CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 aprile 2018, n. 9386
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Sentenza dichiarativa – Indagine sull’effettiva esistenza ed entità del credito – Esclusione – Impossibilità di far fronte con mezzi normali alle proprie obbligazioni – Sufficiente
Ragioni della decisione
Con pronuncia del 12/11/2015 la Corte d’appello di Milano ha rigettato il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento promosso da F.F. s.r.l. in liquidazione contro Equitalia Nord s.p.a. e contro Fallimento F.F. s.r.l.
A sostegno della decisione la Corte territoriale ha premesso innanzitutto che il riscontro dello stato di insolvenza prescinde da ogni indagine sull’effettiva esistenza e sull’entità del credito, essendo sufficiente l’accertamento di uno stato di impotenza economico- patrimoniale idoneo a privare il debitore della possibilità di far fronte con mezzi normali alle proprie obbligazioni. Nella specie la sentenza ha rilevato che la società, oltre ad avere un debito ingente nei confronti dell’Erario (benché sia ancora sub indice in quanto pendente il relativo giudizio di cassazione), aveva anche un debito altrettanto ingente nei confronti del sistema bancario, in ordine al quale la F. non ha indicato alcun mezzo per farvi fronte. L’esito negativo di tutte le azioni esecutive intentate nei confronti della società fallita rende manifesto che essa non abbia disponibilità per far fronte ai propri debiti.
Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione F.F. s.r.l. in liquidazione affidandosi a due motivi di ricorso.
Non hanno svolto difese gli intimati.
Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l. fall, in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato lo stato di insolvenza nonostante il credito fosse giudizialmente contestato. Il credito vantato da Equitalia è attualmente contestato sia con riferimento all’an che con riferimento al quantim. Si afferma, inoltre, che lo stato di insolvenza non può essere ravvisato né nella mancata corresponsione della somma pretesa da Equitalia né dal fatto che le azioni esecutive intentate abbiano dato esito negativo.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.fall., dal momento che la Corte di Appello di Milano avrebbe valutato la presenza dello stato di insolvenza erroneamente ravvisandolo nella mancanza di credito e di risorse necessarie per far fronte alle obbligazioni, anziché valutare gli elementi attivi del patrimonio sociale come previsto per le società in liquidazione. L’attivo a disposizione della F. consente di assicurare l’eguale e integrale soddisfacimento di tutti i creditori.
Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto la valutazione dell’insolvenza è stata svolta sulla base della situazione economico- patrimoniale complessiva e non solo sul credito sub judice, il quale, peraltro, sarebbe stato di per sé idoneo a fondare l’istanza di fallimento. Invero, come rilevato dalla Corte territoriale, per ravvisare lo stato d’insolvenza non occorre l’accertamento definitivo del credito, e deve tenersi conto della circostanza che i crediti contestati siano stati accertati nel doppio grado di merito con sentenza provvisoriamente esecutiva, sicché neppure la fondatezza delle contestazioni esimerebbe il debitore dal pagamento, rispetto al quale deve dimostrarsi solvibile (Cass. n. 6914/2015).
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto richiede una sostanziale revisione, non consentita, dei fatti che hanno portato ad affermare lo stato di insolvenza. Deve rilevarsi che il convincimento dei giudici di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore dichiarato fallito è incensurabile in Cassazione, quando sia sorretto da motivazione adeguata, immune da vizi logici e ispirata a esatti criteri giuridici (Cass. n. 26217/2005, n. 6914/2015). Nella specie la Corte territoriale ha accertato, sulla base di diversi elementi, che la F. s.r.l. non ha disponibilità per far fronte ai propri debiti, valutazione che pertanto conduce a ritenere sussistente lo stato di insolvenza anche rispetto a una società in liquidazione, ove gli elementi attivi del patrimonio sociale non consentano, appunto, di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali (Cass. n. 25167/2016).
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, senza provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della mancata attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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