CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30859
Inps – Contribuzione – Coltivatori diretti – Cartella esattoriale – Opposizione
Rilevato che
La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 484 del 2015, ha rigettato l’appello proposto da M.S. nei riguardi dell’Inps avverso la decisione di primo grado di rigetto dell’opposizione dallo stesso proposta avverso la cartella esattoriale con la quale gli era stato richiesto il pagamento, in favore dell’INPS, di contributi dovuti dai coltivatori diretti relativi agli anni 2004, 2005 e 2008;
la Corte di merito ha ritenuto infondata la tesi sostenuta dallo S. sugli effetti della domanda di cancellazione dall’iscrizione nella gestione dei coltivatori diretti, avanzata il 7 giugno 2006, che si sarebbe dovuta ritenere accolta in virtù del silenzio assenso serbato dall’Istituto ai sensi degli artt. 3 e 6 d.p.r. n. 476 del 2001, posto che, come rilevato dalla stessa Corte territoriale, la domanda era anche priva di firma;
per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso M.S. sulla base di quattro articolati motivi, così rubricati: A) violazione e falsa applicazione della legge n. 1407 del 1957, del d.p.r. n. 476 del 2001, della legge n. 9 del 1963 giacché la sentenza impugnata aveva avuto riguardo a tale S. G.P.M., soggetto che nulla aveva a vedere con M. S. e non aveva dato rilievo alcuno alla circostanza che la cancellazione era stata ritualmente richiesta sin dal 2005; B) violazione e falsa applicazione della legge n. 1407 del 1957, del d.p.r. n. 476 del 2001, della legge n. 9 del 1963 giacché: 1) si era pretesa la prova negativa dei requisiti per pretendere la cancellazione e si era ritenuta l’inefficacia dell’istanza di cancellazione; 2) era stata ritenuta l’inefficacia della richiesta medesima in quanto priva di sottoscrizione; C) omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sotto il profilo (sub 1) della prova della carenza dei requisisti per la cancellazione, che erano stati confusi con quelli richiesti per pretendere l’iscrizione; D) omesso esame di un fatto decisivo che si ravvisa nella presunta inefficacia dell’istanza di cancellazione, dal momento che successivamente alla sentenza impugnata l’Inps aveva accolto la richiesta di cancellazione determinando così la cessazione della materia del contendere;
l’INPS resiste con controricorso;
Considerato che
la fattispecie sostanziale e processuale che ha formato oggetto dei gradi di merito è stata ritualmente riportata in ricorso e da tali precisazioni si evince che in effetti M.S. propose opposizione a cartella prospettando, in fatto, di aver proposto domanda di cancellazione dagli elenchi nominativi dei coltivatori diretti in data 7.6.2006 con decorrenza dal 1.1.2005;
tale domanda fu respinta dall’INPS in quanto priva di sottoscrizione ed in difetto di prova del venir meno dei requisiti per l’iscrizione;
i motivi, connessi dall’unico tema della corretta interpretazione della disciplina relativa alle modalità di cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti, vanno trattati congiuntamente;
va subito rilevata l’inammissibilità dei profili relativi ad affermati vizi di motivazione (articolati sub C e D), essendo tali motivi non conformi al canone previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di questa Corte; infatti, quanto al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giova ricordare come la norma applicabile, riformulata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, attiene al vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); né l’omesso esame di elementi istruttori integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (fra le altre, Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415; 14 giugno 2017, n. 14802; 8 settembre 2016, n. 17761);
trattandosi di una inammissibilità che attiene alla forma-contenuto dell’atto (il ricorso per cassazione) e dipende dalla carenza degli elementi costitutivi necessari del motivo, essa ha carattere strettamente processuale, da valutare con riferimento al momento della proposizione del ricorso;
il motivo, al contrario, non si riferisce alla omessa valutazione di un preciso fatto storico decisivo per il giudizio ma si limita a lamentare che la sentenza impugnata non abbia adeguatamente valutato la successiva condotta dell’Istituto di accoglimento della richiesta di cancellazione ovvero di aver malamente impostato, in diritto, il tema del riparto dell’onere della prova su circostanze negative;
i restanti profili sono infondati;
non comporta la violazione delle disposizioni indicate nel motivo sub A) il mero errore materiale in cui è palesemente incorsa la Corte territoriale nel riportare il nome di battesimo dello S. (G.P.M. anziché M.);
inoltre, questa Corte di legittimità (Cass. n. 14770 del 2014; Cass. n. 18567 del 2019), quanto alla corretta impostazione della regola di riparto dell’onere della prova in ipotesi di pretesa dell’ iscritto ad ottenere la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti, ha ritenuto che in mancanza di elementi di prova di segno contrario, dovendosi ritenere, a tal fine, insufficiente la semplice domanda di cancellazione, permane l’obbligo contributivo in questione in quanto deriva dalla iscrizione dell’interessato negli elenchi dei coltivatori diretti;
invero, è da tale iscrizione (avente valore ricognitivo ed agente come condizione di efficacia della fattispecie costitutiva di tale qualità personale) che pacificamente discende il diritto alle prestazioni previdenziali, ed egualmente dalla medesima deriva il corrispondente obbligo contributivo;
va ricordato che la L. 9 gennaio 1963, n. 9, art. 3 (che detta norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti, dei coloni e mezzadri) dispone: comma 1: “E1 condizione per il diritto all’assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni… che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad 1/3 di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame. Comma 2:… il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell’allevamento e nel governo del bestiame…si ritiene sussistente quando i soggetti prima indicati si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività. Comma 3: Per attività prevalente, ai sensi del precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell’anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito”; la L. 9 gennaio 1963, n. 9, art. 3, comma 1: “Sono esclusi dall’assicurazione i coltivatori diretti, i mezzadri ed i coloni che coltivano i fondi per i quali il lavoro occorrente sia inferiore a 104 giornate annue… ” ed inoltre, questa Corte di legittimità (Cass. n. 13938 del 2006, citata anche dalla sentenza impugnata ma senza trarne le corrette conclusioni) ha pure avuto modo di chiarire che rapporto di prevalenza è definito dall’art. 2, comma 3, con due criteri congiunti, uno temporale e l’altro reddituale. Il criterio temporale è costituito dai lavoro agricolo per la maggior parte dell’anno, ulteriormente precisato all ‘art. 3 con il criterio quantitativo delle 104 giornate; il criterio reddituale, costituito dalla prevalenza del reddito agricolo anche con riferimento al reddito pensionistico, si coniuga con il precedente, e concorre a definire una attività agricola in sé significativa e preponderante;
la sentenza impugnata, ha correttamente applicato tali disposizioni evidenziando che l’appellante nulla aveva dedotto in ordine alla specifica insussistenza dei presupposti per l’iscrizione, essendosi lo stesso limitato ad affermare di aver cessato l’attività di coltivatore diretto e di aver presentato domanda, non sottoscritta, di cancellazione che non poteva ritenersi accolta dall’Istituto per significatività del silenzio in presenza di espresso rigetto, tardivo, nel merito;
pertanto, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi e spese accessorie di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 33850 depositata il 4 dicembre 2023 - E' da escludere che il comma 25 dell’art.2 l. n.335/95 delinei, rispetto al comma 26, un riparto di competenze tale per cui laddove una cassa abbia escluso l’obbligo di iscrizione…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 25963 depositata il 6 settembre 2023 - La regola del cd. minimale contributivo, che deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell'obbligazione retributiva, opera anche con…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 28833 depositata il 17 ottobre 2023 - La regola del cd. minimale contributivo, che deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell'obbligazione retributiva, opera anche con…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 33835 depositata il 4 dicembre 2023 - Il diritto dei lavoratori agricoli a tempo determinato alle prestazioni previdenziali previste dalla legge è subordinato, oltre che allo svolgimento effettivo dell'attività…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30858 - Il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell'agricoltura alle prestazioni previdenziali è condizionato all'esistenza di una complessa fattispecie, che è…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37975 depositata il 28 dicembre 2022 - Il diritto dei lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell'agricoltura alle prestazioni previdenziali sia condizionato all'esistenza di una complessa fattispecie,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…
- Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rend
Il licenziamento per cosiddetto ‘scarso rendimento’ costituisce un’ipotesi di re…
- In tema di accertamento cd. sintetico, ove il cont
In tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa e…
- Autoriciclaggio: in tema di sequestro preventivo s
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 10663 depositata il 1…