CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2018, n. 16171
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – CTU d’ufficio – Acquisizione di documentazione mai prodotti dal contribuente né nella fase amministrativa né in giudizio – Violazione dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992 – Nullità della sentenza
Rilevato
– che l’Agenzia delle Entrate con avviso di accertamento ai fini IRES ed IRAP per l’anno di imposta 2007 accertava a carico di T.C., esercente l’attività di gestione di apparecchi da gioco, ex art. 110, comma 6, TULPS (R.D. 18 giugno 1931 n. 773), l’omessa contabilizzazione di ricavi derivanti dalla raccolte delle giocate e l’indebita deduzione di costi risultanti da due autofatture emesse dal predetto contribuente al concessionario G. s.p.a. per corrispettivi a questa spettanti sulla raccolta delle giocate;
– che il ricorso proposto dal contribuente avverso tale atto impositivo veniva rigettato dalla CTP di Teramo con sentenza che, appellata dal contribuente, veniva riformata dalla CTR dell’Abruzzo sulla base delle risultanze della consulenza tecnica disposta d’ufficio;
– che avverso la statuizione d’appello ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo, variamente articolato, cui resiste l’intimato con controricorso;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce, cumulativamente, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 2697 cod. civ., 112, 115, 116 e 193 cod. proc. civ., d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 c 58, d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 nonché d.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, sostenendo:
a) che la CTR aveva fondato la decisione esclusivamente sulle risultanze della espletata CTU «formata in maniera illegittima», in quanto il consulente, per l’espletamento dell’incarico, aveva acquisito dal contribuente documenti dal medesimo mai prodotti né nella fase amministrativa né in giudizio;
b) che la CTR, valorizzando a fini decisori la documentazione irregolarmente acquisita dal CTU, aveva contravvenuto il disposto di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 che prevede che «Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa […]», peraltro in assenza di una dichiarazione del contribuente «di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile»;
c) che la CTR aveva riconosciuto la deducibilità dei costi risultanti dalle due autofatture, pur in assenza dei requisiti previsti dall’art. 109 TUIR, posto che negli estratti conto bancari del contribuente non vi era traccia alcuna di pagamenti a favore della G. S.p.a. riconducibili, per importi e date, ai predetti documenti fiscali;
– che le eccezioni di inammissibilità del motivi di ricorso proposti dal controricorrente, da esaminarsi preliminarmente, sono manifestamente infondate attesa la specificità delle censure mosse dal ricorrente alla statuizione di merito, per come sopra sunteggiate, e la loro riconducibilità alle violazioni di diverse disposizioni di legge, senza indurre ad una rivalutazione del merito della vicenda processuale, sufficientemente delineata nei suoi aspetti essenziali di cui non è sollecitata alcuna riconsiderazione, sicuramente non nella valutazione dell’opportunità di espletare una consulenza tecnica; quanto all’erronea sussunzione del vizio denunciato con riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., è appena il caso di ricordare il principio, aderente al caso di specie, secondo cui «L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato»;
– che, invece, quanto alla formulazione cumulativa delle censure, è sufficiente ricordare che secondo Cass., Sez. U., n. 9100 del 2015, una tale modalità di articolazione del motivo di ricorso «non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta [come nel caso in esame] di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati»;
– che, venendo alla prima censura prospettata nel motivo in esame, osserva il Collegio che la stessa è fondata e va accolta, avendo la CTR fondato la propria decisione su una consulenza tecnica d’ufficio condotta su documentazione che il consulente ha acquisito dal contribuente che non l’aveva mai precedentemente prodotta; in buona sostanza, su documenti acquisiti d’ufficio in violazione in violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992;
– che tale disposizione, proprio a seguito dell’abrogazione del terzo comma che attribuiva «alle commissioni tributarie facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia», interpretata alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., non consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, ma gli attribuisce solamente un potere istruttorio in funzione integrativa, e non integralmente sostitutiva, degli elementi di giudizio (Cass. n. 673 del 2007; e n. 955 del 2016); potere integrativo, quello consentito al giudice di merito, che, come questa Corte ha chiarito (Cass. da ultimo citata) «può essere esercitato soltanto ve sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine di integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia (cfr. Cass. Civ., Sez. 5, n. 24464 del 17/11/2006, Rv. 594275; n. 14960 del 22/06/2010, Rv. 613988) e sempre che la parte su cui ricade l’onere della prova non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita ma questa risulti piuttosto ostacolata dall’essere i documenti in possesso dell’altra parte o di terzi (v. Cass. Civ., Sez. 5, n. 7078 del 24/03/2010; Sez. 5, n. 10970 del 14/05/2007)»; peraltro «i poteri in questione non sono arbitrari ma discrezionali ed il loro esercizio, così come il loro mancato esercizio, deve essere adeguatamente motivato (v. Cass. Civ., Sez. 5, n. 673 del 2007, cit.)»; motivazione sull’esercizio del potere integrativo del tutto omessa dalla CTR che si è limitata a rigettare la censura proposta dall’Agenzia delle entrate sulla base della irrilevante quanto erronea osservazione che spettasse «all’Ufficio in sede di controllo […] richiedere la documentazione al contribuente» (sentenza, pag. 4);
– che è infondata la seconda censura proposta con il motivo in esame, con riferimento alla violazione e falsa applicazione art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973; invero, «l’omessa o intempestiva esibizione da parte del contribuente di dati e documenti in sede amministrativa è sanzionata con la preclusione processuale della loro allegazione e produzione in giudizio, che prevale rispetto all’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e che non può ritenersi sanata ove l’Amministrazione finanziaria non sollevi la relativa eccezione in sede di udienza di discussione della causa, atteso il carattere perentorio del termine di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. n. 22745 del 2016), ma, come questa Corte ha chiarito (Cass. n. 27069 del 2016), «solo in presenza dello specifico presupposto […] costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza», «la cui prova incombe sull’Amministrazione» che, nel caso di specie non è stata fornita, essendo il ricorso sul punto del tutto silente;
– che con l’ultima censura del mezzo di cassazione in esame, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 109 TUIR per avere la CTR riconosciuto la deducibilità dei costi risultanti da due auto fatture emesse dal contribuente per compensi extracontabili versati alla G. s.p.a., nonostante negli estratti conto bancari del medesimo non vi era alcuna traccia di pagamenti a favore della G. s.p.a. riconducibili, per importi e date, ai predetti documenti fiscali;
– che il motivo è infondato in quanto la tesi ivi sostenuta si pone in contraddizione sia con l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di merito, che sul punto hanno affermato che «i pagamenti rilevati nel partitario fornitore Garmenet (c/40/00164), salvo differenze non significative, hanno tutti riscontro nell’estratto conto bancario», sia con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, in virtù dell’art. 2, comma 6 bis, del d.l. n. 90 del 1990, convertito in 1. n. 165 del 1990, avente, come norma interpretativa, efficacia retroattiva, sia l’art. 74 del d.P.R. n. 597 del 1973 che l’art. 75 (ora 109, comma 5) del d.P.R. n. 917 del 1986 devono intendersi nel senso che le spese ed i componenti negativi sono deducibili anche se non risultino dal conto dei profitti e delle perdite, purché siano almeno desumibili dalle scritture contabili», «se e nella misura in cui siano stati annotati nelle scritture contabili» (Cass. n. 8322 del 2016, che richiama Cass. n. 8000 del 2003, n. 6051 del 2002, n. 4304 del 1997);
– che, conclusivamente, va accolto la prima censura dedotta con il mezzo di cassazione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR che rivaluterà la vicenda processuale alla stregua della ragioni di accoglimento del motivo di ricorso, provvedendo anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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