CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 settembre 2021, n. 25003
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense – Crediti previdenziali – Riscossione mediante ruolo
Ritenuto in fatto
La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ricorre per cassazione sulla base di tre motivi avverso l’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha revocato il decreto ingiuntivo, richiesto ed ottenuto dall’odierna ricorrente al fine dell’integrale riversamento dei contributi previdenziali dovuti dai propri iscritti per gli anni 1998 e 1999, sull’assunto che ai relativi ruoli si rendevano applicabili le disposizioni di cui ai commi 527, 528 e 529 dell’art. 1 L. 24 dicembre 2012, in guisa dei quali quelli divenuti esecutivi entro il 31.12.1999 divenivano privi di efficaci; che non era per contro applicabile l’art. 32 d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, istitutivo dell’obbligo del “riscosso per non riscosso” venuto meno a seguito dell’abrogazione di cui all’art. 2 d.lgs. 22 febbraio 1999, n. 37 e che non vi era inoltre prova che la pretesa si riferisse a ruoli di formazione precedente.
Al proposto ricorso resiste l’intimata Agenzia delle Entrate-Riscossione con controricorso, mentre non ha svolto attività processuale Banca Monte dei Paschi di Siena soggetto preposto all’esazione.
Considerato in diritto
2.Il primo motivo di ricorso, con cui si contesta nella specie la ravvisata applicabilità dei citati commi 527, 528 e 529 poiché essi possono reputarsi applicabili solo ai crediti di enti pubblici e non quindi ai crediti previdenziali della Cassa Forense, che è una fondazione di diritto privato che non accede a finanziamenti pubblici, ed in ogni caso non si applicherebbero ai rapporti già esauriti rispetto ai quali sia mancata ogni comunicazione e rendicontazione, fermo, diversamente, il dubbio di costituzionalità della citata disciplina, è infondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (Cass., Sez. III, 9/05/2019, n. 12229) — con opinamento che non si presta a rimeditazione alla luce degli argomenti sviluppati dal motivo, riproduttivi di quelli già vagliati nell’occasione — circa la prima obiezione, confermando l’applicabilità delle norme citate ai crediti previdenziali in parola sul rilievo della funzione pubblica disimpegnata dalla Cassa Forense e della possibilità di provvedere alla riscossione mediante ruolo, che «la richiamata disciplina presenta un duplice profilo di ragionevolezza, tenuto conto che, per i crediti inferiori ad euro 2000,00, scongiura la antieconomicità della riscossione in ragione del presumibile rapporto negativo tra costi dell’esazione e benefici dell’eventuale riscossione e che, per quelli superiori ad euro 2000,00, non incide sui diritti di credito degli enti ma solo sulla procedura di riscossione, atteso che l’annullamento del ruolo non coincide con l’annullamento del credito sottostante, che ben potrà essere successivamente azionato dall’ente secondo l’ordinaria procedura».
3.Nella medesima occasione, sconfessando altresì l’accennato dubbio di costituzionalità («le considerazioni che precedono consentono di superare i dubbi di incostituzionalità della menzionata L. n. 228 del 2012, come prospettati dalla ricorrente»), si è poi osservato in pari chiave ostativa, circa la seconda obiezione, «che l’eventuale decorso dei detti termini non avrebbe mai potuto comportare l’esaurimento del rapporto, e cioè la consolidata ed intangibile acquisizione alla sfera giuridica della Cassa dei crediti per i quali erano scaduti i termini per l’invio delle comunicazioni di inesigibilità, atteso che per detta acquisizione sarebbe stata comunque necessario l’espletamento della “procedura di discarico per inesigibilità ereiscrizionenei ruoli” di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 che il motivo peraltro ignora.
4.Il secondo motivo di ricorso, inteso a denunciare la violazione dell’art. 112 cod.proc. civ. poiché la Corte d’Appello avrebbe motivato in ordine all’inapplicabilità alla specie dell’art. 32d.P.R. 43/88 quantunque la domanda introduttiva del giudizio fosse volta conseguire l’indifferenziato versamento di tutti gli importi iscritti a ruolo, sia se assoggettati all’obbligo del riscosso per non riscosso che a semplice incasso, è affetto da pregiudiziale inammissibilità, non essendo la deduzione assistita da un debito interesse impugnatorio una volta che sia acclarato, per effetto del rigetto del primo motivo di ricorso, la non debenza di tutte le somme iscritte a ruolo sino al 31.12.1999, tanto più se, come riporta la stessa deducente, la norma di cui ha ragionato il decidente riguarda «importi assai modesti».
5.Il terzo motivo di ricorso, inteso a denunciare l’inconferenza del citato richiamo normativo, riguardando la pretesa i ruolisupplettivi per l’anno 1998 in relazione ai quali l’obbligo in questione era venuto meno, resta conseguentemente assorbito.
5.Il ricorso va dunque respinto con condanna del soccombente alle spese di lite solo in favore della parte costituita. Doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore della Agenzia delle Entrate-Riscossione in euro 4100,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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