CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2020, n. 12625
Esposizione di radiazioni ionizzanti – Risarcimento dei danni biologici e morali – Relazione del CTU – Fattori di rischio correlati alle varie tipologie di radiazioni e ai meccanismi patogenetici – Parametro di giudizio dell’apprezzabile probabilità – Patologia conseguenza non diretta ed immediata della esposizione alle radiazioni ionizzanti
Rilevato
1. il Tribunale di Salerno, autorizzata la chiamata in causa dell’Inail e delle società assicuratrici A. ed A., aveva rigettato la domanda proposta da B.D., già dirigente medico presso la Divisione di Ginecologia del Presidio Ospedaliero “S.M. della Speranza” di Battipaglia, nei confronti della Azienda Sanitaria Locale di Salerno, domanda volta all’accertamento della riferibilità diretta ed immediata della “sindrome mielodispastica” alla esposizione di radiazioni ionizzanti e alla condanna della datrice di lavoro al risarcimento dei danni biologici e morali.
2. la Corte di Appello di Salerno, adita dal B., ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello con ordinanza pronunciata ai sensi degli artt. 436 bis, 348 bis e 348 ter cod.proc.civ;
3. avverso la sentenza di primo grado e l’ordinanza di appello B.D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, al quale hanno resistito con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, l’INAIL e la A. spa, la quale ha depositato memoria;
Considerato
4. il ricorrente denuncia, in relazione ad entrambe le decisioni impugnate ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., Error in procedendo – Error in iudicando – Violazione di legge – Omesso espletamento di attività istruttoria – Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stata oggetto di discussione tra le parti”( primo, secondo e terzo motivo) e Error in iudicando, erroneità del presupposto, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (quarto motivo);
5. addebita in sostanza sia al Tribunale che alla Corte di appello di: non avere dato corso alla richiesta prova orale e tanto sulla scorta di una motivazione apparente ed erronea; deduce che l’utilizzazione dell’avverbio “spesso” nel capitolato di prova mirava a provare la frequenza di esecuzione degli esami radiologici effettuati da esso ricorrente e che la prova era indispensabile in quanto la ASL non aveva ottemperato all’obbligo di tenuta del registro delle presenze dei sanitari all’interno del reparto di radiologia (primo motivo); non avere autorizzato l’integrazione della lista dei testi nonostante la sua indispensabilità in ordine alla entità, alla frequenza degli accessi e alla permanenza di esso ricorrente nel reparto di radiologia (secondo motivo); avere ritenuto che il CTU aveva esaminato la documentazione senza considerare la mancata istituzione del registro delle presenze nel reparto di radiologia e la mancata messa a disposizione del dosimetro ( terzo motivo); non avere valutato che la relazione del CTU aveva “completamento tralasciato numerosissimi aspetti della vicenda e non si è nemmeno soffermata sul caso di specie, limitandosi ad effettuare una ricostruzione generalissima che, però, non si attaglia al caso concreto… non si è nemmeno soffermata in assenza di documentazione e registrazioni ufficiali degli ingressi nella sala radiologica, della permanenza nella stessa , sul numero degli esami realmente effettuati e sul numero delle lastre scattate per ciascuna isterosalpingografia …” (quarto motivo);
6. ai sensi dell’art. 348 ter cod.proc.civ. “Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’articolo 327, in quanto compatibile”;
7. secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter cod.proc.civ. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui agli artt. 348 bis, comma 2, e 348 ter, commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, cod.proc.civ.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso” (Cass. SS.UU n. 1914 del 2016);
8. è stato anche precisato che l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis e 348 ter cod.proc.civ. non è impugnabile con ricorso per cassazione quando confermi le statuizioni di primo grado, pur se attraverso un percorso argomentativo “parzialmente diverso” da quello seguito nella pronuncia impugnata, non configurandosi, in tale ipotesi, una decisione fondata su una “ratio decidendi” autonoma e diversa né sostanziale né processuale” (Cass. 23334/2019);
9. in applicazione dei principi innanzi richiamati deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’ordinanza della Corte d’appello in quanto tale decisione non contiene una pronuncia di inammissibilità dell’appello emessa per ragioni processuali non riconducibili allo schema del procedimento ex art. 348 bis cod. proc. civ., bensì soltanto un giudizio prognostico di infondatezza dell’appello; giudizio al quale è stata aggiunta, a sostegno delle statuizioni d’infondatezza nel merito dell’azione risarcitoria indicate nella sentenza di primo grado l’ulteriore argomentazione, rafforzativa della decisione di primo grado, concernente l’inammissibilità della prova per testi articolata dal B. già ritenuta superflua dal Tribunale;
10. il ricorso proposto avverso la sentenza del Tribunale è inammissibile;
11. il giudice di primo grado ha richiamato la relazione del CTU anche nella parte in cui erano stati descritti i fattori di rischio correlati alle varie tipologie di radiazioni, ai meccanismi patogenetici e alla prevenzione delle mutazioni e del cancro, era stata esaminata la documentazione acquisita agli atti del giudizio, comprese le certificazioni mediche prodotte dal B. ed erano state evidenziate le dosi (basse) assorbite dal B.; ha escluso, secondo il parametro di giudizio dell’apprezzabile probabilità, che la patologia dedotta in giudizio (“sindrome mielodispastica”) fosse conseguenza diretta ed immediata della esposizione alle radiazioni ionizzanti;
12. il Tribunale ha anche accertato che il numero complessivamente esiguo di ISG eseguite nell’arco di oltre due decenni e l’articolazione dei turni di lavoro avevano evidenziato che il B. effettuava l’attività che lo esponeva alle radiazioni ionizzanti mediamente solo sei volte all’anno, quindi raramente e non spesso; ha ritenuto che le deduzioni svolte dal B. in ordine alla mancata adozione delle precauzioni volte ad evitare l’esposizione alle radiazioni ionizzanti risultavano contraddette e superate dalle relazione redatta dal responsabile dell’U.O di Radiologia; ha, poi, giudicato superflua, nel ricostruito contesto probatorio, la prova articolata in merito alla frequenza dello svolgimento dell’attività presso il reparto di radiologia e inammissibile perché tardiva, la richiesta di integrazione della lista testimoniale concernente la dedotta mancata predisposizione di misure protezionistiche adeguate; tanto sul rilievo che non era riscontrabile alcuna sopravvenienza processuale idonea a giustificare la integrazione sollecitata all’esito del deposito della relazione del CTU;
13. tutti i motivi del ricorso contengono la contemporanea deduzione, secondo stereotipata ripetizione in ciascuna rubrica, di violazione di legge, sostanziale e processuale, nonché di vizi di motivazione secondo uno schema redazionale che non consente l’adeguata identificazione del “devolutum”;
14. non vi è specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile all’ una o all’altra delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dal comma 1 dell’art. 360 cod.proc.civ., tanto in omesso confronto con la ontologica diversità dei vizi (ex plurimis Cass. 7568/2016) e in contrasto con il principio di specificità affermato nell’art. 366 cod.proc.civ., che impone che il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 cod.proc.civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione (Cass. 23675/2013, 25044/ 2013; 17739/2011) e in contrasto con il principio, più volte affermato da questa Corte, sull’impossibilità di convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità” (Cass. SS,UU. 26242/2014 e 17931/2013), ogni volta che non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure;
15. nessuno dei motivi indica le norme di legge che sarebbero state violate dalla Corte territoriale e quali sono i principi di diritto asseritamente trasgrediti (ex multis Cass. n. 17178/2014 e giurisprudenza ivi richiamata);
16. le censure che addebitano alla sentenza vizi motivazionali sub specie di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” sono inammissibili perché non sono esplicitate quali sono le argomentazioni tra loro in insanabile contrasto e in relazione a quale statuizione la motivazione risulti omessa ovvero insufficiente;
17. in realtà al di là del titolo delle rubriche tutti i motivi sollecitano una nuova lettura del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità (Cass. SSUU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005);
18. conclusivamente, il ricorso proposto nei confronti della ordinanza pronunciata dalla Corte di Appello ai sensi degli artt. 436 bis, 348 bis e 348 ter cod.proc.civ., e nei confronti della sentenza di primo grado, deve essere dichiarato inammissibile;
19. il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inail, della Azienda Sanitaria Locale Salerno (già A.S.L. SALERNO 2) e di A. S.P.A., liquidate per ciascuno di detti controricorrenti nella misura indicata in dispositivo;
20. ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inail, dell’Azienda Sanitaria Locale Salerno (già A.S.L. SALERNO 2) e di A. S.P.A.- , liquidate per ciascuno di detti controricorrenti in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.
Ai sensi dell’art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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