CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 dicembre 2020, n. 28057
Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti – Contributo di solidarietà – Mancata riproduzione delle conclusioni relative ad uno specifico motivo di gravame – Difetto di impugnazione – Univoca manifestazione di volontà
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 17.6.2015, la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti avverso la pronuncia con cui il Tribunale di Como aveva accolto la domanda di G.B. volta al pagamento del contributo di solidarietà nella misura di cui all’art. 24, d.l. n. 201/2011;
che avverso tale pronuncia la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Dottori Commercialisti ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che gli eredi di G.B. hanno resistito con controricorso;
che entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 163, 164, 342, 414 e 434 c.p.c., nonché dell’art. 24 Cost., per avere la Corte di merito ritenuto l’inammissibilità dell’appello per difetto di conclusioni circa il caso specifico, pur dando atto che nei confronti della sentenza impugnata erano state rivolte molteplici censure;
che, al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che la mancata riproduzione, nella parte dell’atto di appello a ciò destinata, delle conclusioni relative ad uno specifico motivo di gravame, non può equivalere a difetto di impugnazione o essere causa della nullità di essa, se dal contesto dell’atto risulti, sia pur in termini non formali, una univoca manifestazione di volontà di proporre impugnazione per quello specifico motivo (v. in tal senso già Cass. n. 7585 del 2003, il cui dictum è stato successivamente consolidato, tra le altre, da Cass. n. 25751 del 2013);
che, nella specie, avuto riguardo al contenuto dell’atto di appello (debitamente riprodotto a pagg. 11-41 e 47 del ricorso per cassazione e pienamente compreso dalla Corte territoriale, che ne ha sintetizzato le censure a pag. 2 della sentenza impugnata), deve ritenersi che il conclusum di “confermare la sentenza impugnata nelle parti sopra indicate”, sulla scorta del quale i giudici di merito hanno ravvisato l’inammissibilità del gravame, costituisca mero errore materiale, affatto intelligibile anche in considerazione della conclusione spiegata in subordine di “limitare l’obbligo di restituzione ai periodi di applicazione di tale secondo contributo” e della stessa intestazione del gravame, dove si legge che il ricorso in appello mira alla “riforma della sentenza del Tribunale di Como n. 415/2012 del 15 novembre 2012”;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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