CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 giugno 2021, n. 18047

Tributi – ICI – Avvisi di accertamento notificati a mezzo posta da operatore postale privato licenziatario – Legittimità

Rilevato che

1. G.L. propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2274/24/17 del 19/76/17, con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento per lci 2003, 2005 e 2006 notificatigli dal Comune di Canicattì.

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha osservato che:

sebbene eseguite, a mezzo di posta raccomandata, non da Poste Italiane, bensì da società privata licenziataria (S.P. srl), le notificazioni degli atti impositivi in oggetto non dovevano ritenersi giuridicamente inesistenti, né avevano comunque indotto l’inesistenza degli atti impositivi notificati, dal momento che questi ultimi erano pervenuti debitamente a conoscenza del L., il quale li aveva infatti tempestivamente impugnati avanti alla commissione tributaria provinciale;

infondata era l’eccezione del L. di inammissibilità dell’appello proposto dal Comune di Canicattì per mancato deposito, o trasmissione postale, alla segreteria della commissione tributaria regionale, entro 30 giorni dalla proposizione del gravame, di copia del ricorso con la ricevuta di ‘spedizione’ per raccomandata del plico postale (artt. 22 e 53 d.lgs. 546/92), dal momento che dalle risultanze di causa emergeva comunque sia la tempestiva costituzione in giudizio del Comune, sia l’avvenuta notificazione dell’appello nel rispetto del termine di cui all’articolo 327 cod.proc.civ. (risultando, in particolare, che la notificazione dell’appello si era perfezionata a mezzo posta il 6 settembre 2012 con trasmissione a mezzo posta del medesimo ricorso in data 17 settembre 2012, a fronte di sentenza di primo grado, non notificata, pubblicata il 7 maggio 2012).

Resiste con controricorso il Comune di Canicattì.

§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso il L. lamenta – ex art. 360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 4 e 5 d.lvo 261/99, nonché 156 cod.proc.civ..

Ciò per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che la notificazione degli atti amministrativi e giudiziari era riservata a Poste Italiane come gestore esclusivo del servizio universale di posta e titolare del relativo potere accertativo e probatorio, con la conseguenza che la notificazione effettuata da un soggetto privato, non qualificato ai sensi del citato decreto legislativo 261/99, doveva ritenersi radicalmente inesistente (secondo i parametri di cui in Cass.SSUU n.14916 del 2016), e pertanto non sanabile per raggiungimento dello scopo.

§ 2.2 Il motivo è infondato.

La questione della validità-inesistenza della notificazione di atti giudiziari e processuali è stata affrontata e recentemente risolta dalla Sezioni Unite di questa Corte, nel senso che: “in tema di notificazioni di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva ed il regime introdotto dalla l. n. 124 del 2017. La sanatoria della detta nullità per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva però ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, dovuta all’assenza di poteri certificativi dell’operatore, perché sprovvisto di titolo abilitativo” (Cass. SSUU 299/20).

Lo stesso problema è stato vagliato con riguardo alla notificazione degli atti tributari impositivi, assunti quale species del genus degli atti amministrativi, con affermazione di validità della stessa qualora realizzata da operatore postale privato licenziatario.

Si è infatti recentemente stabilito – anche in ragione dell’evoluzione interpretativa che ormai configura come assolutamente residuale l’ipotesi di radicale inesistenza della notificazione, secondo quanto stabilito da altra pronuncia delle Sezioni Unite (Cass.SSUU n. 14916/16, cit.) – che: “in tema di notificazioni a mezzo posta di atti impositivi, per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., è valida la notifica compiuta – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata col d.lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a pieno compimento dalla l. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla ‘licenza individuale’ di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 261 cit., configurandosi l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali” (così Cass. 15360/20).

Con sentenza n. 8416/19, le SSUU hanno inoltre stabilito: “con riferimento alla disciplina ratione temporis nella specie applicabile, va osservato che la riserva della notifica a mezzo posta all’Ente Poste (poi società P.I. s.p.a.), pur se posteriore (art. 10, comma 6, L. n. 265 del 1999, che ha modificato l’art. 18 L. n. 689/81) al d.lgs. n. 261 del 1999 di liberalizzazione (nel più ampio quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali) delle notificazioni, è stata successivamente limitata alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e alla notificazione a mezzo posta delle violazioni al Codice della strada per effetto del disposto di cui all’art. 4 d.lgs. n. 261 del 1999, come modificato dal d.lgs. n. 58 del 2011, vigente alla data di notifica del verbale di contestazione di cui trattasi“.

Anche per la notificazione degli atti impositivi va quindi esclusa la fattispecie di radicale inesistenza qui propugnata dal ricorrente; il quale, per altro verso, non ha dedotto né che la notificazione dell’avviso di accertamento in questione sia stata effettuata da un operatore di posta privato non licenziatario (risultando anzi il contrario dagli atti di causa) né, in ogni caso, che le adottate modalità di notificazione gli abbiano arrecato concreto pregiudizio, emergendo anzi che l’avviso di accertamento in questione venne da lui tempestivamente impugnato in sede giurisdizionale, con pieno esercizio del diritto di difesa.

Ricorre dunque, a definitiva soluzione della questione, l’ulteriore ed assorbente principio (già correttamente valorizzato dalla sentenza qui impugnata) affermato con specifico riguardo alla materia in esame, secondo cui: “In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequívocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio.”. (Cass.n. 21071/18, ed altre conformi).

3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 22 e 53 d.lgs. 546/92, stante l’omesso deposito, da parte del Comune appellante, della ricevuta di spedizione della raccomandata postale contenente l’atto di appello. Questa incombenza, prescritta a pena di inammissibilità, era stabilita per accertare sia la tempestiva costituzione in giudizio dell’appellante nel termine di 30 giorni dalla ‘spedizione’ e non dalla ‘ricezione’ del ricorso, sia la stessa osservanza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso introduttivo ovvero dell’atto di appello, così da escludersi la definitività dell’atto ovvero il passaggio in giudicato della sentenza gravata.

§ 3.2 Il motivo è infondato.

La disciplina ex art.22 d.lgs. 546/92 (richiamata per l’appello dall’art.53) è stata rivisitata da questa corte di legittimità, la quale (con la sentenza delle SSUU n. 13452/17) ha chiarito che:

il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente deve essere fatto decorrere, non dalla data della ‘spedizione’ del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ‘ricezione’ del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione);

– non sussiste causa di inammissibilità del ricorso notificato a mezzo posta allorquando il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.

Ciò premesso ad inquadramento della problematica dedotta con la censura, va considerato che nel caso di specie il giudice di merito ha accertato la tempestività tanto della costituzione in giudizio del Comune appellante (tempestività che andrebbe a fortiori corroborata in applicazione del su riportato indirizzo di legittimità), quanto della stessa proposizione del gravame (ad escludere l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado), risultando essa pacificamente proposta ben prima dell’inutile spirare del termine ‘lungo’ ex art.327 cod.proc.civ..

Sotto entrambi i profili, la ratio della norma di cui si assume la violazione è stata quindi rispettata.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 510,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;

– v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.