CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 agosto 2022, n. 25059
Cartella esattoriale INPS – Sgravi indebitamente fruiti ex art. 44, l. n. 448/2001 – Opposizione – Onere di contestazione – Limiti
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 19.4.2016, la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta da S.M. s.r.l. avverso la cartella esattoriale con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per sgravi indebitamente fruiti ex art. 44, l. n. 448/2001;
che avverso tale pronuncia S.M. s.r.l. in liquidazione e concordato preventivo obbligatorio ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che la società concessionaria dei servizi di riscossione è rimasta intimata;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte di merito accolto l’appello dell’INPS nonostante che esso avesse introdotto circostanze nuove, non avendo in primo grado l’Istituto eccepito l’insussistenza degli altri requisiti previsti dall’art. 3, comma 6, l. n. 448/1998 (richiamato dall’art. 44, l. n. 448/2001, al fine di individuare i presupposti soggettivi e oggettivi per beneficiare degli sgravi) ed essendosi appuntata la controversia esclusivamente sulla possibilità o meno di sussumere la sua attività di costruzione di imbarcazioni da diporto nella più ampia nozione di costruzione di navi, per la quale la Commissione Europea aveva escluso la possibilità di fruire degli sgravi di cui alla legge cit.;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia reso alcuna pronuncia in ordine all’oggetto del contendere per come irrevocabilmente individuato in prime cure, ossia circa la natura dell’attività da essa svolta;
che, con riguardo al primo motivo, è consolidato il principio di diritto secondo cui non sono inammissibili quei motivi di impugnazione con i quali il convenuto, soccombente nel giudizio di primo grado, eccepisca la mancanza della prova del diritto controverso, atteso che la doglianza proposta dall’appellante non costituisce eccezione in senso tecnico ma una mera sollecitazione dei poteri ufficiosi del giudice, il quale deve rilevare d’ufficio la mancanza della prova dei fatti posti a base della pretesa dell’attore (così, tra le innumerevoli, Cass. n. 10475 del 2003, 3284 del 2004, 4545 del 2009, 12706 del 2012), con l’ovvia esclusione di quei fatti che, in ragione della pregressa non contestazione, siano stati espunti dal thema probandum (Cass. n. 4854 del 2014);
che, sotto altro ma concorrente profilo, è del pari consolidato il principio secondo cui l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (così da ult. Cass. n. 87 del 2019, sulla scorta di Cass. n. 14652 del 2016), e concerne precipuamente i fatti oggetto di compiuta allegazione negli atti introduttivi, non estendendosi né ai giudizi, né a tutte quelle attività valutative compiute dalla parte che comportino il confronto di un certo fatto con regole di matrice legale o negoziale (così, fra le più recenti, Cass. n. 23445 del 2019), né a fortiori ai documenti, rispetto ai quali esiste solo un onere di eventuale disconoscimento nei casi di cui all’art. 214 c.p.c. o di proporre – se del caso – querela di falso ex art. 221 c.p.c., mentre la loro significatività o valenza probatoria può essere oggetto di discussione fra le parti in ogni momento, così come può essere autonomamente valutata dal giudice (in tal senso, da ult., Cass. n. 5708 del 2018);
che, applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, balza evidente l’infondatezza del motivo di censura in esame, non avendo certamente l’INPS alcun onere di contestare fatti ad esso ignoti e che, per di più, come rimarcato dai giudici territoriali, non avevano formato oggetto di alcuna specifica allegazione, come appunto la consistenza occupazionale dell’odierna ricorrente nonché l’incremento del numero dei suoi dipendenti a tempo pieno e indeterminato rispetto alla data del 31.12.2001, richiesti dall’art. 44, l. n. 448/2001 al fine di beneficiare dello sgravio;
che, rimanendo necessariamente assorbito il secondo motivo, il ricorso va pertanto rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza e si liquidano nei confronti della parte controricorrente;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’INPS, liquidandole in C 5.200,00, di cui C 5.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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