CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 ottobre 2021, n. 28717
Tributi – Imposta di bollo virtuale – Versamento periodico a titolo provvisorio – Omissione – Sanzioni
Rilevato che
1. In data 16 luglio 2012 l’Agenzia delle Entrate notificava alla società V. SPA in amministrazione straordinaria un avviso di accertamento con irrogazione delle sanzioni per omesso e tardivo versamento dell’imposta di bollo, da assolversi in modo virtuale, ai sensi dell’articolo 15 del DPR 642 del 1972, oltre interessi di legge, per l’anno 2011, per la complessiva somma di euro 46.474,32.
La società impugnava l’avviso, deducendo di essere stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.L. n. 347 del 2003 a far data dal 18 ottobre 2011; – di essere stata dichiarata insolvente in data 20 ottobre 2011; – che i commissari avevano predisposto un programma liquidatorio.
Deduceva altresì di aver ricevuto, in data 23 febbraio 2012, la notifica di un avviso di liquidazione relativo sempre ad imposta di bollo, assolta in modo virtuale, con il quale veniva invece liquidato il conguaglio di detta imposta a debito per l’anno 2011, in euro 7.373,94. Lamentava, infine, la incongruenza dei due atti ed in ogni caso la non debenza delle imposte maturate prima della ammissione alla procedura.
Il ricorso della società veniva accolto in primo grado.
Proposto appello da parte dell’Agenzia delle Entrate, la CTR della Lombardia lo respingeva rilevando che è stata erroneamente determinata la sanzione, considerando che la base su cui essa va commisurata non può prescindere dall’entità dell’imposta effettivamente dovuta per l’anno in esame e quindi va calcolata non sulla base della liquidazione provvisoria ma di quella definitiva che ammonta ad euro 7.737,94.
Il giudice d’appello considerava priva di pregio la deduzione dell’ufficio, secondo cui le sanzioni sarebbero dovute per il mancato assolvimento del versamento delle rate del 31/10/2011 e del 31/12/2011, poiché come accertato dalla regionale, la V. aveva pagato l’importo di euro 7.373,94 e il debito tributario era sorto solo al momento dell’emissione delle fatture e delle ritenute operate. Avverso la predetta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto, sulla base di un solo motivo, ricorso per Cassazione.
Si è costituita con controricorso la società.
Fissata l’udienza camerale di trattazione della causa, la società ha depositato memoria ex art 380 bis c.p.c. e allegati documenti con la quale deduce che la società è stata oggetto di confisca ex art 58 D.Lgs. 159/2011 e quindi il ricorso sarebbe improcedibile, dovendo i crediti essere accertati dal Tribunale che ha disposto la misura.
La causa è stata trattata alla adunanza camerale non partecipata del 24 settembre 2021
Ritenuto che
2. – Preliminarmente si osserva che l’avvenuta confisca della società, circostanza dedotta e documentata con la memoria depositata dalla controricorrente, integra fatto sopravvenuto rilevante ai fini della decisione, sebbene le conseguenze del provvedimento di confisca, nel caso di debito erariale, non corrispondano a quelle invocate dalla parte.
Deve infatti tenersi conto che il creditore del tributo è lo Stato, cioè lo stesso soggetto che a seguito della confisca incamera i beni.
Questa Corte ha già affermato il principio, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo il quale ai sensi dell’art. 50, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, nell’ipotesi di confisca di prevenzione dei beni, aziende o partecipazioni societarie già sottoposte a sequestro, i crediti impositivi si estinguono per confusione ex art. 1253 c.c., nei limiti in cui abbiano trovato capienza nel patrimonio del debitore oggetto di confisca, con la conseguenza che l’accertamento dell’avvenuta estinzione del debito erariale per confusione presuppone la verifica, oltre che dell’ammontare complessivo dei crediti, anche dell’entità del patrimonio sociale (Cass. n. 15601 del 22/07/2020).
Questo accertamento tuttavia presuppone che si verifichi la correttezza del principio applicato dal giudice d’appello in relazione al motivo di ricorso.
3.- Con il primo e unico motivo del ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 25 del DPR 642/1972, nonché dell’articolo 13 del D.lgs. 471/ 1997, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c.; per avere il giudicante ritenuto che l’importo da assumere come base per il calcolo delle sanzioni fosse da individuare nella misura dell’imposta liquidata in via definitiva sulla base della dichiarazione a consuntivo.
Deduce che si tratta di una erronea applicazione della normativa in tema di imposta virtuale di bollo, la cui procedura di liquidazione è distinta in due fasi, secondo quanto dispone l’art. 15 cit.
Ed invero una volta che il soggetto è autorizzato ad assolvere l’imposta in modo virtuale deve presentare una dichiarazione “contenente l’indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi e ricevuti durante l’anno”. Sulla base di questa dichiarazione l’ufficio procede alla liquidazione provvisoria dell’imposta ripartendo nell’ammontare in tante rate uguali, quanti sono i bimestri compresi nel periodo. Entro il successivo mese di gennaio il contribuente deve poi presentare una dichiarazione contenente l’indicazione del numero degli atti e documenti effettivamente messi nell’anno precedente e sulla base di questa dichiarazione l’ufficio, previ gli opportuni riscontri, procede alla liquidazione definitiva dell’imposta dovuta per l’anno precedente imputando la differenza a debito o a credito.
Premesso il quadro normativo nell’ambito del quale deve essere assolta l’imposta di bollo, l’Agenzia deduce di avere applicato gli art. 25 del DPR 642/1972 e 13 del D.lgs. 471/1997, norma quest’ultima di portata generale, rilevando il mancato pagamento delle due ultime rate con scadenza rispettivamente il 31 ottobre e il 31 dicembre 2011.
4.- Il motivo è fondato, nei termini appresso specificati.
Il sistema di pagamento dell’imposta virtuale di bollo è basato sulla continuità del versamento periodico a titolo provvisorio (in arg. v. 3750 del 15/02/2013) ed il contribuente è obbligato ai versamenti rateali in base alla liquidazione provvisoria, come disposto dall’art.15 comma IV, del citato DPR 642/1972.
L’art. 25 dello stesso decreto legge sanziona la condotta di chiunque non corrisponde, in tutto o in parte, l’imposta di bollo prevista sugli atti, documenti e registri, dovuta sin dall’origine, mentre l’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in riferimento al quale questa Corte ha già affermato che trattasi di norma di carattere generale per tutte le ipotesi di pagamento tardivo (Cass. n. 21449 del 09/10/2009; Cass. n. 732 del 13/01/2017), chiarisce che la sanzione è commisurata in misura percentuale di ogni importo non versato alle dovute scadenze, anche se dovuto in acconto.
4.1- Nel caso di specie, l’imposta di cui è dovuto il versamento e la cui omissione comporta l’applicazione delle sanzione, è quella liquidata a titolo provvisorio, con riserva di successivo conguaglio alla liquidazione definitiva.
Non rileva, pertanto, ai fini sanzionatori, che il contribuente abbia successivamente pagato la somma dovuta a seguito di liquidazione definitiva.
In ciò si evidenzia l’errore in cui è incorso il giudice d’appello, che avrebbe dovuto verificare non già il pagamento dell’imposta liquidata a titolo definitivo per l’anno 2011 (euro 7.373,94) bensì il versamento (o meno) delle rate di imposta liquidata a titolo provvisorio, relative al periodo di pertinenza della società in amministrazione controllata, posto che l’Agenzia contesta il mancato versamento delle rate aventi scadenza 31/10/2011 e 31/12/2011.
Da quanto sopra esposto deriva la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, che dovrà uniformarsi ai principi sopra enunciati al fine di accertare l’avvenuta estinzione del debito erariale per confusione a seguito di confisca, verificando, oltre che l’ammontare complessivo dei crediti, anche l’entità del patrimonio sociale.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Commissione regionale della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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