CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 febbraio 2021, n. 4806

Tributi – Credito d’imposta – Utilizzo in compensazione – Limite

Fatti di causa

Rilevato che:

la parte contribuente ricorreva avverso l’atto di recupero con il quale l’Ufficio aveva recuperato il credito d’imposta indebitamente utilizzato in compensazione nell’anno 2010 per l’importo di 60.111 euro oltre a sanzioni e interessi, in ragione del superamento del limite massimo di 516.456,90 euro degli importi che possono essere utilizzati in compensazione stabilito dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, vigente all’epoca dei fatti: sosteneva in particolare il contribuente che il D.L. aveva innalzato il suddetto limite a 700mila euro; la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso; la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Ufficio, ritenendo che, in caso di successione di leggi nel tempo, debba applicarsi la norma più favorevole al contribuente;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituiva:

Ragioni della decisione

Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 34 della legge n. 388 del 2000, dell’art. 10 del D.L. n. 78 del 2009, dell’art. 9 del D.L. n. 35 del 2013, dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 e degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 per avere, in relazione all’anno d’imposta 2010, annullato le sanzioni comminate in applicazione del principio del favor rei avendo il D.L. n. 35 del 2013 innalzato il limite dei crediti d’imposta utilizzabili in compensazione, in violazione del principi di irretroattività della legge;

Il motivo di impugnazione è infondato.

Infatti, secondo l’art. 3 (Principio di legalità) della legge n. 472 del 1997 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie) se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole.

In particolare, secondo questa Corte:

in materia di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, l’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, applicabile “ai procedimenti in corso” alla data dell’ 1 aprile 1998, purché il provvedimento di irrogazione della sanzione non sia divenuto definitivo, ha sancito il principio del “favor rei”, sicché la sanzione meno grave, più favorevole al trasgressore, ha portata retroattiva nei giudizi pendenti. Tale normativa di carattere generale è applicabile anche alle violazioni in materia di IVA, atteso che il nuovo regime sanzionatorio, introdotto dal d.lgs. n. 471 del 1997 ed entrato in vigore l’1 aprile 1998, prevede una sistematica repressiva meno onerosa rispetto al precedente sistema. In particolare, l’art. 16 ha abrogato, fra l’altro, l’art. 41 del d.P.R. n. 633 del 1972 e l’art. 6, comma 8, ha determinato i margini del “quantum” della pena pecuniaria dovuta in ipotesi di omessa autofatturazione da parte del cessionario o del committente, senza però riproporre, neppure nella riformulazione contenuta nel d.lgs. n. 203 del 1998, il pagamento dell’imposta (avente anch’esso, nel regime dell’abrogato art. 41, natura sanzionatoria: Cass. n. 4927 del 2019);

in tema di sanzioni per omesso versamento di tributi, il pagamento tardivo da parte del contribuente comporta l’applicazione del trattamento sanzionatorio più favorevole anche per i giudizi in corso, per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 all’art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997, in ragione del principio di “favor rei” previsto dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. n. 14848 del 2020);

in materia di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, l’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997, applicabile “ai procedimenti in corso” alla data dell’1° aprile 1998, purché il provvedimento di irrogazione della sanzione non sia divenuto definitivo, ha sancito il principio del “favor rei”, sicché la sanzione meno grave, più favorevole al trasgressore, ha portata retroattiva nei giudizi pendenti. Tale normativa di carattere generale è applicabile anche alle violazioni in materia di IVA, atteso che il nuovo regime sanzionatorio, introdotto dal d.lgs. n. 471 del 1997 ed entrato in vigore il 1° aprile 1998, prevede una sistematica repressiva meno onerosa rispetto al precedente sistema. In particolare, l’art. 16 ha abrogato, fra l’altro, l’art. 41 del d.P.R. n. 633 del 1972 e l’art. 6, comma 8, ha determinato i margini del “quantum” della pena pecuniaria dovuta in ipotesi di omessa autofatturazione da parte del cessionario o del committente, senza però riproporre, neppure nella riformulazione contenuta nel d.lgs. n. 203 del 1998, il pagamento dell’imposta (avente anch’esso, nel regime dell’abrogato art. 41, natura sanzionatoria: Cass. n. 4927 del 2019);

in tema di IVA e, in particolare, di disciplina dell’inversione contabile, il comma 9-bis.3 dell’art. 6 del d.lgs. n. 471 del 1997 – il quale, in coerenza con i principi enunciati dalla giurisprudenza unionale in materia di “reverse charge”, ha previsto un più lieve trattamento sanzionatorio, espressamente applicabile anche nei casi di operazioni inesistenti – è norma di carattere eccezionale che definisce gli aspetti procedimentali della violazione e le correlate sanzioni e, nel rispetto del principio del “favor rei”, è applicabile retroattivamente, anche d’ufficio, alle violazioni commesse prima del 1° gennaio 2016, a meno che gli atti di recupero non siano divenuti definitivi (Cass. n. 32552 del 2019);

in tema di agevolazioni “prima casa”, l’art. 33 del d.lgs. n. 175 del 2014, che ha allineato la disciplina in materia d’IVA a quella prevista per l’imposta di registro, pur non potendo trovare applicazione, quanto alla debenza del tributo, agli atti negoziali anteriori alla data della sua entrata in vigore e, cioè, al 1 gennaio 2014, può, tuttavia, rispetto ad essi, spiegare effetti a fini sanzionatori, in applicazione del principio del “favor rei”, posto che, proprio in ragione della più favorevole disposizione sopravvenuta, la condotta che prima integrava una violazione fiscale non costituisce più il presupposto per l’irrogazione della sanzione (Cass. n. 32304 del 2018; Cass. n. 13235 del 2016; Cass. n. 26423 del 2018).

La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi laddove ha applicato al caso di specie il principio della retroattività della legge tributaria più favorevole al reo in materia di sanzioni riguardanti IVA, annullando coerentemente le sanzioni che erano state comminate in applicazione della legge tributaria vigente al momento del fatto: in effetti la normativa sopravvenuta, poiché ha modificato in senso più ampio e favorevole al reo la compensabilita del credito di imposta e poiché ha escluso conseguentemente la rilevanza dell’illecito, non può non avere effetti sulla sanzione precedentemente applicata, posto che, proprio in ragione della più favorevole disposizione sopravvenuta, la condotta che prima integrava una violazione fiscale non costituisce più il presupposto per l’irrogazione della sanzione.

Ritenuto che pertanto il ricorso dell’Agenzia delle entrate va respinto e che nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituito il contribuente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.