/6/13 della Commissione tributaria provinciale di Pisa che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere in ordine al ricorso proposto da V.M. contro gli avvisi di accertamento per II.DD. ed IVA 2004-2005 emessi nei confronti della cessata N.L. – Allestimenti Navali – srl in liquidazione nonché dei suoi soci (il V. appunto ed A.S.).
La CTR osservava in particolare che, essendo il gravame diretto contro la società contribuente estinta individuandone il V. quale legale rappresentante, quale suo ex liquidatore, ma non contro il V. in proprio quale ex liquidatore ed ex socio della stessa, ciò causava appunto l’inammissibilità del gravame stesso in quanto il soggetto identificato quale parte appellata non era più giuridicamente esistente.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso il V..
Considerato che
Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – l’agenzia fiscale ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per la violazione/falsa applicazione dell’art. 53, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR ha affermato l’inammissibilità del suo gravame ritenendolo diretto nei confronti della società contribuente estinta, essendo invece da ritenersi individuato quale parte appellata V.M. in proprio quale ex socio della medesima.
La censura è fondata.
Osservando il principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente ha asseverato che:
– uno degli avvisi di accertamento impugnati era specificamente intestato al V. quale “liquidatore ed ex socio” della N.L. – Allestimenti navali – srl e che la sentenza appellata ha pronunciato espressamente anche su di esso;
– che l’appello era intestato alla società contribuente, ma in persona del socio ed amministratore-liquidatore V.M. e che il suo contenuto sostanziale non lasciava dubbi circa la contestazione della sentenza appellata, anche, sotto il profilo della responsabilità obbligatoria personale del V., quale ex socio di detta società;
– che il V. si è costituito in appello contestando espressamente il titolo di responsabilità obbligatoria individuale ascrittogli con la devoluzione in secondo grado.
Ne appare perciò evidente l’erroneità della statuizione della CTR toscana, essendo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto che «La mancata indicazione nell’epigrafe dell’atto di appello della qualità nella quale l’appellato è chiamato in giudizio .. non importa l’inammissibilità o la nullità dell’appello quando la predetta qualità risulti con certezza dal contesto dello stesso atto di appello, poiché, per effetto del rinvio disposto dall’art. 342 cod. proc.civ. alle disposizioni degli artt. 163, comma terzo, n. 2) – che richiede l’esatta indicazione, nell’atto di citazione, delle parti – e 164 dello stesso codice, che fa dipendere la nullità dell’atto introduttivo solo dall’assoluta mancanza od incertezza del predetto requisito, dovendo porsi riferimento al contenuto sostanziale dell’atto, anche eventualmente integrato con gli atti pregressi, rispetto alla mera forma di esso, deve ritenersi valido l’atto di appello che consenta, alla stregua della valutazione del suo contenuto complessivo, di desumere univocamente il requisito riguardante la qualità in ordine alla quale l’appellato deve considerasi evocato in giudizio» (Sez. 3, Sentenza n. 23870 del 08/11/2006, Rv. 592619 -01).
E’ infatti chiaro che nel caso di specie, valutate nel complesso le circostanze processuali evocate nella censura, il giudice tributario di appello non poteva considerare “assolutamente incerta” l’individuazione della parte appellata, non nella estinta società contribuente, quanto piuttosto nel V., quale suo ex socio e preteso “successore”, così titolandosi, ex art. 2495, cod. civ. la sua responsabilità obbligatoria fiscale, sicchè in tal senso risulta del tutto evidente la denunciata violazione/falsa applicazione dell’art. 53, comma 1, d.lgs. 546/1992.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo dedotto, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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