CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 luglio 2019, n. 19026
Lavoro – Soci lavoratori – Violazione del divieto di interposizione di manodopera – Verbale ispettivo
Considerato in fatto
1. La Corte d’appello di Torino , in parziale riforma del Tribunale di Cuneo, con sentenza non definitiva, decidendo sulle opposizioni proposte dalla soc. (…) di Caramagna (Z.) avverso le cartelle esattoriali notificate dall’Inps e dall’Inail, ha dichiarato che la soc. opponente era tenuta a versare agli istituti i contributi e premi, gli interessi e le somme aggiuntive conseguenti alla violazione del divieto di interposizione di manodopera, accertato con verbale ispettivo del 28/7/2000, nei limiti della prescrizione quinquennale, ovvero decennale relativamente ai soci lavoratori denuncianti indicati al punto 5.2 lett.c) del citato verbale e tenendo conto dell’intervenuta interruzione della prescrizione alla data del 28/7/2000.
Con sentenza definitiva la Corte d’appello ha poi quantificato le somme dovute dalla società.
La Corte ha esposto che la soc. Z. svolgeva l’attività di (…) per immersione dei pezzi ferrosi per conto terzi; che l’attività di (…) vera e propria era effettuata esclusivamente da dipendenti della società; che ai soci lavoratori dipendenti della Cooperativa Solidarietà due erano affidati i lavori di “carico, scarico materiale, sconfezionamento pacchi e aggancio degli attrezzi del materiale da (…), sgancio del materiale Zincato e confezionamento pacchi per la spedizione “e che alle Cooperative E.D. e E.B. e L. L. ” i soli lavori di carico e scarico materiali imballati e loro confezionamento, imballaggio, carico e spedizione del materiale”.
La Corte ha poi affermato che dal complessivo quadro probatorio era risultata provata un’ipotesi di intermediazione vietata; che presso il sito non vi erano responsabili delle diverse cooperative che dessero disposizioni ai soci perché a ciò vi provvedeva la Z.; che le cooperative mettevano a disposizione mera forza lavoro essendo l’attività dei soci svolta utilizzando in modo assolutamente prevalente, attrezzature, macchine di proprietà della Z.; che i soci lavoratori lavoravano fianco a fianco con i dipendenti della Z. spesso svolgendo le medesime mansioni restando inseriti a pieno titolo nel ciclo produttivo ciclo di cui faceva parte l’attività sia preparatoria alla (…), sia successiva relativa al controllo dei pezzi già Zincati.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la soc Z. Resistono l’Inps e l’Inail.
Ritenuto in diritto
3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 115 cpc per avere la Corte violato le norme sul fatto notorio ritenendo che le dichiarazioni rese dal soci lavoratori agli ispettori fossero fatti rientranti nella comune esperienza ai fini della sussistenza di una illecita interposizione di manodopera o dando valore di fatto notorio a concezioni puramente personali e soggettive. La Corte, inoltre,ha violato il disposto che impone di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti avendo nella specie valutato solo le dichiarazioni rese agli ispettori.
Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1, comma 3, L. n. 1369/1960. La ricorrente deduce che la Corte, senza neppure prendere in considerazioni i contratti, sulla base di una valutazione unidirezionale degli elementi probatori, ha affermato la sussistenza della presunzione di illecita interposizione di manodopera.
Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 1, comma 218, L. n. 662/1996 per non avere applicato la sanzione inferiore in presenza di oggettive incertezze giurisprudenziali.
4. I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.
Pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni di legge, il ricorso risulta sostanzialmente inteso a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.
I motivi si incentrano essenzialmente sulla considerazione che erroneamente la Corte aveva fondato la decisione sulle dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, senza valutare le altre prove proposte dalle parti ed anzi ritenendo le dichiarazioni rese agli ispettori alla stessa stregua di fatti notori.
I rilievi sono infondati atteso che la Corte manifesta, in modo esauriente e del tutto logico, di aver valutato non solo le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori, ma anche le dichiarazioni rese dall’amministratore e dagli altri testi escussi in giudizio.
E’ noto che il ricorso in cassazione non può essere volto ad ottenere una lettura delle risultanze probatorie difforme da quella operata dalla Corte territoriale, essendo la valutazione di tali risultanze – al pari della scelta di quelle, tra esse, ritenute più idonee a sorreggere la motivazione – un tipico apprezzamento di fatto, riservato in via esclusiva al giudice del merito: il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva.
La Corte ha ampiamente esposto le ragioni che l’hanno condotta a ritenere maggiormente attendibili le dichiarazioni rese agli ispettori in quanto più genuine e sincere di quelle rese, a distanza di tempo, in giudizio. Ha esaminato le dichiarazione rese dai testi in giudizio rilevando che effettivamente alcune fossero favorevoli alla tesi della società,ma ha ritenuto necessario porle a raffronto con quelle rese agli ispettori al fine di valutare quelle maggiormente attendibili giungendo ad affermare che tale raffronto portava a ritenere del tutto inattendibili quelle rese da alcuni testi (A., D.P., P., R., S.) ed invece assolutamente univoche quelle rese da numerosi lavoratori agli ispettori dalle quali risultava, tra l’altro, che le disposizioni erano date anche a tutti i dipendenti delle cooperative da F.R., della soc Z.
La Corte ha messo in luce elementi decisivi per la configurazione di una fattispecie di interposizione di manodopera vietata escludendo, infine, che l’attività svolta dai soci delle varie cooperative si concretasse in soli lavori di facchinaggio, come preteso dalla società ricorrente.
Risulta, infine, del tutto infondato anche il terzo motivo circa la misura delle sanzioni. Con tale censura la ricorrente chiede l’applicazione delle più favorevoli sanzioni previste in caso di omissione sul presupposto dell’esistenza di “un contrasto giurisprudenziale”, contrasto che la ricorrente neppure specifica in modo chiaro e dunque non evidenzia ragioni per modificare sul punto la decisione della Corte d’appello che ha esaurientemente risposto anche con riferimento a tale richiesta.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare a favore dell’Inail Euro 8.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, nonché a favore dell’Inps Euro 20.000, 00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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