CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2019, n. 27671
Tributi – Avviso di accertamento – Notifica – Irregolarità – Raggiungimento dello scopo – Validità dell’atto
Ritenuto che
– la FAIV s.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento T9H03B102247 emesso ai fini IRES, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2006, con il quale l’Agenzia delle Entrate di Brescia aveva accertato a suo carico ai fini IRES il reddito di impresa pari a € 108.482,00 (costituito dalla sommatoria del reddito dichiarato di € 24.133,00 e dei costi valutati indeducibili per € 84.349.0) , ai fini IRAP un valore della produzione netta di € 164.835,00 (pari alla sommatoria del valore della produzione lorda dichiarato per € 86.249,00 e dei costi indeducibili per € 78.856.0) e ai fini IVA una maggiore imposta per € 35.432,00, applicando all’imponibile di € 111.259,00 l’aliquota ordinaria del 20% e all’imponibile di € 131.800,00 l’aliquota ridotta del 10%;
– la Commissione tributaria provinciale di Brescia ha accolto il ricorso, annullando l’avviso di accertamento;
– la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l’appello;
– il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;
– l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
Considerato che
– con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione di legge sotto il profilo di motivazione solo apparente della sentenza impugnata, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c. p.c. Parte ricorrente deduce al riguardo l’esistenza di una motivazione non idonea a rivelarne la ratio decidendi;
– il motivo è inammissibile;
– la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232);
– la Commissione tributaria regionale non si è limitata a richiamare gli elementi indiziari e i dati e gli elementi certi acquisiti ma ha compiuto una loro autonoma valutazione, esplicitando il ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione (gli elementi, in particolare, sono stati valutati alla luce della condotta antieconomica della società, della concessione in autonoleggio a familiari, non paganti se non in minima parte l’autonoleggio di tre autovetture, della carenza di attività imprenditoriale vera e propria, dello svolgimento di operazioni palesemente elusive, stante la sussistenza dì un parco di autovetture anomalo ai fini del noleggio, creato per sfuggire alle disposizioni relative al redditometro);
con il secondo motivo di ricorso si deduce, cumulativamente, la violazione, e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 14 I. n. 890 del 1982, dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, degli art. 2727, 2728 e 2729 c.c., dell’art. 192 c.p.p., dell’art. 109 d.P.R. 917/86, degli artt. 39 e 54 d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 19, 21 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La società deduce che ove la Commissione tributaria regionale avesse fatto corretta applicazione degli arti. 3 e 14 I. n. 890 del 1982, applicabili anche alle notificazioni eseguite nell’ambito del procedimento tributario, avrebbe dovuto dichiarare nullo l’avviso di accertamento a seguito della giuridica inesistenza della sua notificazione per mancata indicazione nella relata e sulla busta contenente l’atto tanto del numero del registro cronologico, quanto della sottoscrizione del soggetto che ha proceduto ad effettuare l’incombente. Nel merito della questione si contesta la fondatezza del giudizio compiuto da parte della Commissione tributaria regionale, che ha basato la propria decisione soltanto su elementi aventi valore d’indizi e di presunzioni semplici e quindi inidonei a dimostrare i fatti costitutivi della pretesa tributaria;
– con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione degli artt. 3, 23, 24, 53, 93, e 111 della Costituzione, censurabile ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Parte ricorrente contesta la valutazione compiuta dalla Commissione tributaria regionale evidenziandone il contrasto con i principi che governano l’ordinamento tributario, specificando che il rapporto causale che deve sussistere tra le componenti del reddito e l’esercizio dell’attività di impresa implica che tutti i componenti di reddito, positivi e negativi, devono inerire all’esercizio dell’attività di impresa;
– il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente correlati con riferimento alla questione dell’onere della prova e del rilievo delle presunzioni, devono essere respinti;
– sulla questione della notifica dell’avviso di accertamento – contenuta nella prima parte del secondo motivo e proposta in termini non del tutto chiari, mancando la rubrica dei motivi – al di là della questione riguardante la riproposizione espressa del vizio di notifica nelle controdeduzioni depositate in appello, di cui nella sentenza impugnata non v’è traccia ove si richiama il contenuto delle controdeduzioni proposte, l’avviso di accertamento risulta essere stato ricevuto dal destinatario, che ha provveduto a impugnarlo nei termini di legge;
– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione è una mera condizione integrativa di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (Cass. 15 gennaio 2014 n. 654) e ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’amministrazione finanziaria (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790; Cass. 24 aprile 2015, n. 8374);
– infondata è la doglianza riguardante l’inidoneità degli elementi dedotti dall’ufficio e valorizzati dalla pronuncia per fondare la legittimità del recupero a tassazione. La Commissione tributaria regionale, infatti, sia pur con stile asciutto ma completo nei contenuti, ha richiamato puntualmente non solo i fatti indiziari ma anche i dati e gli elementi certi emersi dalle risultanze istruttorie che sono stati ritenuti idonei a integrare gli estremi della gravità, precisione e concordanza ai fini dell’accertamento (la FAIV S.r.l. aveva stipulato contratti di noleggio senza conducente con la D. N. O. – autovettura B. – e con L. E. R. – autovetture B. 6. coupé e B. M. coupé -, genitori del legale rappresentante, L. I.; due dei predetti contratti venivano stipulati in data 1 maggio 2006, nonostante la società sostenesse i costi relativi ai canoni di leasing e le spese di manutenzione sin dal mese di gennaio del 2006; l’autovettura Peugeot 407 executive S.. e l’autocarro Ford T. 2.4 T. risultavano concessi a noleggio alla Steel G. s.r.l., il cui legale rappresentante era L.. E. R e le cui quote erano detenute da L. I. e dal fratello L. F. nella misura del 50% ciascuno; dal controllo del partitario emergeva che i debiti di D. N. O. e L. E. R. per i noleggi di cui sopra erano stati pagati solo in minima parte; antieconomicità del comportamento imprenditoriale in quanto i costi relativi ai canoni di leasing e alle altre spese inerenti l’utilizzo dei beni in locazione finanziaria per l’anno 2006 ammontavano a € 105.983,23, rispetto all’importo di € 64.725,87 afferente ai componenti positivi, con una perdita netta di € 41.257,36), per cui nessuna violazione dell’onere della prova può rinvenirsi, mentre privi di specifico rilievo appaiono i richiami ai principi costituzionali, rappresentati invero in maniera non lineare e senza una specifica incidenza sull’accertamento compiuto dal giudice del gravame;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
– poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 -quater all’art. 13 del testo unico di cui al d. P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 5.600,00 per onorari oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.