CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 agosto 2020, n. 17609
Rivalutazione dell’indennità di disoccupazione agricola – Meccanismo di adeguamento del valore monetario dell’indennità – Sentenza n. 497/1988 della Corte costituzionale – Effetti sui rapporti tra assicurato ed ente previdenziale non ancora esauriti nel giorno della pubblicazione – Periodo di disoccupazione anteriore al detto giorno
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 30.10.2013, la Corte d’appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, ha rigettato, per quanto qui rileva, la domanda di R.M. volta a conseguire la rivalutazione dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 1986 e rideterminato l’importo delle spese non compensate dal primo giudice in € 131,50, di cui € 25,50 per onorari e € 106,00 per diritti, compensando interamente le spese del gravame tra l’appellante e l’INPS; che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione R.M., deducendo due motivi di censura, poi ulteriormente illustrati con memorie; che l’INPS ha resistito con controricorso; che la causa, a seguito di infruttuosa trattazione camerale ex art. 375 c.p.c., è stata rimessa alla Quarta Sezione di questa Corte di legittimità, che ne ha disposto a sua volta la trattazione in adunanza camerale ex art. 380-bis. 1 c.p.c.;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13, d.l. n. 30/1974 (conv. con l. n. 114/1974), nel testo risultante a seguito dell’intervento di Corte cost. n. 497 del 1988, per avere la Corte di merito negato il diritto all’adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola per l’anno 1986 sul presupposto che non risultasse percepito in quell’anno il trattamento speciale di disoccupazione, nonostante che in specie si trattasse del suo diritto «ad ottenere l’adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola relativo all’annualità 1986, nascente dall’art. 13, d.l. n. 30/1974, nell’applicazione statuita dalla sentenza della Corte costituzionale n. 497/1998 [recte: 1988]», e non già della «diversa fattispecie riguardante i lavoratori a tempo determinato i quali, in aggiunta al periodo di indennizzabilità ordinaria della disoccupazione, percepiscono un trattamento speciale per un periodo massimo di 90 giorni» (così il ricorso per cassazione, pagg. 8-9);
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 60, r.d.l. n. 1578/1933, per avere la Corte territoriale accolto solo in parte il gravame concernente l’avvenuta liquidazione delle spese di lite al di sotto dei minimi tariffari, limitandosi a riliquidare i diritti sulla base dell’erroneo valore della causa ritenuto dal giudice di primo grado e in difetto di alcuna adeguata motivazione della riduzione degli onorari sotto i minimi; che vanno preliminarmente disattesi i rilievi sollevati nella memoria ex art. 378 c.p.c. depositata in vista dell’odierna adunanza camerale, con i quali parte ricorrente invoca la trattazione della causa in pubblica udienza, dovendo ritenersi che, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al rito di legittimità con d.l. n. 168/2016 (conv. con l. n. 197/2016), ove il ricorso sia stato preliminarmente esaminato dalla sezione prevista dall’art. 376 c.p.c. e questa, in esito alla camera di consiglio, abbia rimesso la causa alla sezione semplice ai sensi dell’art. 380-bis, comma 3°, c.p.c., non sussiste alcuna necessità della trattazione del processo in pubblica udienza, quest’ultima potendo giustificarsi, ex art. 375, comma 2°, c.p.c., soltanto in presenza di una particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare (cfr., fra le tante, Cass. n. 22462 del 2017);
che, ciò premesso, il primo motivo è fondato, essendo consolidato il principio di diritto secondo cui la sentenza n. 497 del 1988, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, d.l. n. 30/1974 (conv. con l. n. 114/1974), nella parte in cui non prevede un meccanismo di adeguamento del valore monetario dell’indennità di disoccupazione ivi indicato, esplica i propri effetti sui rapporti tra assicurato ed ente previdenziale non ancora esauriti nel giorno della sua pubblicazione, tale dovendosi ritenere quello in cui l’assicurato abbia percepito l’indennità in un periodo di disoccupazione anteriore al detto giorno e nella misura allora dovuta senza essere incorso in alcuna decadenza o senza che il diritto si sia estinto per prescrizione o che sulla misura dell’indennità si sia formata la cosa giudicata, di talché il giudice adito per la rivalutazione di detta indennità deve procedervi attenendosi, per analogia, al criterio di calcolo di cui all’art. 150 disp. att. c.p.c. (così, fra le numerose, Cass. n. 7507 del 1992 e innumerevoli successive conformi);
che, rispetto all’anzidetta fattispecie, resta strutturalmente estranea la disciplina dell’art. 7, comma 4°, d.l. n. 86/1988 (conv. con l. n. 160/1988), nella parte in cui, prima della declaratoria d’illegittimità costituzionale ad opera di Corte cost. n. 288 del 1994, escludeva per i lavoratori agricoli aventi diritto al trattamento speciale di disoccupazione un qualsiasi adeguamento dell’indennità ordinaria spettante per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale, non potendosi in specie derivare dal sistema normativo, quale risultante dalle pronunce del giudice delle leggi, il necessario collegamento postulato dalla Corte di merito tra avvenuta percezione del trattamento speciale di disoccupazione agricola e diritto alla rivalutazione dell’indennità ordinaria di disoccupazione;
che l’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo, essendo consolidato il principio di diritto secondo cui la cassazione con rinvio anche di un solo capo di una sentenza d’appello si estende, ex art. 336 comma 1° c.p.c., alla statuizione relativa alle spese processuali, con la conseguenza che il giudice di rinvio, se riforma la sentenza di primo grado, deve nuovamente pronunciarsi sulla regolamentazione delle spese alla stregua dell’esito finale della lite (Cass. n. 5987 del 2001); che, pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Catanzaro, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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