CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 giugno 2019, n. 17200
Tributi – IVA – Agevolazioni “prima casa” – Condizioni – Revoca – Mancato trasferimento della residenza nel termine previsto e dichiarato nell’atto di acquisto – Sussistenza diversa condizione prevista dalla legge – Ubicazione dell’immobile nel Comune di lavoro – Mancata dichiarazione nell’atto di acquisto – Inapplicabilità
Rilevato che
– con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia accoglieva l’appello proposto dai contribuenti avverso la sfavorevole sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso da quelli proposto avverso un avviso di liquidazione di maggiore imposta IVA relativo all’anno 2010 a seguito di revoca dei benefici fiscali della prima casa applicati con la stipula del rogito di acquisto di un immobile, per non avere i contribuenti trasferito la residenza nel comune di ubicazione del predetto immobile nel termine previsto dall’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, così come dichiarato nell’atto di acquisto;
– i giudici di appello ritenevano che l’agevolazione spettasse ai contribuenti i quali avevano provato la sussistenza di una delle condizioni previste dalla norma, ovvero l’ubicazione dell’immobile nel Comune ove gli acquirenti esercitavano la propria attività lavorativa;
– per la cassazione della sentenza di appello ricorre con un unico motivo l’Agenzia delle entrate, cui non replicano gli intimati;
– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
Considerato che
1. Col motivo di ricorso si censura – per violazione di norma di diritto sostanziale (art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986) – la sentenza d’appello, là dove individua un requisito per beneficiare dell’agevolazione per la prima casa (ovvero, l’espletamento di attività lavorativa nel comune sede dell’immobile) diverso da quello dichiarato dai contribuenti in sede di rogito notarile (ovvero, di impegnarsi a trasferire la residenza nell’immobile acquistato);
2. Pare opportuno precisare, in fatto, che nel caso di specie è incontroverso, risultando dal contratto di compravendita riprodotto per autosufficienza nel ricorso, che nello stesso contribuenti avevano dichiarato di impegnarsi a stabilire la residenza nel comune di ubicazione dell’immobile nel termine di diciotto mesi dall’acquisto, che nessuna dichiarazione avevano fatto riguardo alla sussistenza dell’altro requisito e che l’avviso di liquidazione era stato emesso sul rilievo che a quell’incombente gli acquirenti non avevano provveduto.
5. In diritto va quindi ricordato il principio giurisprudenziale, da ultimo affermato da questa Corte in fattispecie del tutto analoga, secondo cui «In tema d’imposta di registro, sebbene ciò non sia espressamente richiesto dall’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, l’agevolazione cd. “prima casa” è subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), poiché le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto.(Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la pronuncia impugnata che aveva ritenuto legittima la revoca dell’agevolazione per il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica da parte del contribuente, nonostante quest’ultimo avesse dimostrato, successivamente all’acquisto, di avere comunque diritto all’agevolazione, svolgendo la propria attività lavorativa nel medesimo comune)» (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6501 del 16/03/2018, Rv. 647489, in cui si precisa che «Alla luce del trascritto principio, deve senz’altro escludersi che la medesima agevolazione – originariamente invocata in ragione dell’esistenza di uno specifico presupposto – possa poi essere recuperata in ragione di un differente presupposto una volta che si sia accertato inesistente quello su cui si confidava (Cass. n. 13850/2017; Cass. 11265/2016; Cass. 3457/2016)»).
6. Orbene, poiché nel caso in esame è incontroverso, come detto sopra, che gli acquirenti si erano limitati ad indicare in atto, quale esclusivo presupposto per usufruire dell’agevolazione, l’assunzione dell’obbligo (rimasto poi inadempiuto) di trasferimento della residenza nel termine di legge, senza fare menzione alcuna al requisito alternativo del luogo lavorativo (la cui sussistenza e rilevanza sono state sostenute soltanto in sede contenziosa), dall’applicazione dei suesposti principi giurisprudenziali discende che, contrariamente a quanto sostenuto dalla commissione d’appello, «in assenza di formale richiesta da parte del contribuente, nell’atto di acquisto, dell’agevolazione fiscale in base allo specifico ed autonomo requisito del luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, legittimo deve essere ritenuto l’avviso di liquidazione con il quale l’amministrazione finanziaria – rilevato il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica preannunciato nell’atto di acquisto – ha proceduto alla revoca delle agevolazioni provvisoriamente riconosciute (Cass. n. 2777/16; Cass.n. 8355/2016). Va infatti qui richiamato l’ormai consolidato orientamento interpretativo secondo cui le agevolazioni in oggetto presuppongono, nel concorso di tutti gli altri requisiti, il tempestivo trasferimento nell’immobile della residenza anagrafica, risultando per contro irrilevante la realtà fattuale (Cass. nn. 10027/01; 10151/02; 1173/08; ord. 1530/12; 2266/14)» (così, in motivazione, Cass. n. 6501/2018 cit.).
7. Dall’accoglimento del motivo di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata, senza necessità di rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso dei contribuenti, e con compensazione delle spese processuali, anche dei gradi di merito, essendo stata la causa decisa sulla base di recente orientamento giurisprudenziale.
P.Q.M.
Accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso dei contribuenti compensando integralmente le spese processuali.
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